L’altra sera ero ad una cena al paese d’origine di mio papà, in Basilicata. Uno dei commensali era Mario (lo chiamerò così), erede di una famiglia di storici possidenti del paese.
A suo modo già solo la cena era la plastica rappresentazione della rivoluzione sociale avvenuta in questo paese: cinquant’anni fa sarebbe stato del tutto impossibile mettere Mario ad un tavolo con mio padre, figlio di contadini e braccianti (che dalla famiglia di Mario probabilmente affittavano il buco di 20 metri quadri dove vivevano in otto con annessi animali).
Per rendere ancora più paradigmatica la cena, parlando con Mario sono venute fuori le sue ‘origini’ politiche, fieramente fasciste, contrapposte a quelle altrettanto fieramente comuniste di mio padre.
In quel modo era possibile analizzare come in un laboratorio asettico le ragioni delle di divisioni ideologiche del ‘900. Da un lato Mario aveva bisogno di una proposta politica reazionaria che preservasse lo status quo; dall’altra mio padre aveva bisogno di uno strumento di emancipazione sociale.
Tuttavia la scena era anche un’occasione per rappresentare in maniera scultorea quanto le ideologie del ‘900 siano ormai superate: ora, infatti, che Mario e Prospero (mio padre) si confrontano con pari dignità, le vecchie contrapposizioni di classe non sembrano avere alcun senso.
E immediatamente mi ritrovo a pensare come, di fatto, insensate lo siano già da almeno trent’anni; da quando ad uno come me, figlio di un ex bracciante ormai emancipato, sono state concesse sostanzialmente le stesse opportunità che potevano avere i figli di Mario: una rivoluzione copernicana impensabile già solo negli anni ’60.
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Le ragioni per le quali, in questo Paese, siamo ancora attardati su contrapposizioni politiche antistoriche sono tante, ed è difficile analizzarle tutte in questa sede. Una cosa però è certa, a mio parere: è sbagliato dire che le ideologie siano finite. Sicuramente lo sono quelle ‘900; ma – soprattutto a livello europeo – ci sono delle offerte politiche ben chiare che saprebbero rappresentare chiaramente gli interessi e i valori attuali di Mario e Prospero.
È la divisione tra conservatori e progressisti europei, due famiglie politiche consolidate a livello continentale che però da noi fanno fatica a sfondare a causa degli strascichi della prima repubblica.
Lo scompiglio portato dalle ultime elezioni politiche, però, potrebbe spingerci verso un dibattito politico più “europeo”; almeno, così io mio auguro.
Chissà che alla prossima cena Mario e Prospero non discutano di PPE e PSE, invece che di fascisti e comunisti…
Domenico Cerabona
@DomeCerabona