
Oggi cominciano i campionati europei. La Francia si appresta ad ospitarli per la terza volta, dopo il 1960 e il 1984. In quest’ultima Michel Platini consegnò il titolo ai suoi connazionali laureandosi capocannoniere con 9 reti.
La democratizzazione del calcio voluta e introdotta proprio da Platini durante il suo mandato all’UEFA ha rivoluzionato l’organizzazione della competizione, ora estesa a 24 squadre – precedentemente erano 16 – e sempre più simile al suo fratello maggiore, il Mondiale.
CHE TORNEO SARÀ?
Quando si ha di fronte un torneo breve e intenso, come un Mondiale o un Europeo, trovare una risposta a questo tipo di domande è sempre molto difficile. Generalmente, più le competizioni si accorciano, più rimangono aperte a esiti imprevedibili.
In questo senso l’allungamento del torneo – poiché con l’ampliamento a 24 si introduce un turno in più, quello degli ottavi di finale – non potrà che favorire le grandi squadre.
Sarà difficile, credo, vedere nella finale di Parigi una Nazionale che non figuri in questo elenco: Spagna, Francia, Germania e Inghilterra.
Portogallo, Belgio e Italia saranno le outsiders, più defilate le solite big da Europeo.
Repubblica Ceca, Croazia, Svizzera e la potenziale sorpresa Galles.
I GIRONI
Se Francia, Spagna, Germania, Inghilterra e Portogallo sembrano già avere in tasca il pass per il primo posto nel rispettivo girone, Italia e Belgio si giocano le chance per il girone F, con tutta probabilità quello più equilibrato.
Se dovessimo badare solamente alla qualità non ci sarebbe partita: i belgi sono di gran lunga superiori agli azzurri. L’affrontare per la prima volta un torneo di questa importanza da Big potrebbe però giocare ai ragazzi di Wilmots un brutto scherzo, senza contare che l’assenza di Kompany, leader difensivo del Manchester City e della nazionale, potrà pesare sugli equilibri interni della squadra.
L’Italia non dovrebbe avere problemi a strappare la qualificazione per la fase a eliminazione diretta, a patto che non si incarti con le avversarie sulla carta più deboli. Come al Mondiale brasiliano, gli azzurri iniziano con la partita più difficile; due anni fa furono Costa Rica e Uruguay a impedire la qualificazione al turno successivo. Dopo il Belgio la Nazionale di Conte affronterà Irlanda e Svezia e nessuna delle due possiede il pedrigree per metterla seriamente alle corde.
Sarà l’atteggiamento mentale a fare la differenza: sottovalutare gli avversari porta sempre delle complicazioni con sé.
Simulando l’esito dei gironi dell’Europeo 2016 assegniamo a Francia, Inghilterra, Germania, Spagna, Belgio e Portogallo la vittoria dei rispettivi gironi.
Dando uno sguardo alla fase successiva del torneo, viene quasi naturale sottolineare che arrivare primi o secondi non cambierà molto le sorti della nostra nazionale. In caso di primo posto ci aspetta la seconda del girone D, con tutta probabilità una tra Croazia e Repubblica Ceca.
In caso di secondo posto avremmo subito il Portogallo e poi, probabilmente, l’Inghilterra. Meglio avere due incontri difficili ma, in un certo senso, alla portata (Portogallo e Inghilterra), o avere un match facile – Croazia e Rep. Ceca all’Europeo non partono favorite contro l’Italia – per poi però schiantarsi contro un avversario, la Germania, che ci è superiore anche in dieci contro undici?
La soluzione step by step consente di avanzare un turno di più e allunga di qualche giorno la nostra estate calcistica; voto per la combo Croazia(Rep. Ceca)-Germania.
Oltre, francamente, sembra poco opportuno spingersi: ci sarebbero i padroni di casa, la Francia di Monsieur Deschamps, a mio avviso la vera favorita per il titolo finale.
In semifinale, dall’altro lato del tabellone, Spagna e una tra Portogallo (Belgio?) e Inghilterra si giocheranno l’accesso alla finale.
La Spagna, che ha ripreso quota dopo il tonfo brasiliano, non è ancora la macchina a guerra di quattro anni fa.
L’Inghilterra dispone di una rosa giovanissima – età media sui 25 anni – e ha da poco riscoperto il piacere di essere annoverata tra le favorite di un grande torneo continentale: merito della favola Leicester che ha ridato speranza nei miracoli e confidence nei mezzi tecnici inglesi. Merito anche di gente come Kane e Vardy, indubbiamente una coppia gol dal potenziale letale. Fossi stato in Hodgson, mi sarei affidato a Drinkwater, metronomo di Ranieri nella cavalcata al titolo d’Inghilterra. Tra gli attaccanti, date un occhio a Rashford, diciottenne United: non partirà titolare, ma in pochi mesi ha già segnato in tutte le competizioni disputate – Nazionale inclusa. Una domanda al grande Jamie Vardy: PERCHÉ L’ARSENAL?????
LE STELLE E I GRANDI ASSENTI
Ronaldo e Pogba si giocano il titolo d’Europa e il Pallone d’Oro.
Il portoghese parte un passo avanti grazie alla conquista della Champions League con il suo Real Madrid, ma le aspettative del francese a riguardo non devono essere preventivamente azzerate. Come ha sottolineato il Presidente Agnelli in una recente intervista a Sky Sport, Pogba è ormai un brand globale. E sappiamo come il FIFA Ballon d’Or sia estremamente sensibile a questo tipo di temi. In caso di trionfo francese, Pogba avrà tutto l’autunno per rendere autorevole la propria candidatura.
Un breve paragrafo dedicato al Galles di Bale. Per la prima volta alle fasi finali di una competizione per nazioni. Una bella storia a cui speriamo di dare un lieto fine. Sarebbe stato bello avere Giggs ancora in campo. T
ra i grandi assenti, oltre allo juventino Marchisio e al parigino Verratti, abbiamo il belga Kompany, il centravanti del Real Benzema, fuori per questioni disciplinari, e Reus, al solito infortunato. Un vero peccato per il fantasista tedesco che, se sano, ha già dimostrato di essere un crack.
Deschamps, oltre a Benzema, ha rinunciato all’interista Kondogbia, mentre Ribery ha detto addio alla Nazionale. In difesa è vera emergenza: mancheranno infatti il difensore centrale Varane e l’ex Roma Yanga-Mbiwa. Non è stato nemmeno convocato Laporte, capitano dell’Under 21 francese in procinto di trasferirsi dall’Athletic Bilbao al City di Guardiola. Ha stupito, in attacco, la rinuncia alla stella dell’O.L. Lacazette e, viceversa, la convocazione di Gignac, protagonista del poco allenante campionato messicano.
LE ASPETTATIVE DEL’ITALIA
La nazionale di Conte si appresta a giocare un torneo da outsider.
La crisi tecnica tante volte annunciata è ormai giunta: per la prima volta da molti anni a questa parte non abbiamo nessuna stella che possa indicarci il cammino. Le ultime sono state escluse dall’anagrafe, dagli infortuni e da una mentalità non consona a un fisico da campionissimo. Già alla selezione dei 30 Conte ha ricevuto critiche: dove sono i Belotti, i Pavoletti e i Lapadula? A cosa serve chiamare gente come Montolivo e Thiago Motta se ti avvii a un torneo in cui se va bene otterrai percentuali di possesso palla intorno al 40%? Siamo una nazione di commissari tecnici.
Io stesso avrei suggerito scelte diverse, almeno per l’attacco. Via la generazione di mezzo, dentro vecchi e giovanissimi.
Avrei richiamato Totti per i quindici minuti finali di qualsiasi partita e forse anche Toni. E uno tra Pavoletti e Belotti al posto di Immobile.
Paradossalmente gli infortuni del bianconero e del parigino hanno favorito una certa coerentizzazione nelle scelte. Al bando gli esperimenti tattici dell’ultimo biennio, Conte ha virato su giocatori il più possibile adeguati alle esigenze del 3-5-2 juventino.
Uniche eccezioni Insigne ed El Shaarawy, autori di una stagione (mezza, nel caso del romanista) di altissimo profilo. E se l’ex Milan venisse riadattato alla fascia non ci sarebbe da stupirsi. Insigne rimane un calciatore con l’asterisco per Conte – e difatti sono già arrivati i primi commenti di De Laurentis che, per coccolare il suo pupillo, ha punzecchiato il C.T. per una più consona collocazione tattica del campioncino napoletano.
Insigne costringe il c.t. a riconsiderare l’assetto tattico: probabilmente rivedremo il già testato 3-4-3 con il 24 napoletano sulla sinistra, nei tre d’attacco.
La rosa dell’Italia è tecnicamente povera e non regge il confronto né con la tradizione italiana né tantomeno con le favorite di questo torneo, non ci sono dubbi. Conte poteva forse fare qualcosa di diverso, ma non ha lasciato indietro nessun fenomeno.
Ci aspetta un torneo di sofferenza; di lacrime e sudore. Resta da capire se gli italiani sono ancora capaci di una prova simile. Il nostro gioco di rimessa si è sempre basato su due consapevolezze: di avere il miglior reparto difensivo del mondo e di disporre, in caso di necessità, della possibilità di buttarsi in attacco affidandosi all’enorme talento dei nostri giocatori offensivi – quante volte abbiamo visto l’Italia andare sotto nel risultato e poi ribaltare la partita anche contro squadre che avremmo dovuto schiacciare dal 1’ al 90’?
Oggi la qualità davanti scarseggia e il nostro primo obiettivo deve essere tenere la testa sempre davanti all’avversario. Vedo molto difficile per l’Italia recuperare un risultato compromesso da uno svantaggio iniziale.
Le nostre grandi avversarie sono da un lato la paura di prendere gol e dall’altro la sottovalutazione degli avversari. Mi piacerebbe vedere una squadra gagliarda che, conscia dei propri limiti, prova a portare la partita sul piano a lei più congeniale: corsa, lotta, furore.
Temo il nostro voler giocare di rimessa a tutti i costi, la nostra paura di esporci ai contropiedi. Ripeto: un sistema simile funzionava quando davanti avevi i Del Piero, i Totti, i Vieri e gli Inzaghi, uomini capaci di risolvere un match con una giocata. Di sola prudenza si può soccombere.
Per Conte sarà un torneo da Prova del Nove. Non tanto per via delle accuse che lo dipingono già proiettato alla prossima esperienza londinese – tesi ridicola – quanto per via dei suoi precedenti insuccessi europei alla guida della Juventus.
Per carità, l’Europeo non è la Champions League, ma arrivare al Chelsea gravato dal peso di un flop assoluto con la Nazionale non sarebbe l’ottimale. L’ex tecnico juventino ha cucito un abito su misura alla sua squadra. Via alle ambiguità tecnico-tattiche e spazio ai giocatori e agli uomini che gli danno le maggiori garanzie a livello di gioco e di spogliatoio.
Rispetto alle ipotesi di qualche mese fa, questa nazionale offre a Conte la più totale disponibilità al lavoro e al sacrificio per la memorizzazione degli schemi e dei movimenti richiesti dal 3-5-2 contiano. Ci avrebbe fatto comodo il Balotelli di quattro anni fa, ma Supermario è un calciatore che non rivedremo più: il calcio non gli interessa abbastanza.
Se non fosse Italia, mi piacerebbe vedere l’Inghilterra campione. Sarebbe un paradosso, per una nazione che fino a qualche anno fa poteva schierare il centrocampo più forte del mondo con Gerrard e Lampard.
E invece sarà la Francia, come diciotto anni fa, ad alzare la Coppa al Saint Denis il prossimo dieci di luglio.
Maurizio Riguzzi
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