Avrete sicuramente visto le immagini in cui la folla di Black Lives Matter a Bristol sradica e poi getta nel fiume la statua di Edward Colston. Molte polemiche si sono concentrate sulla scarsa “democraticità” della scelta: Colston era una figura storica negativa, dicono quasi tutti, viste le enormi ricchezze fatte sfruttando lo schiavismo e avendo il sangue di migliaia di uomini, donne e bambini sulle mani, però la strada intrapresa dai manifestanti non è quella corretta. Persino Keir Starmer, il Leader del Partito Laburista, ha stigmatizzato l’azione.
La professoressa Kate Williams in un bellissimo thread su twitter, spiega però che da anni la statua era oggetto di forti polemiche in città, per via dell’imbarazzante placca che celebrava Colston come uno dei “migliori e più saggi” cittadini di Bristol. Un vero e proprio insulto ai cittadini di colore di Bristol che dovevano subire un insulto così palese al loro retaggio. Purtroppo però il tentativo di sostituire la placca originale con una che prendesse in considerazione anche le ombre sulla figura di Colston, racconta la Professoressa Williams, è naufragato tra burocrazia e veti incrociati, lasciando del tutto inattese le richieste di chi voleva sanare una ferita alla città. La storia di quella statua è dunque complessa e ha radici profonde nella comunità di Bristol, in particolare in quella nera, ed è dunque in questo contesto che va interpretato il gesto dei manifestanti.
Inoltre, per capire come la schiavitù (e la sua abolizione) ricopra ancora oggi un rilievo importante nella società britannica e giustifichi la rabbia attorno a certe statue, bisogna andare a riscoprire la storia delle “compensazioni” del 1833.
In quell’anno, quando in Inghilterra fu abolita la schiavitù, lo Stato non si limita al divieto di una pratica barbara, ma pensa bene di dare una ricompensa agli schiavisti per appianare le loro perdite. Nel 1833 lo stato spese ben il 40% del proprio bilancio per pagare le oltre tremila famiglie proprietarie di schiavi.
Questo trasferimento colossale di somme dal pubblico al privato generò una enorme ricchezza liquida in queste già ricche famiglie e pose le basi per la nascita di veri e propri imperi finanziari. Le stesse famiglie, ovviamente, in virtù di questo potere economico hanno accresciuto anche il loro potere politico. Non è dunque un caso se più di un discendente di schiavisti sia diventato Primo Ministro. Da ultimo David Cameron, erede di un impero finanziario fatto di fondi di investimenti (peraltro con base all’estero).
Come se non bastasse la gigantesca somma che il governo di sua maestà ha preso in prestito per pagare le “compensazioni” agli schiavisti, è stata ripagata in pieno solo nel 2015. I contribuenti britannici, dunque anche gli stessi discendenti degli schiavi, hanno per quasi due secoli contribuito alla ricchezza degli schiavisti.
C’è dunque, ancora oggi, un legame diretto tra quelle vicende che paiono lontane e le ingiustizie e le disuguaglianze che piagano la società britannica odierna. E d’altronde c’è un motivo se le varie macchine burocratiche hanno fino ad oggi bloccato la rimozione e la revisione di riconoscimenti pubblici a personaggi che la storia ha certificato come assolutamente negativi. Meccanismi di potere più o meno occulto che stanno cedendo solo oggi di fronte alla rabbia dei cittadini.
Domenico Cerabona