Per esempio io, mi sento più offesa da questo (storia di un video ungherese)

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Nelle scorse settimane si è parlato, o meglio scritto, twittato, spammato e commentato molto a proposito del famigerato video in cui una giovane in jeans e t-shirt nera cammina per le strade di Manhattan e viene filmata mentre degli uomini si approcciano a lei.
Chi con un “ciao”, chi con un “ciao bella”, chi offrendosi come Virgilio per qualche metro, insomma ad ognuno il suo.
Lo scopo del video è mostrare come le donne possono essere approcciate o salutate ogni giorno mentre camminiamo. Ecco, io scrivo molto cautamente “approcciate” e “salutate”, ma c’è chi ha avuto l’esplosiva e infausta idea di scrivere “molestate”.

Disastro.

Chi ha usato il termine “molestie”? Perché hai usato il termine “molestie”? Ti sembra una molestia dire “ciao” a qualcuno? E tu, donna intelligente e sofisticata, non ti offendi a essere vittimizzata così dal video?
E tu, donna frigida e mestruata che, tu sì, pensi siano “molestie”, non ti vergogni un po’ a pensare così in grande?
Quindi davvero mi stai dicendo che se io ti dico “ciao” ti sto molestando? Ah certo, ma tanto siete tutte uguali, se fosse stato un modello col cavolo che vi sareste lamentate.
Più o meno questo è stato il genere di commento.
Ovvero, se usare il termine “molestie” fosse più o meno appropriato e, argomento a cui mi lego, se le donne non dovessero offendersi in gruppo per il modo in cui il tema della violenza sulle donne era stato trattato dal video.

Ci ho pensato e ripensato e no, da quel video non mi son sentita offesa. Ma da quello messo online dalla polizia ungherese il 22 novembre un po’ di più.
Un po’ perché è obiettivamente un video insensato e orrendo che tuttavia dura ben 3 minuti, un po’ e soprattutto perché il messaggio che lancia è di quelli per cui, qui sì, il cielo dovrebbe davvero aprirsi.

Ci sono una Bionda, una Bruna e una BrunaConLaCodaDiCavallo. Entrano in una stanza da letto divertitissime dalla vita, ma non ancora brille, perché l’assunzione di alcool contro cui punta il dito la polizia ungherese avviene dopo. D’altronde in tre minuti bisogna far vedere tutto. Anche il superfluo.
Si accasciano su dei puf, se la ridono, la BrunaConLaCodaDiCavallo se la scioglie diventando quindi la Bruna2, poi si alzano, e comincia la fase che ogni donna in procinto di uscire la sera ama. Ovvero quella che ogni fidanzato di “ogni donna in procinto di uscire la sera” odia. 
Quella della preparazione.

La Bruna1 usa il colpo di scena e rientra in stanza con una pericolosissima bottiglia piena di liquido arancione, la musica si alza, il trucco si posa sul viso, e le tre ragazze indossano un vestito di pelle nera da Xena e tacchi a spillo che “mammamiacomefai” prima di farsi molti selfie.
Ovviamente.
Ci sono poi dieci esatti secondi in cui la Bionda, la Bruna1 e la Bruna2 non si sa perché non sono più nella loro stanza, ma su un set fotografico: sfondo nero, vento tra i capelli, sguardi ammiccanti, modo alla Miley Cyrus di leccare il collo di una bottiglia, lingua sulle labbra, spalline del vestito che si abbassano.
Guardo e riguardo quei dieci secondi. Non li capisco. Ma cosa diavolo c’entrano? Passiamo oltre.
La Bionda, la Bruna1 e la Bruna2 abbandonano il set fotografico del calendario di Max e tornano alla loro vita. Le vediamo uscire di casa, ridere ormai ebbre, andare a ballare; addirittura a un certo punto, la Bruna2 appoggia, non si sa perché, il suo seno prorompente sul bancone come fosse una borsa; poi danno il due di picche ad alcuni uomini ridendo, e accettano invece gli approcci – badate bene, approcci, non molestie, guai a voi – di altri megafusti.

Durante tutti questi secondi però, un’inquietante sosia della Bruna2 con capelli arruffati, trucco sbavato e sguardo perso (tutto questo per dare il messaggio “sono stata violentata”) compare agli occhi della Bionda e di Bruna1 in posa come le gemelline di Shining. Forse il suo ruolo è quello di ammonire su quale possa essere il loro destino e io non posso che chiedermi se a subire una violenza sarà quindi soltanto la Bruna2 o tutte e tre le ragazze; ma non c’è fretta, la storia ha ancora qualche secondo per svilupparsi.
La Bionda e la Bruna2 trovano un principe azzurro in discoteca, la Bruna1 no. Escono dal locale e mi aspetto che a questo punto, la povera vittima sia quella delle tre che non ha rimorchiato un megafusto in discoteca.
Invece no: il video prosegue per una serie di scene non molto comprensibili e forse manco troppo utili fino all’epilogo, che è quel che ci interessa. 

Ultimi secondi rapidissimi: la telecamera inquadra un giovane incappucciato e zoomma sulla sua sigaretta fumata nervosamente –nervosamente perché ci sono 5 centimetri di cenere non buttata a terra e perché la mano che la tiene trema. È Eminem? È Fedez in pausa durante la registrazione di una puntata di X Factor? Chi è quest’uomo? NON-SI-SA.
Quello che è certo è che la Bruna2 spalanca gli occhi spaventati e un attimo dopo è accasciata a terra con lo sguardo perso, diventata ormai quello spettro che le sue amiche avevano (pre)visto.

Morale della favola? Qual è? Che a vestirsi come Xena e a sciogliersi la coda di cavallo si rischia di imbattersi nell’uomo incappucciato che ci violenta?
Cos’ha fatto la Bruna2 di male quella sera?
E a cosa servono quei dieci secondi da calendario Max in cui le ragazze assumono pose provocanti e leccano le bottiglie davanti a uno sfondo scuro?
Perché, infine, su 3 minuti e 20 secondi di video, lo stupratore viene inquadrato per la prima volta solo a 02:55 e tutto il resto del video è dedicato a mostrare la vita mondana – consueta, azzarderei – che svolgono tre ragazze sui vent’anni?

Se questo è il modo di combattere, denunciare, prevenire e affrontare la tematica della violenza sulle donne, io allora sì, mi sento offesa. Dalla polizia ungherese e da tutti coloro che ancora oggi, insistono a difendere la becera equazione del “Se si comporta così, allora se le cerca”. 
C’è da sentirsi non offese. Offesissime.

Elle Ti
@twitTagli  

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