Come sintetizza Marta, studentessa alla Facoltà di Lettere di Torino, “il test del MIUR prende a calci la formazione umanistica”. Effettivamente, leggendo le domande del quizzone viene spontaneo chiedersi se per insegnare sia necessario saper risolvere test da settimana enigmistica.
Si è conclusa l’altroieri la preselezione per partecipare al concorso per diventare professori, a cui hanno partecipato 264.423 candidati. Lo scopo del Ministero era scremare il numero degli esaminandi – e scrematura è stata, dato che hanno superato la prova 88.610 candidati, cioè circa il 33,5%.
Il quizzone proponeva cinquanta quesiti a risposta multipla, con quattro opzioni di risposta, composti da 18 domande di capacità logiche, 18 di comprensione del testo, 7 sulle competenze digitali e 7 sulla lingua straniera (a scelta fra inglese, francese, spagnolo e tedesco). I minuti a disposizione erano cinquanta e per superare la prova era necessario conseguire un punteggio non inferiore a 35/50. Solo uno su tre ce l’ha fatta, eppure tutte le domande sono state estratte da una batteria lasciata online a disposizione dei candidati nelle tre settimane precedenti alla prova (e sorvoliamo qui su quanto sia questa una prassi opportuna o meno).
Come temuto, le 18 domande di logica hanno portato in scena i diagrammi, il calcolo delle probabilità e domande del tipo: “Completare la seguente successione numerica: 104; 122; 96; ?; ?; 105; 122; 140” o “Il piccolo Federico gioca con 550 tessere colorate, tutte delle stesse dimensioni. Ha costruito con esse il quadrato più grande possibile; quante tessere ha avanzato Federico?”. È vero, molti di questi quesiti sono analoghi a quelli proposti nel programma di matematica delle scuole medie, ma Profumo e il suo team sono davvero certi che questo metodo permetta di valutare le competenze necessarie per poter insegnare – per esempio italiano o storia – nella scuola pubblica?
Al contrario, per le domande di lingua italiana il livello richiesto era estremamente basso: si chiedeva di spiegare espressioni come “meglio un uovo oggi che una gallina domani” e “salvare capra e cavoli”, o di completare “leggero sta a leggerissimo come grande sta a…” (con a seguire l’imbarazzante scelta fra a) più grande, b) contenuto, c) grandissimo, d) piccolo).
Unica nota di merito, la presenza di una sezione con domande volte ad appurare le competenze digitali del candidato, sempre più necessarie nella vita scolastica contemporanea. Per chi avesse voglia di farsi quattro risate (o di mettersi alla prova), ecco il link ufficiale dove si possono trovare le prove.
Ora, per chi concorre per uno dei 11.542 posti di ruolo disponibili e ha superato il quizzone, restano da affrontare le prove scritte di carattere disciplinare (il calendario sarà reso pubblico dal MIUR nella Gazzetta Ufficiale del 15 gennaio 2013) e una prova orale che prevede una simulazione di una lezione, oltre a domande motivazionali e di conoscenza di lingua straniera.
Ma non si può negare che di fronte a questo tipo di prove a risposta multipla il malessere dei candidati sia generale, assieme alla sensazione di partecipare ad una specie di videogame organizzato dal Ministero. Del resto, 322.000 iscritti non sono un alibi per poter trattare i futuri insegnanti come puri numeri – e rimandare così la verifica delle competenze didattiche e di contenuti al “secondo round” con le prove scritte.
Serena Avezza