Tanto maturi… da essere marci
I giornalisti di Tagli ritornano sui banchi di scuola e si cimentano con le tracce del tema di maturità 2013.
Ognuno ha scelto la sua preferita: prima Luca Romano (ambito tecnico-scientifico), poi Alessandro Porro (ambito storico-politico). Ora la Tipologia C, il tema Storico, è appannaggio di Domenico Cerabona
2. TIPOLOGIA C, TEMA DI ORDINE STORICO
I BRICS: storia e future sfide
Con la sigla BRICS (inizialmente era solo BRIC: solo recentemente si è deciso di aggiungere la S) si individuano i cinque grandi colossi emergenti dell’economia mondiale: Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa. Sono cinque paesi assolutamente differenti sotto tutti i punti di vista – anzi sarebbe difficile poter immaginare cinque paesi più distanti per storia, cultura, condizioni geografiche e politiche.
Il Brasile è un paese di recentissimo sviluppo economico e deve le sue fortune principalmente alle sconfinate materie prime, a partire dal petrolio – del quale si trovano abbondanti giacimenti che hanno reso tumultuoso l’afflusso di denaro nella casse brasiliane.
Dopo anni di governo instabile, il Brasile ha trovato una grande guida nel Presidente Lula che, venendo da una tradizione di sinistra radicale, ha tentato – con buoni risultati – di dare un taglio socialdemocratico allo sviluppo economico galoppante, cercando di non dimenticare “gli ultimi”. A Lula è succeduta Dilma Roussef, proveniente dallo stesso partito dell’amatissimo predecessore: la Roussef sta continuando l’opera del vecchio Compagno (con la maiuscola). Le grandi sfide che il Brasile affronta sono quelle dello sviluppo sostenibile ed equilibrato: non bastassero gli osservatori istituzionali, i prossimi Mondiali di Calcio e le prossime Olimpiadi Estive (rispettivamente nel 2014 e nel 2016) faranno puntare tutti gli obiettivi dell’opinione pubblica internazionale del mondo sullo Stato carioca – e in questi giorni, con la Confederation Cup disturbata da grandi proteste popolari, ce ne stiamo facendo un’idea.
La Russia è forse il paese più sorprendente: dopo la caduta del Muro di Berlino e il crollo dell’Unione Sovietica, si pensava che il ruolo di Mosca sarebbe diventato sempre più marginale – soprattutto a causa della scarsa capacità (e abitudine) dei Russi a competere sul mercato libero dopo quasi cento anni di economia di stato. Invece “grazie” alla concentrazione del potere nelle mani di pochi oligarchi provenienti dalla vecchia burocrazia sovietica (Putin, vero e proprio padre-padrone russo, si sa, era un funzionario del KGB, il temibile servizio segreto sovietico) e per via della scoperta di una quantità esorbitante di materie prime (a partire dal gas), la Russia è tornata alla ribalta come grande potenza mondiale. È forse inutile ricordare gli enormi problemi democratici che ci sono nella Russia moderna, problemi che sono diretta conseguenza di un grande equilibrio socio economico nel paese. Una grandissima ricchezza è infatti concentrata in pochissime persone: una situazione insostenibile. Non a caso sempre più forti si fanno le proteste – e siamo sicuri che le Olimpiadi Invernali del 2014 e i Mondiali di calcio del 2018 saranno terreno di una forte protesta democratica.
L’India è forse la più particolare delle forse emergenti. In primis è una mastodontica democrazia. L’India infatti ha una popolazione di oltre un miliardo di abitanti che, grazie alla lotta di indipendenza fatta dal Mahatma Gandhi, sono riusciti a mantenere ordinata in una repubblica democratica certo problematica, ma tuttosommato stabile. Da anni l’India esporta “cervelli”. Molti giovani indiani, facilitati dal fatto di essere di madrelingua inglese, da anni ormai sono “i primi della classe” nelle migliori università inglesi e statuinitensi: questo si tramuta in un notevole vantaggio tecnologico dell’India che unisce ad una complessivamente buona quantità di materie prime la risorsa di una manodopera pressoché infinita. Il know-how ormai all’avanguardia, appunto formatosi tramite i “cervelli d’esportazione” completa la ricetta, che mette addirittura paura al colossale vicino cinese.
La sfida principale dell’India nel prossimo futuro sarà quella “religiosa”. Il capolavoro di Gandhi (rovinato in parte dalla scissione pakistana) fu riuscire a creare uno Stato in cui sapessero convivere diverse credo. Infatti, seppure gli induisti siano la stragrande maggioranza, la comunità musulmana è la seconda del mondo – con tutte le problematiche che un conflitto religioso alimentato da questioni geopolitiche potrebbe comportare.
Sulla Cina ci sarebbe troppo o niente da dire. La storia cinese infatti è talmente lunga, tortuosa e complessa che non basterebbero venti pagine per sviscerarla tutta; così come quasi tutto si sa della mastodontica forza economica cinese, unica economia mondiale a trovarsi nella condizioni di dover attuare manovre economiche di contenimento della crescita. La Cina è riuscita a convertire quella che era una farraginosa economia di stato di stampo sovietico in una turbo-potenza liberista nel giro di pochi lustri. Lo ha fatto chiaramente annullando pressoché tutti i diritti civili e concentrando tutto il potere nell’oligarchia, composta dal Partito Comunista Cinese.
Capace ormai di produrre qualunque prodotto, dai più scadenti bicchieri di plastica alle più avanzate tecnologie avveniristiche, la Cina ha un unico grande problema: è affamata di energia. Il suo sconfinato stato e la sua popolazione di oltre un miliardo e duecento milioni di abitanti, infatti, consuma una quantità sproposita di petrolio e gas senza avere grandi giacimenti di materie prime. Per questo la Cina si sta espandendo in Africa con un nuovo colonialismo: esso non vive di fucili ma di un flusso inimmaginabile di denaro contante, in un periodo storico in cui le vecchie potenze egemoni (americane ed europee) sono drammaticamente “a secco”. La vera sfida cinese sarà quella della “questione democratica”. Fino ad oggi l’apparato è riuscito a reprimere qualunque forma di dissidenza con un controllo efficiente e spietato – che si è dimostrato tale durante le Olimpiadi di Pechino che non sono state “macchiate” da nessun atto di protesta. Fino a quando, però, un’oligarchia di qualche decina di migliaia di persone riuscirà a tenere a bada una popolazione avviata, nei prossimi decenni, a raggiungere i due miliardi di persone?
Il Sud Africa è una new entry tra le grandi potenze in via di (gigantesco) sviluppo. Da quando la rivoluzione democratica di Nelson Mandela ha portato al potere la maggioranza africana di questo paese coloniale, le risorse pressoché infinite di questo paese hanno cominciato a rimanere di gestione dei suoi cittadini. E non è difficile dunque prevedere un rapido sviluppo di un Paese con queste caratteristiche in un mondo in cui le materie prima diventano sempre più scarse. Il Sud Africa però non ha ancora del tutto superato le storiche disuguaglianze create dall’apartheid: molti cittadini riversano ancora oggi in uno stato di povertà impressionante. La vera sfida del Sud Africa nei prossimi anni sarà dunque quella di un maggior equilibrio sociale.
Per fare una sintesi dunque questi BRICS sono Paesi che certamente avranno un ruolo sempre crescente sullo scacchiere mondiale, anche se è difficile prevedere quanto e come riusciranno “a fare cartello” (essendo realtà assolutamente distinte e distanti sul piano politico e culturale). Vedremo invece quanto le vecchie potenze egemoni occidentali riusciranno a portare dalla loro parte i singoli componenti di questa nuova élite mondiale.