
In questi giorni (mesi) di sindacalismo bollente, voglio raccontarvi una storia. Parla di Giuseppe Di Vittorio (1892-1957), e me la ha raccontata Lia Lepri, sindacalista CGIL per tutta la vita.
Una volta Lia andò ad una celebrazione alla memoria di Giuseppe Di Vittorio, e tra i relatori c’era Giorgio Amendola. Quelli che lo precedevano sprecarono fiumi di parole sulla scarsa autonomia della Cgil di Di Vittorio dal Pci.
Dissero che il maggiore sindacato italiano era, leninianamente, una “mera cinghia di trasmissione” del Partito Comunista.
Amendola li fece parlare, poi intervenne raccontando un aneddoto. Raccontò di quando a lui e a Umberto Terracini era stato dato il compito di organizzare un convegno nazionale del Pci a Bari.
Il Partito aveva deciso di organizzare l’evento in modo che tutti avessero lo stesso spazio, con i tempi contingentati; e la segreteria del congresso (Amendola e Terracini, appunto) avrebbe dovuto controllare questi tempi, con tanto di campanella.
I propositi erano buoni, ma già Togliatti partì male, con un intervento da un’ora e quarantacinque minuti. Il terzo giorno era previsto l’intervento di Di Vittorio: un pugliese di Cerignola, che per chi non lo sapesse dista meno di 100 km da Bari. La mattina di quel giorno la Dc fece tappezzare Bari di manifesti in cui si definiva Di Vittorio “microfono del diavolo“.
Arriva il momento di Di Vittorio al congresso: Amendola e Terracini sudano freddo, il segretario della CGIL è già in ritardo.
Ad un certo punto si sente un grande brusio nella sala: entra Di Vittorio, che ci mette tantissimo tempo ad arrivare al palco, perché tutti i baresi lo vogliono abbracciare, salutare, stringergli la mano.
Amendola lo sollecita a intervenire, e gli ricorda del tempo contingentato.
Di Vittorio esordisce così: “Care compagne e cari compagni, avete visto i cartelli della Dc? Dicono che sono il microfono del diavolo. Io invece mi sento microfono della mia gente, del mio popolo, dei miei cafoni e dei miei lavoratori! Solo di loro sono il portavoce!“. Immaginatevi la reazione della sala…
Dopo quarantacinque minuti Di Vittorio non accenna a smettere di parlare. Terracini e Amendola si consultano nervosi e si dicono: “E adesso chi glielo dice di smettere? Tu o io?“.
Non lo fece nessuno dei due, e Di Vittorio parlò sin quando ne ebbe voglia (forse è il caso di ricordare che Amendola, all’epoca dei fatti, era uno dei più alti dirigenti del Pci; e Terracini era stato nientemeno che Presidente dell’Assemblea Costituente).
A quella celebrazione in memoria del grande sindacalista, Amedola concluse il suo intervento dicendo: “Ora, se non eravamo in grado di interromperlo quando parlava ad un congresso, secondo voi eravamo in grado di dirgli come dirigere la CGIL?“.
Domenico Cerabona
@DomeCerabona