Oggi, in seguito ad una donazione di due signori conosciuti al seggio delle primarie, è capitato in mano a mia madre un “Almanacco del PCI” degli anni ’70.
Come usanza del tempo, sulla terza copertina c’era tutta la gerarchia del partito: Segreteria, Direzione e Comitato Centrale. Mia madre si è messa a leggere ad alta voce quei nomi e le sono venuti i lucciconi.
Ecco: scene come questa spiegano, almeno in parte, le ragioni della sconfitta di Renzi. Il sindaco di Firenze, soprattutto negli ultimi giorni di campagna elettorale, si è scagliato contro la tradizione della sinistra italiana. In particolare, i suoi sostenitori parlavano con disprezzo dei “comunisti” e del loro modo di fare.
Ma purtroppo per Renzi (io dico “per fortuna”) è forte, fortissima, la tradizione comunista, anche e soprattutto nel Partito Democratico. Chi ha votato non ha potuto non notare l’età (e la formazione) dei volontari ai seggi: quasi tutti “vecchi compagni”, che non hanno mai davvero rinnegato la loro tradizione – e d’altronde, perché dovrebbero?
Era evidente in particolare che l’elettorato non giudicava la candidatura di Renzi dal punto di vista politico, bensì avevano un forte giudizio negativo sull’approcio umano del promotore della rottamazione.
Chi non ha militato nel PCI, o non ha sentito raccontare dai propri genitori cosa ha rappresentato per molti cittadini la militanza nel Partito Comunista, continuerà a non cogliere questa sfumatura: e continuerà a sbagliare clamorosamente il taglio della propria campagna elettorale.
Domenico Cerabona
@DomeCerabona