Le varie vicissitudini politiche di questi giorni hanno fatto passare in secondo piano uno tra gli spettacoli della natura più straordinari che il nostro bel paese ci regala. Uno spettacolo di straordinaria potenza e bellezza che ci fa rimanere incantati e atterriti allo stesso momento (Kant lo chiamerebbe “sublime dinamico”), ossia la spettacolare eruzione dell’Etna.
In questi giorni di primavera del 2013 stiamo assistendo ad una violentissima eruzione parossistica (sempre di tipo effusivo e non esplosivo) che sta riempiendo di lapilli e ceneri le città vicine, rendendo quasi impossibile la circolazione dei mezzi e il traffico aereo.
Sono uno dei fortunati che ha assistito ad un’eruzione del vulcano in diretta. Era l’estate 2001: l’eruzione ci colse quando eravamo in macchina e percorrevamo l’autostrada verso Catania; c’era una fitta nebbia dovuta ai lapilli e quasi non si riusciva a respirare. Dovevamo partire di notte con il treno: fu straordinario vedere dai finestrini quelle fiamme rosse e gialle che uscivano dalla montagna, squarciando il buio della notte.
L’Etna con i suoi 3.343 metri è il vulcano più alto d’Europa: il suo nome deriva probabilmente dal fenicio “Attano” (fornace) o dal greco aitho (bruciare) – anche se fino a qualche anno fa poteva anche comparire con il suo nome più “vetusto”, Mongibello, che ha un’origine discussa.
A parte l’onomastica, l’Etna è uno tra i vulcani più antichi della Storia della Terra: dai sedimenti si è scoperto che alterna attività esplosiva con attività effusiva (l’attività che caratterizza questa fase). L’attività effusiva è molto meno pericolosa per quanto riguarda cose e persone rispetto a quella esplosiva (come abbiamo già visto per il Vesuvio, la cui prossima eruzione sarà probabilmente di tipo esplosivo). Le ultime eruzioni tramandate a memoria d’uomo sono però state tutte di tipo effusivo.
La più violenta eruzione effusiva si registrò nel 1614, durò 10 anni e coprì ben 21 km2 di superficie nel versante occidentale del vulcano (a quel tempo abbastanza poco abitato): in quel periodo si formarono diverse grotte di scorrimento, come la Grotta di Aci a Randazzo o la Grotta del Gelo.
Nel 1651 un’eruzione distrusse il paese di Bronte, alle pendici del vulcano.
Nel 1669 si ebbe quella più devastante: la colata lavica scese non dal versante nord ma da quello ovest, perché la lava fuoriuscì da sette nuove bocche eruttive proprio su quel versante. E a ovest dell’Etna c’è Catania. La lava distrusse (senza causare vittime) i paesi di Malpasso (ora si chiama Belpasso) e Misterbianco. La lava, non incontrando ostacolo, raggiunse anche Catania distruggendo parte delle mura e dei quartieri fino ad arrivare in mare.
In tempi più recenti nel 1971 si aprì una bocca a sud nuova, dovuta ad una frana. Da lì fuoriuscì della lava che distrusse l’Osservatorio Vulcanologico e la Funivia dell’Etna, mentre a Nord una nuova fenditura minacciò seriamente i centri abitati di Fornazzo e di Sant’Alfio.
Nel 1979 un’esplosione localizzata di massi uccise 9 turisti e ne ferì 10. Nel 1981 ci fu una delle eruzioni più pericolose: la lava, molto fluida, tagliò in due la ferrovia circumetnea, arrivando fino a 200 metri dal paese di Randazzo, distruggendo parte della strada provinciale e della ferrovia Taormina-Randazzo.
Nel 1983 si tentò per la prima volta la deviazione del corso lavico per mezzo di esplosivi per salvare i centri abitati alle pendici. Questo primo tentativo riuscì solo parzialmente (la lava comunque si fermò anche in questo caso prima dei paesi). In tempi recenti l’eruzione del 1991 durò 473 giorni, fu l’eruzione vulcanica più lunga del XX secolo per l’Etna: la lava invase la Valle del Bove (quasi del tutto disabitata), arrivando però a minacciare direttamente Zafferana Etnea (10.000 abitanti).
Per mezzo di ruspe si costruì un argine fatto di sassi e di terra che resse all’urto della lava e salvò il paese alla distruzione. Nel 2001 una nuova eruzione minacciò il Vulcano. Questa volta fu tentata nuovamente la strategia adottata nel 1983, ossia deviare il flusso lavico con degli esplosivi per incanalare il flusso lavico nella disabitata Valle del Bove. L’operazione condotta dagli incursori della marina italiana fu risolutiva: il C4 (7 tonnellate) che piazzarono salvò Zafferana Etnea ed ostruì il canale di scolo verso Zafferana con grossi massi, costringendo il flusso lavico a deviare verso la Valle del Bove.
Veniamo ora alle eruzioni del 2013. La prima a febbraio 2013 è stata fotografata dai satelliti della NASA:
Il pennacchio causato dall’eruzione attuale si confonde con la neve presente sull’Etna. Questa è l’eruzione numero 12 dall’inizio dell’anno. È molto probabile che dovremo aspettarcene delle altre nei prossimi giorni.
Grazie anche alla deviazione del flusso lavico del 2001 la lava non minaccia più direttamente le cittadine sulle pendici dell’Etna, ma ora il grosso problema sono i lapilli eruttati dal vulcano che, come abbiamo visto negli ultimi giorni causano diversi disagi.
Alessandro Sabatino