#Temoiltema 2013: la redazione di Tagli svolge il tema socio-economico della Maturità 2013

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I giornalisti di Tagli  ritornano sui banchi di scuola e si cimentano con le tracce del tema di maturità 2013. 
Ognuno ha scelto la sua preferita: prima Luca Romano (ambito tecnico-scientifico), poi Alessandro Porro (ambito storico-politico). La Tipologia C, il tema Storico, è stata appannaggio di Domenico Cerabona, mentre Commerciale ha scelto il tema di ordine generale. Andrea Donna ha dato qualche dritta su come interpretare Claudio Magris, e ora Umberto Mangiardi ci parla di Stato e mercato: il tema socio-economico.

2. TIPOLOGIA B: AMBITO SOCIO – ECONOMICO

ARGOMENTO: Stato, mercato e democrazia.

 

Il coraggio di fare meno

di Umberto Mangiardi

 

Nell’immaginario comune, il mercato è la bestia grama della società di oggi; lo Stato, il cavaliere senza macchia e senza paura. Vengono così foraggiate – e diffuse – le teorie più bulimiche, dove la spesa pubblica è la panacea di tutti i mali: uno a caso, Krugman. Ma quando ci si rifà a modelli oramai ancestrali – ché tutto, alla fine, si riconduce a Marx, e quindi al 1800 – ci si dimentica – come sottolinea Pirani nel testo proposto, che il mondo è cambiato. 

 

Da quando il barbuto amico di Engels tirò le sue conseguenze dalla realtà fattuale – una realtà dove le masse erano sì sfruttate e sottopagate, e lavoravano in condizioni economiche e sociali oltre i limiti dello spaventoso, tra la più profonda ignoranza e la più bieca soggezione – ci sono stati alcuni lievi cambiamenti: la dissoluzione degli Imperi, due guerre mondiali, Weimar, il ’29, tre totalitarismi (e mezzo: chissà perché Franco ce lo si dimentica sempre) nella sola Europa, i sindacati, la cortina di ferro, la guerra fredda con annessi e connessi (Corea e Vietnam), il new deal di Roosvelt, il piano Marshall, gli anni ’80 e gli yuppies, il muro di Berlino eccetera eccetera.

 

Ricondurre sempre, pervicacemente, la realtà a schemi elaborati su schemi concepiti ormai 200 anni fa lascia il tempo che trova. Anche se si adoperano tutti i correttivi del caso. Per la precisione, l’aspettativa di servizi che la popolazione ha da parte dello Stato è sensibilmente diversa, oggi, anche solo se paragonata al 1980.

Per questo motivo, prospettare la macchina pubblica come sorgente inesauribile di denaro – e soluzione dei problemi del mercato – non è più fattibile: lo Stato deve avere il coraggio di fare meno.

 

Il discorso sull’interventismo dello Stato nel mercato ci obbliga a confrontarci su un quesito: quali sono le prerogative essenziali di un sistema politico, di un sistema pubblico? Sicurezza, sanità, grandi opere pubbliche.

Non molto altro: il compito di creare un mondo meraviglioso non grava sullo Stato, perché lo Stato non ne ha le capacità.

Sul lato pratico, invece, la Storia testimonia e certifica che l’interventismo pubblico ha sempre avuto effetti; non sempre effetti benefici. Proprio collegandoci a quanto affermato sopra, e cioè alla crescente richiesta di servizi, si potrà facilmente intuire come sia impossibile tener testa alla crescente domanda di denaro che servirebbe per soddisfarli.

E una crescente domanda di denaro si traduce in una crescente (op)pressione fiscale: sostenibile – e poi ancora – in Paesi dove l’evasione è al minimo (è di oggi la cifra di 50 miliardi di euro evasi: molto, se si considera che la spesa pubblica totale ammonta a 723 miliardi di euro); insostenibile da noi, dove un terzo dell’economia è sommersa (e non sempre e non solo per colpa o disonestà degli imprenditori).

 

Queste sono – grossolanamente – le tesi della scuola di Chicago, di cui fa parte Luigi Zingales. Banalmente, si chiede il taglio radicale delle spese inutili (burocratiche, in primis) che ricadrà quasi totalmente nel taglio delle tasse: scopo del gioco, dare ossigeno a chi vuole fare impresa. Vengono dipinti come orchi che non vedono l’ora di lanciare a briglia sciolta la speculazione finanziaria. Non è così: è ovvio che, lontano dalle polemiche pubbliche – dove ci si dimostra sempre più radicali di quel che si è, e sicuramente di quanto serve, lo Stato dovrà prevedere forme assistenziali, ammortizzatrici, garantistiche (ed è qui il compito della politica).

 

Ma bisogna trovare il coraggio di delegare l’immissione di liquidità nel sistema al privato: lo Stato ha il compito di creare le migliori condizioni del sistema, di costruire il miglior teatro possibile. Ma la recita dev’essere compito degli attori: i cittadini.

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