Tutti vogliono togliere le tasse, ma nessuno ci riesce. Imu, Iva, Irap, cuneo fiscale, tutte promesse elettorali che il governo di larghe intese (sembrava agli sgoccioli) non ha fatto altro che rimandare di qualche mese. Tutti sanno che il motivo per cui questo governo ha traballato non è la mancata abolizione dell’Imu, ma la condanna di Berlusconi. Perché l’Imu, ora come ora, non si può togliere. E il motivo è il Patto di Stabilità e Crescita europeo.
Il Patto di Stabilità, è lui il famigerato colpevole della frase «Ce lo chiede l’Europa!», che legittima ogni nuova tassa introdotta dal governo Monti in poi (di fatto anche l’Imu). Ma che cos’è?
Il patto di Stabilità, o Trattato di Amsterdam, è un accordo sottoscritto nel 1997 dai paesi membri dell’Unione Europea, riguardo al controllo delle rispettive politiche di bilancio pubbliche, al fine di mantenere fermi i requisiti di adesione all’Unione Economica e Monetaria dell’Unione Europea. (Wikipedia dixit)
In soldoni, ci sono due requisiti che i paesi dell’Eurozona devono seguire:
- Deficit pubblico non superiore al 3% del Pil (disavanzo annuale dato da spese pubbliche superiori alle entrate/PIL)
- Debito pubblico sotto al 60%, o tendente al rientro (rapporto debito pubblico/PIL)
Chi sfora questi parametri, subisce sanzioni da parte della Commissione Europea. Per intenderci sui numeri, l’Italia è attorno al 3% di deficit, la Francia al 4,8% e la Germania ha un avanzo dello 0,2%. Riguardo al debito, il nostro 130% lo supera solo la Grecia al 160%. Se volete giocherellare coi numeri, qui c’è un simpatico grafico della Bbc.
Certo, il Patto è stato concepito per assicurare stabilità economica e disciplina alle economie europee prima di condividere la moneta unica. Ma le critiche si sollevarono già primi anni (Prodi lo definì “inattuabile”, pur condividendone le motivazioni).
Il reale motivo per cui il Patto va superato lo ha però spiegato il Ministro dello Sviluppo Flavio Zanonato: «Se si allenta il patto di stabilità, si rimettono in moto tutta una serie di iniziative perché così si fa circolare più denaro, si riattivano i consumi e la produzione».
Il Patto di Stabilità in questa crisi economica non è solo un peso che frena la crescita, ma un vero e proprio danno. La nostra è una cosiddetta “crisi della domanda” – come lo fu la crisi del ’29 – non nelle origini ma nelle conseguenze: un calo di consumi generale, dovuto ai minori redditi delle persone, che conducono a minori investimenti da parte delle aziende, che a sua volta conducono a disoccupazione e minori redditi delle persone.
Un circolo vizioso che si autoalimenta, a cui il governo deve mettere un freno. Come? Ecco la formula magica:
Y=C+I+G+Nx
Gli studenti di economia la riconosceranno: questa è la formula della domanda aggregata di Keynes, dove Y è il reddito/Pil, C i consumi, I gli investimenti privati, G la spesa pubblica e Nx le esportazioni al netto delle importazioni. Ora: un calo di Y (cioè della domanda aggregata), come si fronteggia?
- Aumento dei consumi, attraverso una diminuzione delle tasse.
- Aumento degli investimenti privati, abbassando i tassi di interesse.
- Aumento spesa pubblica.
- Aumento esportazioni, abbassando il tasso di cambio.
Le singole nazioni dell’Euro non hanno oggi nessun controllo su tasso di cambio e tasso di interesse, perché in mano alla Bce (politiche monetarie).
Allora gli unici strumenti di politica economica a disposizione degli Stati sono tasse e spesa pubblica (le famose politiche fiscali). Strumenti che però creano deficit e debito pubblico, e che quindi sono limitati dal patto di Stabilità. Cosa rimane in mano ai governi, se si idolatra il patto di Stabilità ? Niente.
Non supereremo la crisi togliendo tasse e mettendone altre. Abbassare deficit e debito è legittimo e doveroso, ma non in tempi di crisi. Quello è il momento dove bisogna iniettare liquidità nel sistema, anche a costo di alzare il debito nel breve periodo, per avere Pil in crescita e debito in caduta nel medio e lungo periodo.
Il patto è stato pensato quando si pensava che le crisi della domanda non fossero più possibili. Oggi quel Patto è dannoso. Saremmo potuti uscire dalla crisi già da molto tempo, con l’esempio di Usa e Giappone. Non supereremo mai l’austerity se il Patto di Stabilità non verrà riscritto, o rimandato al giorno in cui il Pil dell’Eurozona riprenderà a crescere. Una data che, oggi, pare da destinarsi.
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