Civati, Renzi o Cuperlo: andare oltre è chiedere troppo?

Pd in frantumi? Pd in frantumi?

Rientrato dalle vacanze mi sono immediatamente catapultato nel “clima congressuale” del mio Partito, il PD. Sono stato immediatamente colto da un attanagliante senso di sconforto. Ma per far capire bene cosa passa per la testa di un (quasi!) trentenne tesserato è necessaria una piccola premessa, una sorta di autonalisi psicologica.

Io raramente sono d’accordo al cento per cento con me stesso. Certo, ho alcuni punti fermi, ideali e valori sui quali non transigo; ma per il resto discuto molto con me stesso, contesto le mie idee, mi metto in discussione.

Lo stesso rapporto con i miei genitori – le persone ideologicamente e culturalmente più influenti nella mia formazione politica – è prima di militanza che famigliare e si sviluppa con un costante e utile “dibattito interno” sulle reciproche idee, che vengono costantemente messe in discussione.

Date le premesse, è facile intuire quanto mi possa appassionare il dover essere rinchiuso in un dibattito politico dove, sostanzialmente, la discussione si riduce a  questa pregnantissima domanda:

E tu con chi stai: Civati, Renzi o Cuperlo?”.

Di solito, me la cavo con una battuta: “Ma tu riesci a riconoscerti totalmente nel pensiero di un’altra persona?”. Lo sventurato, a quel punto, di solito fa retromarcia.

Ma al di là delle schermaglie retoriche, questo modo di vivere il dibattito pubblico è diventato ormai un modus operandi anche nella sinistra italiana, nel suo viscerale interno. Un’abitudine che è la palese rappresentazione del decadimento della cultura politica nel tessuto sociale: un decadimento sempre più preoccupante, da combattere con ogni mezzo. Iniziando dal rifiutare questo genere di schemi.

Fa sorridere, a pensarci: mi iscrissi al PD nel 2009 proprio perché Bersani si proponeva di combattere questo modo di fare politica. Ero d’accordo con il famoso “Non metterò il mio nome nel simbolo del partito”; mi aveva “conquistato” con la famosa frase “Io stesso sono moderatamente bersaniano”.

Per varie ragioni questa piccola rivoluzione del PD gli è fallita, e Pierluigi Bersani a sostegno della candidatura di Rosario Crocettasiamo ancora in mano alle correnti con il nome del capetto di turno. Mi piacerebbe che la discussione congressuale ripartisse da lì, dal ricostruire un’identità di un partito che vada un po’ oltre al nome di chi si candida a guidarlo, è chiedere troppo?

Domenico Cerabona
@DomeCerabona

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