
Questo racconto è una cretinata. Me lo dico da solo, non c’è problema. L’altro ieri son capitato sul sito de La Stampa, dove c’era un bell’articolo di Gian Antonio Orighi sul matrimonio di Andrés Iniesta, l’asso del Barcellona che si è sposato di recente. Tra gli invitati, vecchi amici e qualche compagno di squadra.
Lontano da qualunque pretesa letteraria (anche se indugio qui e là, non fatevi fregare: è e resta una cretinata), mi sono immaginato la conclusione del rinfresco, partendo dalla seguente domanda: “Ma l’avranno fatta, alla fine, la partita Scapoli-Ammogliati?”.
Spero vi diverta.
U.M.
Tu ci vai al matrimonio di Andrés?
Il sole non alza la polvere, ma la crea. Un sole ripetuto, giorni su giorni a picchiare con la tenacia e la durezza e la precisione di un vecchio maniscalco.
La Mancia di Cervantes era romantica, un tempo: capitava perfino di trovare un vecchio pazzo che odiava i mulini. Ma la Spagna decadente, oltrepassato il boom economico in cui si era trovata senza sapere come, né perché, non ha spazio per raffinatezze e letteratura.
La polvere di una terra difficile da coltivare, senza fabbriche e senza attrattive genera solo disoccupazione.
Una calura esistenziale, una siesta che dura decenni e decenni, da cui non si riesce ad uscire, né se ne ha voglia.
Dal paesino di Fuentealbilla qualche pullman di abitanti sta emigrando. Nulla di definitivo, è la fuga di un giorno. Oggi si sposa Andrés: qualcuno ci ha fatto le elementari, qualcuno ci abitava vicino. Nessuno lo ha mai menato, perché era impossibile. Timido, timido, timido. Occhietti bassi, voce bassa, postura dimessa. Vuoi anche menarlo, uno così?
Quasi quattrocento chilometri per guadagnarsi un po’ di mare. Manca il mare, a Fuentealbilla. Il mare risolverebbe un po’ di cose, ci sarebbe da fare.
Ma nessuno oggi pensa a questo: gli ombrelloni, i ristoranti, le osterie – il modo più semplice di sbarcare il lunario in un posto di mare è distante. Distante da qualche pullman di paesani spagnoli. Giacche e cravatte che vanno al matrimonio di Andrés.
A Tamarit, un pugno di chilometri da Tarragona, Andrés si sposa con Anna, una parrucchiera.
Il matrimonio, con rito civile, è una cosa privata. Lo lasciamo lì, col profumo del sale che arriva nelle vie.
Il banchetto è in un castello, e c’è un mare di gente. I tavoli son mischiati, i nomi son nel classico tabellone subito dopo la porta d’ingresso.
Come ad ogni matrimonio di questo mondo, si mangia come dei lupi e si beve come elefanti.
– “Andrés, la facciamo la partita scapoli-ammogliati?”. Chi è l’improvvido che urla dal fondo del salone?
– “Jorge, ti sembra il caso?“. Ines, la fidanzata di Jorge, lo guarda con la consapevolezza di chi sa di stare insieme a un idiota.
– “Ma guarda che gliel’avevamo detto. Solo che non ci credeva, ‘Non avete il coraggio’. Illuso. Lui non lo sa, ma gli han pure portato il cambio di vestiti“.
Ines alza gli occhi al cielo: ha già perso, quindi sbuffa.
– “No, no, dai, mia moglie va dall’avvocato già stasera se giochiamo a calcio adesso“.
– “Dai Andrés, che ti tocca fare il gol dell’ex!” lo incalza qualcuno dal tavolo.
– “Ho già guardato fuori, lo spazio c’è. Mica si incazzano se facciamo due corse sul prato, no?“.
Anna non capisce subito che le stanno rapendo lo sposo, ma per grazia di Dio ha molto senso dell’umorismo.
– “Andrés, ma dobbiamo fare le foto…“.
– “Amore, è un complotto“.
– “Gerard, gli hai portato maglia e scarpette, vero?“.
– “Xavi, ti pare?“.
– “Ecco, te li sei scordati!“.
– “Ti pare che mi son dimenticato?“.
Una risata di una dozzina di maschi sentenzia. Andrés è stato fregato. Dal pullman salta fuori un pallone, perfino di marca. Jorge e Gerard stanno passando tra i tavoli: “Chi viene fuori a giocare?“.
Tra qualche occhiata incredula, qualcuna scandalizzata e molte divertite, gente che risponde all’appello ce n’è.
Andrés è stato chiuso in bagno da Iker, un amico di Madrid:
– “Non posso conciarmi così oggi, Iker“.
– “Va bene. Allora non esci“.
– “Dai, non fare il cretino. Poi sudo da fare schifo, mica mi riesco a rimettere il vestito“.
– “Non è un mio problema“.
– “Ti ammazzo“. Andrés che minaccia, pensa te…
Iker ride come un matto. Intanto la ricerca prosegue. Felipe, vicino di casa di Jorge, è arrivato a un tavolo. C’è Carles, un capellone.
– “Tu giochi?“.
– “No, no, io no. Mi son fatto male a lavoro“.
– “E che ti sei fatto?“.
– “Eh, mi sono un po’ distrutto la gamba“.
– “Pesante! Ma ti hanno almeno pagato l’infortunio?”.
– “Sì, quello sì. Però ho dovuto saltare qualche impegno, tra operazione e fisio“.
– “Ah, quindi proprio roba seria“.
– “Eh, sì, stavolta ho fatto le cose in grande. Dai, casomai vi vengo a vedere“.
Di fianco al capellone c’è la giacca di Gerard, che oramai è in giardino in braghe corte.
– “Chi sei?“.
– “Ivan“.
– “Lavoro?“.
– “Vendo case“.
– “Sposato?“.
– “Purtroppo“.
– “Ehi!” (Veronica, la moglie, non l’ha presa bene).
– “Ruolo?“.
– “Mediano“.
– “Giochi?“.
– “Sicuro!“.
– “Oh, Gerard, guarda là. Quel nero sembra in forma, lo conosci?“.
– “Ah, sì, è Samuel. È un mio ex collega di lavoro, ma si è trasferito in Russia“.
– “Va beh, chissene. Ma gioca?“.
– “Prova a chiedergli. Guarda che però se la cava. Ed è sposato, quindi ce lo troviamo contro sicuro“.
Fuori, tra gente che si è cambiata e altri che si stanno arrotolando alla meglio le maniche della camicia, sono in diciassette.
– “Ma che numero è diciassette?“.
– “Ne troviamo un altro e facciamo nove contro nove”.
– “Aspetta, cerca di capire prima come siamo messi, che magari serve qualche ammogliato in più. Allora: Ivan, Xavi, Samuel. E siamo a tre. Ah, cazzo, dimenticavo il neoacquisto – Gerard urla verso il bagno – Iker, si è cambiato o no?“.
– “Sta arrivando, sta arrivando!“
Jorge prosegue la conta “Scapoli ci siamo io, Gerard, Cesc, Pablo, Sergi, Pedro e Iker. Poi ci sono anche Blas e Claudio, che ho trovato al tavolo dei parenti della sposa“.
Xavi, dal fondo del prato, si intromette: “Seh, va beh. Se poi le facciamo anche un po’ equilibrate magari ci divertiamo tutti“.
“Oh, giochiamo anche noi” Miguel e Andoni hanno due caratteristiche inequivocabili: pancetta e fede al dito, si dirigono verso la porta degli Ammogliati, realizzata con due sedie del ristorante.
“C’è ancora un posto?” pigola una voce prepuberale. È Santiago, un cuginetto di Andrés. Quindici anni lo mettono al riparo da qualunque disputa: Scapoli, senza dubbio.
A quel punto Xavi sbotta: “Allora, già siete molto, molto più forti. Poi siete anche il doppio“.
“Tranquillo, tranquillo” si appoggia il suo compagno Ivan “Adesso facciamo un po’ di calciomercato. Tipo, Iker: è scapolo ma mica poi tanto, sta con quella Sara da una vita, li ho visti in giro“.
“Oh, vacci piano che c’è già lei che vuole incastrarmi” si difende Iker.
“E si lamenta pure, con quel tronco di…“.
“Lascia perdere, Xavi – prosegue Ivan – Niente storie Iker, su, cambia campo. Che ruolo giochi?“.
“Mah, dai, oggi sto davanti“.
A quel punto Samuel si preoccupa: “Ma in porta giriamo?“.
L’amico Miguel stempera: “Ma sì, giriamo. Facciamo cambio a ogni gol subìto, va bene?“.
Intanto fa il suo ingresso Andrés. Non riesce a smettere di ridere, “Ma come mi avete conciato? Siete delle carogne!” protesta.
Mezzo ristorante si è spostato sotto il pergolato per godersi la scena. Cesc, che non perde di vista la matematica, esclama: “Gli Ammogliati sono ancora in otto. Nessuno gli dà una mano?“
“Senti un po’, Miguel – è Andoni a parlare – Ma quello lì, quello che parla argentino, secondo te gioca?“.
Miguel sbircia, poi fa una smorfia: “Ma chi, il nanetto?“.
“Sì, sì, il nanetto – Andoni si rivolge agli altri – Oh, è amico vostro quello piccolo?“.
“Ahia” sussurra Pedro a Sergi.
Sergi, che è un furbastro, mente spudoratamente: “Sì, è un nostro collega. Passa qualche volta in refettorio. Ma non c’ha il fisico…“.
Ma Ivan è sveglio, ha mangiato la foglia: “Beh, se non c’ha il fisico allora non c’è problema e lo prendiamo noi. Ehi pulce, ti va?“.
– “Ma… io… non lo so… magari non ne avete bisogno“.
– “Non fare il timido. Lì trovi i pantaloncini. In che ruolo giochi?“.
– “Di solito… di solito mi mettono davanti, ma non sono forte di testa. Comunque mi chiamo Lionel“.
Un sorrisone bonario si spalanca sul viso di Andoni: “Amen, Leo! Crosseremo basso!“.
Nei calici vuoti si consuma la festa, si perdono le risate e si costruisce la sera. Diciotto persone giocano, molti invitati li guardano, qualcuno si è imboscato con una bionda conosciuta da poco. Il caldo sfuma lo sfondo mentre si solleva dal suolo.
Nel caldo c’è gente che segna, gente che balla, gente che ride e gente che si ama.
Le vigne digradano sulle colline alle spalle, il mare è lontano ma si riesce a vedere.
L’estate benedice la festa e i suoi frutti, godendo di entrambi.