Non so se avete colto la serietà di quanto successo ieri nella riunione del PPE. La trappetta inflitta a Berlusconi del vertice del Partito Popolare Europeo firmata dal suo presidente in persona, Wilfried Martens, ha fatto ridacchiare molti.
Costoro si sono fermati alla superficie, allo sgarbo dei dirigenti internazionali nei confronti del sempre più isolato Silvio, perpetrato per mezzo di un Mario Monti spuntato a Bruxelles come un finferlo dopo una pioggia abbondante.
Mario Monti che, in tutta la sua algida compostezza, ha ricevuto un’investitura dall’alto, dall’Europa in persona: il cavallo su cui puntiamo sei tu. Un impacchettamento della questione politica italiana fatto da democristiani (europei), nella maniera che tanto piace ai democristiani: uno showdown sibillino, formale, ineluttabile, inoppugnabile. Tutti contro uno, e quell’uno colle spalle al muro.
Non c’è molto di positivo, in tutto questo: un sollievo sadico nel vedere il vecchio leader sostanzialmente umiliato – ma forse questo dovrebbe far porre alcune domande sulla maturità del corpo elettorale italiano, incapace di dare chiari segnali di cambiamento, di sostenere un’alternativa, salvo poi godere più o meno sottoveste quando altri fanno il lavoro sporco.
Forse anche la costrizione, sempre per mano europea, nei confronti del centrodestra italiano, obbligato ad assumere forme e modi più seri e decorosi, cercando di somigliare sempre più al nuovo pastore (Monti) che al vecchio padrone.
Una maturazione che può solo giovare, sia alla destra che alla sinistra.
Nonostante questo, c’è da preoccuparsi: innanzitutto per una endemica mancanza di midollo spinale da parte tanto della destra che del centro italiani. Non sono riusciti a scrollarsi di dosso Berlusconi, non sono riusciti a ritagliarsi un proprio spazio quando il proprietario si è fatto da parte, non riescono a consigliarlo adeguatamente ora, non riescono (qui l’Udc) a decretarne una fine politica al di là di quella personale.
C’è da chiedersi come farà Monti a far fruttare un così misero gruzzolo di talenti, se non imponendo le proprie personalità e visione di insieme su un gruppo di parlamentari da trattare a questo punto come meri esecutori in Parlamento delle direttive governative – yes men prima, yes men dopo.
In secondo luogo, per una credibilità dell’ipotetico Governo Monti II: come potrebbe farsi supportare da una maggioranza Pdl + Udc che non solo è responsabile dell’ultimo decennio, ma che in buona parte non ha nemmeno rinnegato né il tempo passato né il suo leader? Una maggioranza che più o meno sostanzialmente continuerebbe ad essere guidata dal patrimonio Fininvest?
Terzo: il Governo Monti attuale è stato politicamente accettato in quanto “apolitico” e “tecnico”. La partecipazione di Monti a quel vertice sconfessa questa etichetta, dichiarando formalmente (sostanzialmente, qualcuno lo aveva per così dire subodorato) di appartenere a quella determinata corrente e mirare – dovesse candidarsi come Presidente del Consiglio – a quel preciso bacino elettorale.
Via la maschera, via l’ecumenismo, via la solidarietà nazionale: il tutto, tra l’altro, per far nascere una destra più elegante ma sostanzialmente sempre sbagliata, una destra legata a doppio filo con l’elettorato cattolico, con tendenze sociali (quindi, con una finestra sull’estremismo alla Storace, che avrà sempre una ragion d’essere, seppur limitata e magari extraparlamentare), burocratica e conservatrice nel senso più deleterio del termine. Di liberalismo, al solito, manco l’ombra.
Infine, la tracotanza delle istituzioni europee: la trattatistica farraginosa, la mancanza di rappresentatività, le politiche confuse dedicate ad ambiti marginali non hanno impedito ai vicini di casa di suggerire il nostro futuro amministratore di condominio.
Una ingerenza sinceramente poco tollerabile, anche per un europeista: in assenza di una formalizzazione giuridica una mossa del genere è una gravissima mancanza di riguardo nei confronti dell’Italia, che è pur sempre membro fondatore dell’Unione Europea – e non c’è Berlusconi che tenga, merita rispetto: chi gioisce per lo sgarbo arrecato è perché antepone il livore contro Berlusconi al rispetto verso il proprio Paese, e di costoro non abbiamo bisogno né per abbattere il vecchio né (tantomeno) per costruire il nuovo.
Umberto Mangiardi
@UMangiardi