
Ogni 29 ottobre, la Turchia celebra l’anniversario della sua fondazione avvenuta nel 1923 ad opera di Kemal Pacha.
Comandante dell’esercito turco nella guerra di Indipendenza, conclusasi nel 1922 con la cacciate delle truppe greche, francesi, inglesi e italiane dal suolo ottomano, Kemal diventa Atatürk: il «padre dei Turchi», il fondatore di una nuova civiltà, l’incipit di una nuova storia e di una nuova Turchia.
Ogni 29 ottobre, il Paese diventa un tripudio di rosso, il colore della bandiera nazionale: ricoperto dalla mezzaluna e dalla stella simbolo del Paese, o dal volto fiero e serio di un giovane Atatürk, il rosso della bandiera turca sventola da balconi e finestre o viene venduto per qualche lira dai venditori ambulanti di Piazza Taksim.
Cortei, marce, canti, concerti, discorsi: ogni anno, da Ankara alle rive del Bosforo, la commemorazione chiude scuole, uffici, musei, negozi e spinge tutti a ricordare, trasformando la memoria in un rito, anche se i suoi seguaci sono forse meno numerosi di un tempo.
Quest’anno tuttavia, lo sguardo dei cittadini turchi e dei loro rappresentanti non è rivolto solo al passato, ma anche al futuro. Quest’oggi infatti viene inaugurato il nuovo aeroporto di Istanbul, il terzo e colossale hub della città.
Ancora senza un nome e con qualche pista di atterraggio da ultimare, l’aeroporto iniziato solamente quattro anni fa è stato oggetto di polemiche e interesse nazionali e internazionali.
90 milioni di viaggiatori all’anno previsti solo per il primo terminal — 200 milioni in totale, secondo le aspettative —, questo aeroporto grande tre volte l’attuale Atatürk Havalimanı punta a essere uno dei più importanti al mondo: per estensione, utilizzo di tecnologie avanzate, e numero di passeggeri transitanti tra le sue mura.

La pubblicità che ne sta accompagnando l’ultimazione e l’inaugurazione invade i social network, con hashtag e brevi video in cui si alternano le famiglie dei futuri impiegati dell’aeroporto, sveglie presto la mattina e fiere di seguire la fase di «vestizione» di chi, di lì a poco, si recherà in questo capolavoro moderno dell’architettura, e gli impiegati stessi, felici e orgogliosi mentre lavorano sui pavimenti lucidi del nuovo complesso.
Anche in questo frangente, il simbolismo si spreca.

Un aeroporto che punta a essere uno snodo centrale tra continenti, situato al carrefour tra Europa e Asia: moderno e lucido come la Turchia di inizio secolo, quella multiculturale e tecnologica, dei grattacieli e del turismo globale, degli eventi mondani internazionali e di una diplomazia volta a favorire la cooperazione nella regione mediterranea. Quella ormai dimenticata, oscurata dai problemi di sicurezza, da quelli sociali, politici ed economici che anche in Europa hanno portato a forgiare una nuova narrativa sul Paese e sulle sue lacune.
E questi problemi, queste sfaccettature della Turchia e della sua società sono tutti ritrovabili nel nuovo aeroporto e nelle sue fondamenta.
Non sono mancate le critiche dedicate alla sregolata politica di cementificazione particolarmente visibile in Istanbul e nelle zone limitrofe, dove nonostante il debito pubblico e il crollo della lira, si continua a costruire. Con più di 7000 ettari di estensione previsti, il nuovo aeroporto ancora senza nome rientrerebbe a pieno titolo in questo fenomeno.
Vi sono state infinite rivendicazioni legate al mondo del lavoro: tra i cantieri del nuovo aeroporto di Istanbul avrebbero già perso la vita una trentina di operai, seguiti da proteste e incarcerazioni che hanno rischiato di rallentare i lavori. A queste tensioni, si sono inoltre accompagnate le preoccupazioni legate all’impatto ambientale dell’aeroporto; anche in questo caso, il treno del progresso non si è arrestato.

Nonostante la crisi economica di questi mesi pieghi e spaventi, questo 29 ottobre 2018 ha un’importanza cruciale per il Paese.
Nel ricordo di Atatürk e della nascita della Repubblica di Turchia proclamata 95 anni fa in Parlamento, inaugurando il nuovo aeroporto di Istanbul, il Paese celebra il suo passato ma anche il suo futuro. Non solo nelle parole e nella retorica che oggi, come ogni anno, celebreranno la memoria storica, ma anche nel cemento, nella praxis, nell’architettura moderna e nella tecnologia che fanno del nuovo aeroporto un simbolo della Turchia moderna. Senza sapere se il simbolo corrisponderà realmente al contenuto, o solo a una sua idealizzazione.
Elle Ti