Premessa doverosa: Non è assolutamente mia intenzione difendere la pedofilia, che ritengo un crimine aberrante, nè tantomeno offrire appoggio a teorie negazioniste o che esaltino azioni violente e criminali mascherandole da ideologie politiche, il fine di questo articolo è discutere sulla libertà di associazione e dei compromessi (a volte dolorosi) che la sua difesa comporta.
Mentre da noi il sentimento comune, almeno sui social network, è quello di un odio violento nei confronti di tutto ciò che ha a che fare con il termine “pedofilia” in Olanda un giudice d’appello ha emesso una sentenza a dir poco impopolare che ha riabilitato il gruppo ”Stitching Martijn”, ovvero il “club dei pedofili”, coloro che vorrebbero legalizzare la pedofilia. La prima reazione che ho avuto è stata pensare che il giudice fosse un pazzo, o un ubriaco: in realtà, superata questa prima fase di shock (che ritengo assolutamente sana e normale), sono andato a cercare dettagli sulle motivazioni della sentenza e ho cominciato a capire la posizione del togato.
Aldilà dei titoloni enfatici tipo “In Olanda la pedofilia non è reato” o “Gruppo pedofilo può continuare la sua attività”, la sentenza dice un’altra cosa, ovvero che la pedofilia è un reato esacrabile e contro ogni moralità, ma che non può essere considerabile reato la libera associazione di cittadini che intendano promuoverla, finchè questo si limiti a una mera discussione di idee.
In altre parole la sentenza sancisce che la pedofilia va contro tutti i principi e valori della società olandese, ma che questo non può essere sufficiente a impedire a qualcuno di sostenere (passivamente) che la pedofilia sia cosa buona è giusta, fintanto che questi non infrange la legge: in pratica, l’apologia della pedofilia non è reato.Uso il termine “apologia” non a caso, ma perché a tutti fa venire in mente una legge spesso alla ribalta in Italia, ovvero la legge Scelba che istituì il reato di apologia del fascismo.
Non mi dilungo sui dettagli della stessa e sulle successive interpretazioni, quello che è interessante analizzare è il fatto che in Germania non esiste un corrispettivo: non è reato parlare bene del nazismo, né lo è l’associarsi per inneggiare agli ideali hitleriani (lo sono, ovviamente, razzismo, associazione violenta e annessi); ciononostante in Germania il rischio di una deriva nazionalista è decisamente più basso che da noi. Come è possibile questa (apparente) contraddizione?
Io credo che la risposta stia nel diverso valore che nei paesi nordici si da alle libertà di espressione e di associazione, che vengono vissuti come valori imprescindibili e più importanti di quello che pensa l’opinione pubblica in un dato momento storico.
Il legislatore ha il compito di legiferare e di porre vincoli su ciò che si può o non può fare, ma non ha il compito di dire cosa si debba o non si debba dire e pensare, anche quando si muove con le migliori intenzioni (come il condannare le violenze fisiche e ideologiche perpetrate dal fascismo), perché la condanna e l’isolamento di determinate idee devono essere un processo di presa di coscienza (individuale e collettiva) spontanea: in soldoni, non è sbagliato inneggiare alla violenza in nome della fede politica o sostenere che la pedofilia sia positiva perché lo dice la legge, è sbagliato perché è sbagliato (omettendo per motivi di spazio il ragionamento che serve per arrivare a questa conclusione) ed è una cosa che deve capire ognuno autonomamente.
Altrimenti quello che può succedere (ed è successo, si pensi alle BR) è che qualcuno usi come scusa il fatto che la legg vieta un determinato atteggiamento violento e non un altro, sentendosi di fatto “autorizzato” a portare avanti le proprie azioni.
In conclusione penso che sia più importante concentrarsi sulla difesa dei propri ideali e valori promuovendone e motivandone le motivazioni, piuttosto che aspettarsi che sia chi legifera a difenderli per noi, perché è questo il cuore del vero processo democratico: la libera circolazione di qualsiasi idea (purtroppo anche pazza e malsana a volte), ma che attraverso il dialogo e il confronto può essere migliorata o definitivamente smontata, sempre però attraverso processi spontanei e non tramite forzature dall’alto, perché se ci abituiamo a ricevere e non a coltivare le idee e a metterle in discussione siamo paradossalmente più vulnerabili da ciò da cui vorremmo difenderci.
Carlo Alberto Scaglia