
La crisi attraversata dalla Grecia negli ultimi anni è paragonabile per dimensioni alla Grande Recessione degli anni Trenta negli Stati Uniti. Il grafico che mostra questo dato inquietante è stato presentato al Congresso americano dall’American Enterprise Institute, un think tank tutt’altro che pro-Syriza, dato che è schierato su posizioni conservatrici vicine a quelle dell’ex presidente George W. Bush.
C’è, però, una differenza non banale: il governo di Franklin Delano Roosevelt non si sognò minimamente di somministrare a una società devastata da disoccupazione e crolli salariali una medicina intrisa di austerità. Il presidente, al contrario, varò il New Deal, un monumentale piano di investimenti pubblici, con l’obiettivo di dare un lavoro a chi non l’aveva.
Lo Stato intervenne nell’economia senza preoccuparsi di aumentare il deficit, perché, come insegna Keynes, nei periodi di contrazione dell’economia per ottenere la crescita è necessario stimolare la domanda (ad esempio i consumi), anche a costo di sostituirsi all’iniziativa dei privati.
E badate bene: Roosevelt attuò il New Deal in un Paese che appena sente parlare di spesa pubblica grida subito al socialismo e al comunismo.
Oggi, però, questo progetto sarebbe considerato quasi sovversivo, qui nel nostro continente. Mentre negli Stati Uniti Obama aumenta i salari, garantendo il pagamento degli straordinari anche a chi non ne aveva diritto, in Europa, patria dell’economia sociale di mercato (quella che, per intenderci, ci ha garantito per decenni prosperità e servizi pubblici gratuiti o quasi), ci ostiniamo invece a pretendere ulteriori tagli e sacrifici, sperando che un giorno arrivi a salvarci la cavalleria dei privati.
Lo dite voi ai greci che devono stringere ancora un po’ la cinghia, nonostante stiano vivendo all’interno di un romanzo di Steinbeck?