Pochissimo tempo fa ci siamo occupati dei tonni di Fukushima e delle cartine della radioattività (c’è cascato pure Panorama…). Ora torniamo ad occuparci della centrale di Fukushima a causa di questo articolo di Articolo Tre, quotidiano già noto per diffondere bufale.
Vediamo le varie bufale contenute dentro l’articolo (ce ne sono davvero tante!): i reattori da smantellare sono 4 (l’1, il 4, il 5 e il 6), questo è quanto è stato deciso dal carismatico premier giapponese Abe lo scorso 19 settembre.
Sul costo dell’operazione: è ovviamente difficile stimare quanto verrà speso effettivamente per lo smantellamento totale di Fukushima, ma al momento sono stati già stanziati dalla TEPCO 1000 miliardi di yen per misure urgenti sulla sicurezza del reattore, ai quali si sommeranno altri 1000 miliardi di yen entro marzo 2015 per lo smantellamento. In totale 2000 miliardi di yen, che fanno 14 miliardi di euro – ovvero circa quanto scritto nell’articolo (11 miliardi di dollari). Solo che questo è il budget totale, non quello solo per smantellare i quattro reattori. Sono falsi anche i dati riguardanti i tempi di bonifica: non serviranno 40 anni, ma, secondo i calcoli dei tecnici, al massimo 7 per quanto riguarda i reattori. I 40 anni sono quelli previsti per il totale smantellamento della struttura, mentre i reattori secondo il piano giapponese saranno smantellati entro il 2020, data delle Olimpiadi che verranno ospitate nel paese del Sol Levante.
Passiamo alle boiate scientifiche: la liquefazione del suolo è un qualcosa che non esiste nella fisica. Il suolo è composto di roccia, che sicuramente fonde a temperature superiori a quelle che ci potrebbero essere in questo momento a Fukushima. E in ogni caso, sarebbe solo un vantaggio: farebbe infatti inabissare i materiali radioattivi in profondità, isolandoli ulteriormente dalla superficie, e quindi da noi.
Il reattore che adesso preoccupa maggiormente è il 4, che è stato quello in cui il 15 marzo 2011 alle ore 6:00 erano avvenuti un’esplosione e – poche ore dopo – un incendio nel serbatoio del combustibile esausto, con rilascio di radiazione nell’ambiente. Qui, altre inesattezze: non si tratta di “contenere” 14.000 volte la radiazione di Hiroshima (questa è semplicemente la quantità di radiazione del Cesio-137 contenuto nella vasca di raffreddamento del reattore numero 4, come calcolato dal professor Hiroaki Koide) si tratta invece di “smantellare”. Al momento le radiazioni sono già contenute dalla struttura della vasca di raffreddamento: il combustibile infatti è stoccato in una vasca di cemento armato di 10 m x 12 m sotto uno strato di 7 metri di acqua – non esattamente all’aria aperta, insomma, come gli autori dell’articolo forse vorrebbero farci credere. Le barre di combustibile contenenti Cesio (Xenon e Kripton non si capisce invece dove se li siano inventati, soprattutto se si parla di barre, visto che si tratta di due gas!) sono separate l’una dall’altra per evitare reazioni. Nell’ipotesi in cui due barre si toccassero (ma è un’ipotesi molto remota, probabilità da fantascienza) si potrebbe eventualmente assistere ad un rilascio di radiazione nell’ambiente: questo sarebbe possibile nel caso in cui l’acqua pompata dentro la vasca, insieme all’acido borico, fosse insufficiente a garantire un raffreddamento adeguato. Questo non è mai stato negato dalla TEPCO, tanto che la notizia era uscita già il giorno successivo sui giornali di mezzo mondo: la stessa TEPCO però ha assicurato tempo fa che la probabilità era assolutamente remota.
Questo viene anche confermato da uno studio scientifico recente, condotto sul tipo di reattore uguale a quello di Fukushima-Daiichi [1] che conferma il fatto che il raggiungimento di massa critica tale da causare un incidente nucleare come quello prospettato dall’articolo, a dir poco allarmistico, di Articolo Tre è estremamente basso.
La TEPCO non ha ammesso solo oggi le perdite nell’Oceano Pacifico dalla centrale: si era già a conoscenza di esse nel 2011. Negli ultimi giorni la TEPCO ha ammesso delle perdite che però, per stessa ammissione del premier nipponico Abe, sono state contenute in una zona di 0.3 km quadri dal porto della centrale (fonte).
Il paragone “14.000 volte la bomba atomica di Hiroshima” in ogni caso, rimane comunque privo di qualunque possibile senso scientifico. La capacità delle radiazioni di provocare danni non dipende dalla quantità o dalla qualità, dipende dalla dose assorbita, che non si misura in peso né in volume. Quindi fare confronti quantitativi è inutile: i parametri da considerare sono invece il tempo di esposizione e l’intensità della radiazione assorbita (quest’ultima dipende dalla distanza dalla sorgente). La bomba atomica di Hiroshima creò un enorme rilascio di radiazioni in un tempo minimo, e chi ne venne investito si trovava ad una distanza breve dal luogo di emissione. Fukushima al contrario, è stata evacuata per diverse decine di chilometri, e visto che l’intensità di emissione radioattiva decresce col quadrato della distanza, vuol dire che il pericolo radioattivo a 100 chilometri è già un decimo di miliardesimo di quello che si avrebbe in prossimità del nucleo. Inoltre, il rilascio di radiazioni sarebbe lento e costante, e non intenso e breve, quindi è assurda l’ipotesi di danni diretti al corpo umano, come nel caso di Hiroshima. Il paragone è pertanto del tutto improprio.
Giusto per sbilanciarsi ulteriormente nel campo del terrorismo psicologico, si passa poi ad affermazioni mirabolanti:
“Se si verificasse il crollo di una sola delle piscine di stoccaggio si ipotizzerebbe addirittura l’evacuazione dell’intero emisfero Nord della Terra, si tratta di una questione di sopravvivenza per milioni di persone.”
Questa frase è inventata di sana pianta: nessuno ha mai fatto ipotesi del genere. Nell’articolo originale tale affermazione non compare, quindi si suppone che sia stata inventata di sana pianta nel corso delle varie traduzioni e trasposizioni. D’altronde l’assurdità è palese: in primo luogo se le radiazioni raggiungessero anche solo una delle maggiori città Giapponesi sarebbero già coinvolte decine di milioni di persone. Coinvolgere l’intero emisfero nord della terra equivarrebbe a coinvolgerne miliardi. In secondo luogo visto che si tratterebbe di acqua marina contaminata radioattivamente, non si capisce molto bene che vantaggio si avrebbe ad evacuare l’emisfero nord: starebbero molto meglio gli abitanti dell’entroterra russo o nordamericano rispetto agli Australiani!
Per finire, l’idea stessa dell’evacuazione non è ridicola, è esilarante: da un punto di vista logistico sarebbe facile quanto trasferire l’intera popolazione umana su Marte.
C’è poi il solito discorso da fare sul pessimo livello di giornalismo (se così si può definire) dimostrato da chi diffonde queste notizie: le dichiarazioni vengono riportate rigorosamente senza alcun tipo di fonte. Molte di esse addirittura sono prive di autore: ci si affida ad un generico “i tecnici dichiarano”, particolarmente disturbante quando, verso il fondo dell’articolo, si accusa la Tepco di aver mentito e di star tuttora cercando di arrampicarsi sugli specchi. Sicuramente il comportamento della multinazionale non è stato dei più trasparenti, ma se si vuole fare certe accuse occorre citare fonti precise e/o essere molto sicuri delle proprie competenze tecniche.
In ogni caso, ad invalidare l’articolo provvede l’autore dell’articolo stesso: nell’ultimo capoverso parla infatti della totale mancanza di trasparenza da parte dei tecnici (sempre rigorosamente anonimi). Ma come, se fino a due righe prima erano “l’ipse dixit” con cui si giustificava di tutto e di più?
Almeno il principio di non contraddizione, diamine…
Alessandro Sabatino & Luca Romano
[1] Lebrun A., Bignan G. (2001). Nondestructive assay of nuclear low-enriched uranium spent fuels for burnup credit application. Nuclear technology 135 (3): pp. 216-229