Sul Cammino di Santiago fischiettando l’Internazionale/2°tappa: Trabadelo – Alto do Poyo

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19 agosto 2010

Dopo quasi sette ore di sonno, svegliati da dei compagni di stanza dal russare e rumoreggiare molesti, ci siamo alzati alle cinque per partire alle sei. La scelta ha avuto un pro e un contro. Infatti da un lato abbiamo potuto apprezzare un cielo stellato suggestivo grazie alla totale assenza di luci, ma dall’altro il nostro incedere al buio non era per niente sicuro.

Fortunatamente al momento di decidere quale biforcazione intraprendere ad un bivio, siamo stati «salvati» dall’arrivo di alcuni pellegrini più previdenti di noi muniti di una torcia con la quale hanno individuato l’indicazione corretta. Ad ogni modo il tragitto percorso al buio era tutt’altro che imperdibile, dipanandosi quasi tutto ai bordi della stessa statale di ieri.

All’alba invece il paesaggio si è trasformato, diventando verdeggiante e suggestivo, si può dire tolkeniano, con la vetta di O Cebreiro ad attenderci. Durante la salita il nostro acquisto umorale si è invece rivelato fondamentale per salire con meno fatica per il sentiero sterrato che conduceva in cima. La guida ci consigliava di sostare a O Cebreiro, che avrebbe dovuto rivelarsi suggestivo essendo di origine celtica. Tuttavia pur apprezzando la peculiarità delle costruzioni del paesino, non siamo rimasti particolarmente impressionati dall’agglomerato; ci pareva più che altro una trappola per turisti. Vista l’ora abbiamo quindi deciso di procedere oltre.

Nonostante il caldo anche questo tratto si è rivelato particolarmente piacevole; sfruttando infatti la sosta prolungata di quasi tutti i pellegrini, ci sembrava di procedere da soli per il Cammino. Menzione d’onore in questo tratto se la merita un «pellegrino» bresciano che vediamo incedere appesantito da due zaini, affiancato da una ragazza con la quale comunica con difficoltà in un esperanto franco-inglese. Ci accorgiamo che la ragazza è priva di zaino e scopriamo che il nostro compatriota sta portando anche lo zaino della ragazza olandese, conosciuta pochi giorni prima, in quanto affetta da tendinite. Mentre eravamo ammirati da uno slancio di tale galanteria, il nostro amico ci confessa che lo faceva per «stabilire un contatto per avere un appoggio ad Amsterdam». Quando gli comunichiamo che il rifugio più vicino è dotato di soli 18 posti, il fervente pellegrino si lascia andare in una bestemmia da far impallidire persino Mosconi. Ma, per quanto il tentativo dell’abitante della città della leonessa sia ammirevole, le sue gesta non sono in grado di garantirgli il titolo di personaggio del giorno.

Questo perché ci siamo imbattuti in un titano, una donnina la cui gesta l’hanno fatta balzare in cima alla lista dei preferiti del Cammino, ma andiamo con ordine…Incalzati da un folto gruppo di pellegrini, aumentiamo il passo per essere sicuri di trovare posto nel prossimo albergo previsto sul Cammino. Ne troviamo uno in cima alla salita abbastanza dura, dopo 26 km e 6 ore di Cammino effettive. Ad occhio e croce non sembra un posto dalle qualità eccelse, ma stanchi e accaldati decidiamo di fermarci lo stesso. La nostra fiducia viene assolutamente ripagata.

A gestire questo locale vi sono due donne: una giovane ragazza dall’aria stanca e annoiata e una vecchina entusiasta dall’età indecifrabile. Ci accorgiamo della grandezza del personaggio quasi subito, quando vediamo come si prodiga per trovare una sistemazione gratuita a coloro i quali trovino l’albergo pieno. Rimaniamo ammirati dal moto perpetuo di questa donnina che si aggira tra noi elargendo confidenza e sorrisi. Iniziamo ad amarla mentre raccoglie e lava l’insalata dell’orto, cucina e raccoglie panni. La cosa fantastica è che nonostante l’età e l’incedere incerto pare mandare avanti quasi da sola la baracca, con un aiuto quasi trascurabile della nipote. Avendo piena fiducia in lei decidiamo di mangiare e veniamo premiati con una visita della cucina per scegliere direttamente ai fornelli. Ci delizia con una zuppa di fagioli, fave e patate e uno spezzatino con patate e peperoni. La signora ci intima di bere vino e non birra e noi, riverenti, obbediamo.

Inutile dire che la cena si è rivelata squisita e, parimenti alla vecchina, guardiamo con un po’ di disprezzo misto a sgomento la compagnia di italiani che fa incetta di merendine piuttosto che godersi un pasto casereccio. Ammaliati da questa figura,  siamo rinfrancati e carichi più che mai per la tappa di domani.

Domenico Cerabona @DomeCerabona

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