Questa è la prima di una serie di puntate che Tagli dedicherà all’istruzione e al mondo della ricerca italiana, comparata con gli altri paesi europei e mondiali.
Il punto di partenza è uno sguardo d’insieme sulla scuola italiana, che ci offre un termometro e un metro di valutazione globale. Nelle prossime puntate entreremo nel dettaglio dei diversi gradi scolastici: scuole primarie (Asili ed elementari), secondarie (medie e licei) e terziarie (Università e quindi anche ricerca).
Quanto si spende per l’istruzione in Italia
Il primo grafico è tristemente negativo: è l’andamento della spesa pubblica per l’istruzione rispetto al PIL (in %). Come si evince dal grafico questa curva crolla dal 5.4% del 1990 al 4.5% del 2010. Nello stesso periodo le spese “sociali” (sussidi di invalidità, sussidi di disoccupazione, cassa integrazione) sono balzati dal 18% al 20%, le spese per i servizi pubblici sono scese dal 13 al 7.5%, la difesa è calata dall’1.6 all’1.4 e la spesa sanitaria è cresciuta dal 6.25% a oltre il 7.5%. Nello stesso periodo il debito pubblico è passato dal 95% a oltre il 120%. (Dati Istituto Bruno Leoni).
Il trend generale europeo sull’istruzione è rivelato da un documento della commissione europea intitolato “Funding Education in Europe” datato febbraio 2013, che evidenzia come sono cambiate le risorse destinate all’istruzione in UE dal 2000 al 2012. E’, in pratica, un termometro dell’incidenza della crisi economica sull’istruzione, il primo dei rubinetti che solitamente viene chiuso dalla politica in fasi di criticità economiche.
Sull’asse verticale la variazione della spesa totale per l’ istruzione in milioni di Euro. Il valore 100 è riferito al 2010.
Quello che ci mostra il grafico è che la spesa per l’istruzione è rimasta sostanzialmente ferma dal 2000 ad oggi (dato che si evince anche dal grafico precedente). Nello stesso periodo la Germania ha aumentato la spesa di circa 20 milioni di euro, la Francia di 10, la Spagna e il Regno Unito di 40; in media la spesa per l’istruzione nell’UE è salita di oltre 10 milioni di euro.
Nel terzo grafico vediamo quanto pesa l’istruzione sulla spesa totale dei diversi stati membri
Quello che possiamo vedere anche dai numeri sopra riportati è che il nostro paese in media spende percentualmente meno degli altri paesi europei per l’istruzione. Nel 2010 la voce istruzione nella spesa pubblica è dell’8.9% (nel 2007 era del 9.6%). Questo vuol dire che la spesa pubblica per l’istruzione non solo non è scesa in percentuale rispetto al PIL, ma è anche diminuita rispetto alla spesa totale dello stato. Nello stesso periodo il Belgio è passato dal 12% all’11.8%, in Germania l’istruzione ha continuato a rappresentare il 9% delle spese, in Spagna è passata dall’11.2% al 10.7%, nel Regno Unito dal 14% al 13.8%, in Francia è addirittura aumentata passando dal 10.5% al 10.8% e in Svizzera dal 16.5% al 17.6%. Globalmente nella media europea la variazione è stata dall’11.1% al 10.8%. Questo significa che in Italia il capitolo istruzione nel bilancio è inferiore a quello degli altri stati (non si parla di % rispetto al PIL, ma in % rispetto alla spesa pubblica totale). Non solo, questa voce di bilancio è diventata sempre più piccola a causa dei tagli operati in questi ultimi anni in maniera abbastanza selvaggia.
Questo è quello che è successo dal 2000 al 2010. Ora vediamo quello che è successo negli ultimi 2 anni al budget riservato all’istruzione. La situazione è alquanto peggiorata, come mostrano queste due cartine: la decrescita nel biennio 2011-2012 è stato di oltre il 5%
Il grafico è abbastanza desolante: nel biennio 2010-2011 c’è stato un calo di budget (considerato compreso tra l’1% e il 5%, mentre dal 2011 al 2012 abbiamo avuto un calo superiore al 5%). Solo Grecia e Portogallo hanno tagliato più di noi.
L’ultimo grafico riporta i dati OCSE sulla percentuale di spesa dell’istruzione sul PIL
Un quadro piuttosto impietoso che vede l’Italia apparire fanalino di coda rispetto agli altri paesi del mondo.
Vediamo ora un altro grafico
Entriamo nel dettaglio della spesa per l’istruzione, dividendola nelle tre voci principali: nella voce Capital expenditure rientrano i costi di costruzione, ristrutturazione degli edifici e di acquisto di nuovi materiali (computer, …) che durino più di un anno, nella seconda voce abbiamo i lavori di manutenzione e l’acquisto di materiale scolastico (es. registri,…) che serve per quell’anno, in human resources troviamo gli stipendi degli insegnanti. Il poligono è diviso in due metà: metà sinistra 2011, destra 2012.
Ebbene l’Italia sia nel 2011 che nel 2012 e in tutte e tre le voci è in negativo, ossia ci sono meno soldi in tutte e tre le voci.
Il personale scolastico (in generale)
Nelle prossime puntate entreremo meglio nel dettaglio del personale nei vari gradi di istruzione, adesso concentriamoci su una visione globale.
In questo grafico è rappresentato quanto pesa percentualmente sulla spesa totale per l’istruzione la spesa per il personale (docenti e personale scolastico in generale). In questo caso siamo in controtendenza: percentualmente infatti, sulla spesa la voce stipendi è aumentata, dato normale poiché la spesa in percentuale è diminuita. Infatti questa crescita non si traduce in nuove assunzioni, meno che mai assunzioni a tempo pieno, anzi, il numero di precari nella scuola è aumentato considerevolmente mentre il personale scolastico a tempo pieno e a tempo indeterminato è diminuito, come mostrato nella tabella successiva.
Nel 2012 il numero degli iscritti alle graduatorie di inserimento superava i 300 mila: ci sono circa quindi 300 mila persone “precarie”. Un numero impressionante che il nuovo concorsone certamente non riuscirà a far diminuire. I posti in palio sono circa 11.000 (dati MIUR). A causa inoltre delle lentezze dei concorsi italiani, il concorso tra prova preliminare, prova scritta e prova orale dura un anno, più precisamente da settembre 2012 all’estate 2013. Un’eternità per chi è precario da una vita.
Qualità della scuola
Anche qui note dolenti: il programma PISA è un progetto internazionale per la valutazione delle conoscenze degli studenti. E’ una sorta di termometro che misura il grado di preparazione degli studenti italiani e lo confronta alla media europea. E’ un’indagine alla quale hanno partecipato studenti in 74 paesi del mondo. Nella sola Italia gli studenti coinvolti sono stati quasi 31.000 e sono tutti studenti quindicenni. I dati emersi da questa indagine sono abbastanza preoccupanti. Nei tre ambiti nel quale si è svolto il test, lettura, matematica e scienze, l’Italia non ne esce proprio bene. Anzi.
E troviamo un grosso divario tra Nord e Sud
I dati in scienze e matematica sono similari, per chi fosse interessato ai dettagli qui (http://www.invalsi.it/invalsi/ri/pisa2009.php?page=pisa2009_it_09) ci sono tutti i risultati, sia per nazione che per regione italiana.
Come abbiamo visto da questi numeri, purtroppo, l’istruzione in Italia dispone di pochi fondi rispetto agli altri paesi e rispetto ad essi la voce in bilancio è inferiore. Altra caratteristica è che il numero di alunni per classe sta crescendo di molto e quindi viene a perdersi anche la qualità didattica.
Alessandro Sabatino