Ho corso la Maratona di New York, uno dei sogni della mia vita. Questo decalogo non vuole essere né una guida né una classifica: sono considerazioni mischiate con qualche consiglio spassionato che mi son messo a buttare giù durante il volo che ieri mattina mi ha riportato a casa.
10) Vi prego, vi scongiuro, vi supplico: non iscrivetevi a New York con l’intenzione di fare il vostro “personale”. Sarebbe una sciocchezza per due ragioni. La prima di natura “tecnica”: chiunque vi dirà che è una maratona difficile. I lunghi ponti, con relative lunghe salite e l’esposizione al forte vento, le avenue nient’affatto pianeggianti e – soprattutto – i famosi saliscendi a Central Park (quando le gambe ormai non ne possono più di correre, figurarsi di fare una salita dura!) rendono la Maratona di New York una gara “lenta”. D’altronde ci sarà un motivo se neanche i professionisti fanno dei gran tempi, no?
A tutto questo aggiungete che vi dovrete svegliare all’incirca alle quattro, prendere quattro o cinque mezzi di trasporto, stare due o tre ore in piedi o seduti per terra, spesso al freddo: pensare di fare il proprio miglior tempo qui e in queste condizioni è quantomeno arduo.
La seconda ragione è di natura “mondana”: la gara è meravigliosa, per tante ragioni di cui dopo vi racconto, ma il punto è un altro. New York in autunno è fantastica. Ci sono stato d’inverno e d’estate, ma non c’è paragone con la spettacolarità dei colori autunnali e la godibilità del clima.
Quindi, oltre alla maratona, vi consiglio di godervi New York girandola in lungo e in largo. Certo, magari vi rallenterete di qualche secondo al chilometro, ma credetemi: ne vale la pena. Il tutto, ovviamente, non si traduca in un invito a fare i turisti durante la gara: la Maratona va rispettata, e va corsa senza cazzeggiare – odio quelli che si fermano a fare foto per esempio! Da qui, però, ad essere schiavi del cronometro ce ne passa.
9) Fatevi coccolare dagli organizzatori. Non c’è niente da fare, gli americani su queste cose sono imbattibili. Partecipare a questa gara vi farà sentire atleti professionisti. Tutto lo staff, dal primo impiegato che vi controlla il documento all’ultimo dei ragazzini vi offre l’acqua ad uno dei ristori, vi tratterà come foste Bikila.
Già, i ristori: ce n’è uno ad ogni miglio. Sì, avete capito bene: su 26.2 miglia di Maratona troverete 24 punti con acqua e Gatorade (fanno eccezione il primo miglio, che è sul Ponte di Verrazzano alla partenza, e l’ultimo).
Ma poi ci sono altri mille fulgidi esempi di organizzazione perfetta, dai villaggi alla partenza – in cui troverete di tutto da mangiare e da bere – all’accoglienza all’arrivo, con centinaia di volontari pronti a coprirvi, assicurarsi che stiate bene, farvi i complimenti. Anche questo fa parte dell’esperienza che vi ricorderete per sempre.
8) I corridori. Quella di New York è di gran lunga la Maratona con più partecipanti al mondo. Questo vuol dire, banalmente, che c’è un sacco di gente come voi in giro. Non dico per la città, dico per il pianeta. Sul vostro aereo sicuramente ci sono tanti passeggeri che stanno per correre come voi. Nel vostro albergo? Tantissimi. Nei ristoranti? Pure.
Sapete bene come riconoscervi a vicenda: siete quelli con le scarpe da corsa anche per passeggiare, quelli che misurano ogni passo per paura di prendere una storta, quelli che mangiano pasta anche la sera. Non siate timidi, parlatevi: sarà un’altro ricordo meraviglioso aver conosciuto un argentino sulla metro o un neozelandese in fila all’Expo.
7) Gli amici a casa. Chiunque corra maratone è infastidito dalla seguente domanda:
Ma quella di New York l’hai fatta?
Nell’italiano medio ìmpera la convinzione che la Maratona di New York sia più lunga, più dura, più faticosa, più mitica. Insomma, che sia l’unica “vera” Maratona. Di solito questa cosa vi fa imbestialire, lo so.
Ma la medesima suggestione popolare, nel momento in cui vi apprestate a correre la Maratona di New York, porterà i vostri amici e familiari a ricoprirvi di affetto e ammirazione, soprattutto dopo. Quindi, anche qui, non siate timidi: sbandieratelo ai quattro venti e godetevi pure questo, non vi ricapiterà.
6) Il freddo. Sì, fa freddo alla partenza, tanto.
Nei pressi di quel maledetto ponte tira un vento bello tosto e, nonostante il the e il caffè bollenti che vi offrono a fiumi, non c’è niente da fare, bisogna essere copertissimi. Anche se avete scelto di consegnare la sacca da ritrovare all’arrivo (cosa che vi sconsiglio, perché vuole dire fare un altro chilometro di camminata dopo la gara e stare quasi un’ora in più in piedi), arriva un bel momento in cui il vostro ricambio è stato consegnato all’organizzazione, la gara per voi non è ancora iniziata e voi siete nella migliore delle ipotesi in maglietta e pantaloncini. E, come detto, fa un freddo porco.
La cosa migliore da fare è portarsi dei pantaloni caldi e una felpa che siete disposti a lasciarvi alle spalle. Appena prima della partenza, tra l’altro, potrete donarli in beneficenza: cosa volete di più?
5) Le miglia. Non ho ancora ben chiaro quanto diavolo sia lungo un miglio e – posso confessarvelo? – non mi interessa saperlo.
La cosa che so è che 26.2 miglia sembrano meno lunghe di 42.195 chilometri. Psicologicamente a me ha aiutato molto, quindi – se potete – vivete nell’ignoranza sul miglio: vi sembrerà di correre di meno.
4) La musica. Se, come me, amate correre con la musica nelle orecchie qui si vi porrà un bel dilemma. Rompere l’abitudine consolidata e perdersi una parte dello spettacolo di questa gara o mantenere le proprie abitudini? In ogni altro caso vi avrei detto che non si deve mai cambiare la propria routine, ma ehi, ragazzi, questa è New York!
Per quanto riguarda il supporto del pubblico, vi rimando al punto 2, ma per ora posso assicurarvi che la musica non vi mancherà: sono decine e decine, infatti, le band di qualunque genere che suonano lungo il percorso ad un volume devastante. Rockeggiate con loro. L’iPod però portatevelo dietro: vi tornerà utile sui ponti. Sono lunghi, sono duri e sono senza pubblico. Certo, a volte c’è il panorama ad aiutarvi, ma un po’ di musica di certo non guasterà: usatela in quei casi.
3) Appunto, il panorama. È quasi scontato dirlo, ma è praticamente obbligatorio citarlo.
Semplicemente, quando siete sul battello che dal Downtown di Manhattan vi porta verso Staten Island, con il sole che spunta all’orizzonte e illumina la skyline più famosa del mondo, se non vi viene da piangere vuol dire che non siete umani.
Per non parlare di quando vi ritrovate in mezzo a migliaia e migliaia di persone sul ponte di Verrazano, chiuso alle macchine solo una volta l’anno, quella, con tutta l’isola di Manhattan e relativi boroughs ai vostri piedi: vi sembrerà di essere in un film.
E poi c’è l’arrivo a Manhattan con le avenue chiuse per voi e i grattacieli a scrutarvi. Dovete godervi questo spettacolo assurdo, mi raccomando: non perdetevelo stando dietro al vostro gps!
2) Qui si entra nella vera essenza di questa gara. I newyorchesi. Sono semplicemente indemoniati. Appena finito il ponte di Verazzano li troverete a migliaia, pronti a supportarvi in tutti (credetemi, tutti!) i modi possibili e immaginabili.
Si parte ovviamente con il classico “good job” passando per l’ipocrita “looking great”, ma le variazioni sono infinite. Se sulla maglietta avete il vostro nome loro lo urleranno, se vi vedono in difficoltà vi diranno di non mollare, se avete fame vi offriranno una banana o dei dolci, se avete sete vi daranno da bere. È una cosa indescrivibile quanti siano lungo tutto il percorso quanta passione ci mettano.
E se per caso vi azzardate a sfidarli a fare casino, partiranno delle urla da ultras. È un’esperienza umana fantastica. Per questo vi dicevo che avere la musica ad isolarvi da questo spettacolo sarebbe un crimine: fatevi conquistare dai newyorkers, piuttosto!
Capitolo a parte meriterebbero i cartelli: ce n’è di tutti i tipi, alcuni anche elaborati: cercate di leggerne quanti più possibile, vi aiuteranno a distrarvi dai chilometri che mancano.
1) E poi c’è l’incredibile esperienza di girare per New York con la medaglia da “finisher”. Per la terza volta, a costo di ripetermi: non siate timidi e andate in giro fieri con la vostra enorme medaglia.
E anche qui, godetevi lo spettacolo: se girate per qualche ora riceverete centinaia e centinaia di “congratulations”, “great job”, “you’re amazing”, “you did it”, “well done”, “all the way”. Di primo acchito vi sentirete forse a disagio, ma poi verrete pervasi dalla felicità: vi troverete ad andare in giro per Manhattan con un sorriso ebete anche se farete fatica a camminare dal dolore alle gambe.
Sì, il male alle gambe. Il solito, maledetto male alle gambe. Perché è vero tutto quello che ho scritto sopra, e quelle esperienze renderanno questa avventura speciale. Ma stiamo sempre parlando di 42.195 fottutissimi metri da correre, non vi illudete…
Domenico Cerabona
@DomeCerabona