
Durante il 2013 spesso ci siamo ostinati a sottolineare l’importanza delle prossime elezioni per il Parlamento Europeo, che si terranno nella primavera di quest’anno.
Sinceramente il desiderio era di smuovere un po’ le acque; speravamo di contribuire a far nascere, nell’opinione pubblica italiana, la consapevolezza di quanto sia cruciale decidere da chi e come verrà guidata l’Unione Europea nei prossimi cinque anni. Tanto più che quest’anno, per la prima volta, sarà possibile influenzare anche la formazione della Commissione Europea, tramite il Parlamento, perché il PSE ha indicato Martin Schulz come Presidente della Comissione nel caso di una maggioranza socialista a Strasburgo.
Purtroppo mancano pochi mesi alle elezioni, che ricordiamo si terranno in tutta Europa dal 22 al 25 maggio 2014, e il dibattito politico italiano è rimasto totalmente miope e provinciale, con scarsissima attenzione verso l’appuntamento continentale, citato solamente per quanto concerne sterili polemiche sulle candidature.
È importante capire che quelle di maggio potrebbero essere elezioni decisive per il futuro dell’Unione Europea: essa è sull’orlo del collasso, soprattutto per quanto riguarda il rapporto con i suoi stessi cittadini. È inutile nascondersi dietro ad un dito: l’Unione Europea ha fallito quasi tutte le sfide in cui è incappata negli ultimi anni. A partire dalla crisi economica, certo, ma non solo. Non c’è quasi nessun argomento verso il quale la Comunità riesca ad esprimersi in maniera compatta e riconoscibile. Troppo spesso gli Stati Membri agiscono indipendentemente, senza elaborare una strategia comune.
In un mondo sempre più governato da macrosistemi (pensate solo al “cartello” composto dai BRICS) questa mancanza di strategia comune non fa altro che indebolire i singoli stati che compongono l’Unione. Costoro, se marciassero compatti, avrebbero tutti gli strumenti per rispondere al meglio alle sfide del nuovo ordine mondiale, potendo contare su un potenziale estremamente eterogeneo ed una base socio-culturale tutto sommato unitaria.
Le elezioni del Parlamento Europeo di maggio sono importanti proprio perché a causa degli errori commessi dall’Unione (e soprattutto a causa di come l’Unione è stata costretta a comportarsi da alcuni stati membri: pensate solo all’atteggiamento avuto dalla Germania nella vicenda del salvataggio delle Grecia; o quello della Francia nella vicenda della guerra in Libia) l’opinione pubblica ha sviluppato, influenzata ad arte da populisti e demagoghi, una crescente avversione verso il concetto stesso di Europa, parola vista come sinonimo di tasse, regole rigide, tecnocrazia.
Potrebbe dunque capitare qualcosa di paradossale: uno sbarco nel Parlamento di Strasburgo di un numero per la prima volta davvero importante di partiti euroscettici, con programmi che parlano esplicitamente di abolizione dell’Euro, di ritorno indietro rispetto all’integrazione europea, di una nuova politica di circolazione di merci e persone all’interno dell’Unione.
Una tale evenienza potrebbe trasformarsi in una catastrofe per il progetto stesso di Comunità Europea, specie se unita al tiepido sentimento verso l’Unione di paesi importanti come Gran Bretagna (storicamente isolazionista ed a suo agio esclusivamente a braccetto con lo Zio Sam) e Germania (i cui freni inibitori sono aumentati nell’ultimo ventennio, non del tutto a torto: fatto sta che i tempi di Willy Brandt e di Helmuth Kohl sono lontani).
L’Europa – che, a beneficio degli smemorati, è e resta l’unico motivo per cui il continente è in pace dal 1945, è il motivo per cui possiamo viaggiare e goderci esperienze come l’Erasmus, è l’occasione tramite cui Paesi tuttosommato piccoli ed in declino geopolitico possono ancora far sentire la loro voce – è invece un progetto che ha bisogno di essere rilanciato, riscoperto e ristrutturato profondamente. È e rimane l’unica speranza per un continente che altrimenti finirà per essere schiacciato dai colossi che lo circondano.
Domenico Cerabona @DomeCerabona