Serie A 2013-2014: i nostri pronostici

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Non ho resistito alla tentazione di sbagliare i pronostici: oggi parte la Serie A, e di analisi sulle rose e sui calendari delle varie squadre italiane ce ne sono a bizzeffe.
Incuranti dell’overbooking, ci buttiamo anche noi nei vaticini. A nove giorni dalla fine del mercato, la situazione è fluida: tutto può cambiare. Ma per ora abbiamo diviso le 20 partecipanti in quattro blocchi piuttosto omogenei.

QUELLI CHE LOTTERANNO FINO ALLA FINE:

Paul-PogbaJuventus: parliamoci chiaro, possono perderlo solo loro. Erano già forti, si sono trovati un fenomeno nel corso dell’anno scorso (Pogba) e ne hanno acquistato mezzo nel mercato estivo: Tevez non è un fuoriclasse, ma ha la carogna nel dna. Non è tutto oro quello che luccica, ma per trovare un difetto bisogna pensarci almeno un paio di minuti: Llorente è forte, è un attaccante di peso europeo, ma se in squadra nessuno è capace di cross decenti da fondo campo rischia di essere piuttosto inutile; la cessione di Giaccherini va in qualche modo rimpiazzata (paradossalmente, sarebbe quasi più utile il jolly Marquinho di Zuniga, che peraltro è più forte); il calendario iniziale è semplicemente terrificante. Se qualche bianconero sogna la Champions, si svegli al più presto: se va di lusso, semifinale (ma devi trovare ai quarti Babbo Natale); se va male, ottavi e ancora grazie.

Napoli: ovvero, come distruggere il tempio e ricostruirlo in tre giorni. Blasfemie a parte, sul golfo hanno rinunciato a due delle tre certezze che avevano, l’allenatore e il centravanti (strapagato e giustamente sacrificato: per quella cifra andava portato a Parigi in motocarro). Hanno in panchina un tecnico episodico, nel senso che ha vinto competizioni dove conta fare tutto giusto in un momento molto preciso, ma è stato disastroso nel gestire stagioni lunghe, sia a Valencia che al Liverpool. L’attacco partenopeo è di livello internazionale, i tre trequartisti che schiererà Benitez faranno sfracelli. La difesa invece non è da scudetto, ha cambiato modulo e ha perso uno dei leader carismatici (Campagnaro). Reina in Inghilterra faceva una papera ogni due mesi e mezzo: solo in questo senso, era una certezza.

Milan: a dispetto di tutti e tutto, probabilmente arriveranno terzi. El Shaarawy è già adesso un grandissimo giocatore (ricorda un po’ Montella), Balotelli ha mezzi tecnici e atletici devastanti – accompagnati da un’antipatia che nemmeno Pippo Franco ai bei tempi. I problemi iniziano a metà campo, dove Boateng non può essere tenuto fuori per non deprezzarlo ulteriormente e un trascinatore come Ambrosini non verrà rimpiazzato da De Jong, che è un fabbro ferraio ma non ha la statura dell’ex capitano. La difesa è de paura: Mexes, che pure le doti le ha sempre avute, si concede una mezza pausetta di tanto in tanto, Zapata si è terribilmente involuto dal promettente centralino che era in Friuli, Abate è un terzino sopra la media. Nei preliminari di Champions è bastato puntarli in velocità per immergere Allegri nella trama di Nightmare. La nota (molto) positiva del comparto arretrato è De Sciglio: ha tutto per essere un giocatore fondamentale per i prossimi 15 anni.

Fiorentina: resteranno fregati anche quest’anno, temo. Principalmente perché di solito i miracoli non si ripetono. Vero è che i viola si sono attrezzati, prendendo l’attaccante più regolare tra quelli giunti in Italia. Gomez non ha l’estro di Tevez o la classe di Higuain, ma segna come una timbratrice: gol facili, a centro area, appoggiando il pallone con un piatto destro. Ma ne fa venti a stagione, e quelli pesano. Cuadrado sta confermando la sua crescita, ed il gol-spaccaporta che ha segnato contro il Grasshopper dimostra che il progetto di diventare un giocatore da semifinali di Champions League sta proseguendo bene. Ma allora, dov’è l’inghippo? Anche qui, la difesa; e poi un portiere che pare un citofono; e poi Giuseppe Rossi che ci metterà parecchio a tornare tonico ed esplosivo; e poi i guai di Pizarro e le primavere di Borja Valero (una squadra del genere, senza regista ispirato, cigola assai).

SOPRA LA MEDIA, MA SOLO PERCHÉ LA MEDIA È BASSA

Lazio: a livello di motivazioni, si sono messi a posto per i prossimi cinque anni battendo la Roma in finale di Coppa Italia, a conferma del fatto che cambiare mentalità a una tifoseria e in generale a un ambiente è impresa titanica. Il mercato ha portato buoni giocatori, completamente senza senso. L’idea di giocare con tre registi va bene finché si tratta di videogiochi, dove il pivello sfrutta le saette da distanza siderale per purgare l’amico che sa giocare meglio di lui. Nella realtà, è un errore da dilettanti, difatti la Juventus ha simpaticamente passeggiato nella finale di Supercoppa. In secondo luogo: Klose. È uno spettacolo, un atleta eccellente con intelligenza calcistica sopraffina. Provate a guardare una partita dei biancocelesti: non sbaglia un movimento, un taglio, un posizionamento. È uno di quei giocatori da filmare con la telecamera dedicata e far vedere nei settori giovanili: la prima punta si fa così. Disgraziatamente, il crucco non è immortale, e dopo di lui c’è il diluvio. Infine, ma è un suggerimento volante, Hernanes potrebbe decidere di giocare anche il girone di ritorno, così, per provare l’effetto che fa. Spiace per Petkovic, che è uno dei personaggi più signorili di tutta la Serie A: ce ne fossero, come lo slavo.

Roma: altro guazzabuglio. Hanno venduto Osvaldo, che al netto delle mattane è un gran giocatore; hanno monetizzato Marquinhos (e vorrei vedere); hanno silurato Lamela – per una valanga di soldi, sì, ma era un altro bel campioncino. Resta il totem-Totti (altro indice, complessivamente, di provincialità), l’altro totem De Rossi, una difesa che a leggere i nomi (Balzaretti-Benatia-Burdisso-Maicon) è di tutto rispetto. Questi dati, uniti al primo allenatore un minimo serio da tre anni a questa parte, fanno subodorare un cambiamento di tendenza: non vinceranno il tricolore, ma se non vanno in crisi isterica a novembre potrebbero togliersi delle soddisfazioni. Hanno comprato un fenomeno (Strootman) e una mezza cartuccia (Gervinho): non basta, e infatti arriverà qualcuno.

Parma: chi si rivede! A centro classifica la differenza la fanno gli attaccanti, e i ducali hanno una delle migliori coppie del campionato, almeno sulla carta: quello che la passa e quello che la butta dentro. Il resto della rosa è ordinato, pur senza avere nessuno in grado di spaccare la partita. Rischia di essere una delle sorprese della stagione.

Inter: Mazzarri è chiamato al miracolo. Deve cucinare una torta multipiano entro maggio e per il momento in cucina ha solo della farina e un sacchetto di cozze. Lo hanno visto vagare per Appiano Gentile vaneggiando “Il mio regno per un esterno“, ma in indonesiano questa frase significa “Tranquillo dottò, ci penzo io“. Rischiano di fare peggio dello scorso anno: la squadra ha sempre fallito con la difesa a tre (e Mazzarri gioca con la difesa a tre), non ci sono ali di buon livello (e Mazzarri semplicemente ci fonda il suo gioco), Kovacic rischia di essere incenerito dalla responsabilità (ma se ne vien fuori, abbiamo trovato un campione) e Belfodil e Icardi faranno tanta tanta tanta panchina non appena risorge Milito. Cambiasso dovrebbe essere retrocesso riserva, ma negli spogliatoi della Pinetina tira una brutta aria: mettersi contro i mammasantissima non è una buona idea.

Udinese: Di Natale sì o Di Natale no? Su quest’altalena, come ormai da tre anni, si sviluppa la parabola dell’Udinese. Quest’anno il sacrificato è stato Benatia – sacrificato non per salvare i bilanci, che sono paradisiaci, ma più prosaicamente per ingrassare il portafoglio della famiglia Pozzo: infatti, tutti magnificano la gestione bianconera, ma sbagliano. L’Udinese non è una squadra di calcio, è un’azienda che deve generare utili possibilmente vertiginosi. I tifosi vengono sistematicamente dimenticati, e infatti non son mai stati gratificati nemmeno da una Coppa Italia: sportivamente parlando, è quanto di più negativo si possa immaginare. Per questo, un modello molto più virtuoso lo abbiamo a Napoli, dove si coniugano bilanci a posto e crescita sportiva. L’anno prossimo sarà quindi il turno Muriel (che in questa stagione si consacrerà). Occhio anche ad Allan e Badu, che stan crescendo bene, ma difficilmente i friulani raggiungeranno l’Europa. E questo potrebbe far cambiare qualche piano.

MARE DELLA TRANQUILLITÀ

alessio cerciTorino: a dispetto dell’attitudine a piangere miseria del popolo granata, quest’anno la squadra c’è ed ha un senso. Ci sono giocatori confermati (Cerci) e giovani di belle speranze (Immobile, Larrondo, El Kaddouri). La querelle-Maresca si poteva evitare: se c’è un qualcosa su cui la piazza non può transigere è un affronto in un derby. Gli si chiede di ingoiare il rospo per un centrocampista più che discreto, ma a fine carriera. In ogni caso: salvo isterie, il campionato sarà oltremodo tranquillo, con la salvezza raggiungibile con ampio anticipo.

Cagliari: discorso facile, qui. Se Cellino tiene i migliori/li sostituisce adeguatamente, il campionato sarà una passeggiata; diversamente, le cose si complicheranno assai. Paiono in effetti definitivamente respinti gli attacchi al portiere Agazzi, al mediano Nainggolan, alle punte Pinilla e Ibarbo. Astori invece probabilmente partirà. La difesa, pur non annoverando grandi nomi, è da salvezza; il centrocampo pure. L’attacco, forse – , nel senso che è un rischio affidare tutto il proprio potenziale sull’estro di Ibarbo: fa gol da funambolo, ma proprio per questo deve essere in giornata.

Sampdoria: fari puntati su Gabbiadini, che può davvero consacrarsi in una piazza calda ma non esasperata. L’arretramento di Palombo a centrale di difesa pare definitivo, mentre Pedro Obiang rappresenta un gioiellino. L’assenza di Poli si farà sentire.

Genoa: potrebbero andare oltre le aspettative. Non tanto per il ritorno di Gilardino, quanto per l’acquisto di Lodi, un giocatore che dà ordine alla squadra e garantisce 7-8 gol da calcio piazzato ogni stagione. Non ha venduto Kucka ed ha preso Gamberini in prestito dal Napoli. Si farà sentire l’assenza di Frey: Perin è bravo, ma ha chiuso il campionato scorso con una media di tre gol subiti a partita: bisogna vedere quando non avrà più l’attenuante di una difesa ridicola a proteggerlo.

Atalanta: i bergamaschi contano su due certezze, Bonaventura e Denis. Se il secondo va in doppia cifra, non ci saranno problemi. Nessun botto di mercato, ma molta concretezza: Livaja è un bel rincalzo, De Luca ha ben impressionato l’anno passato, Maxi Moralez come panchinaro è quasi un lusso. Soprattutto, hanno un gran bel portiere (Consigli) che in qualche gara farà la differenza.

Chievo: per il rotto della cuffia si salveranno anche quest’anno. Manca Cofie, che l’anno scorso ha dato molto equilibrio ed è tornato a Genova sponda Grifone. È rimasto invece Thereau, che con Paloschi forma una discreta coppia. Interessante anche Samassa, attaccante, ma vedrà poco il campo. Radovanovic, invece, non sta mantenendo le promesse di gioventù.

SI SALVI CHI PUÒ

Bologna: chi segna? Il Bologna si salva se risolve questo problema, diversamente no. Bianchi e Acquafresca non sono abbastanza, e la simpatia di Moscardelli non porta punti. Poggiare tutto su Diamanti non è possibile, a maggior ragione adesso che è andato via anche Taider. Punto di forza è Pioli: l’allenatore è tra i migliori della bassa classifica, e meriterebbe una grande (o almeno una media, come la Roma).

Sassuolo-Festa-1

Sassuolo: non è come il Pescara dello scorso anno, e non finirà nel bestiario delle squadre inguardabili. Il Sassuolo ha due vantaggi: il presidente ricco e ben immanicato (è il Signor Mapei, il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi); una partnership importante con la Juventus (nonostante la fede milanista di Squinzi). Per questo sono arrivati in Emilia il golden boy Zaza, il reietto Ziegler e il primavera Chibsah. Resta poi in neroverde il talentino Berardi, che ha fatto vedere egregie cose. Certo il salto di categoria resta importante, ma il Sassuolo non sarà carne da macello.

Verona: Luca Toni è ancora un giocatore di calcio? In una Fiorentina che girava come un orologio, i suoi gol li ha fatti, ma in una neopromossa? È arrivato Longo dall’Inter con il quasi obbligo di giocare, e tutto fa pensare che il sacrificato sarà Cacia, capocannoniere in B l’anno scorso: scelta discutibile. Hanno qualche nome esotico in rosa, ma dovranno lottare. Nota di colore: Andrea Mandorlini ha vinto una sola partita in Serie A, nonostante abbia già allenato Atalanta e Siena per spezzoni di campionato.

Livorno: Paulinho è forte, ma non abbastanza da reggere tutto il peso della squadra su di sé. Il presidente Spinelli ha (ri)preso un paio di giovani dall’Inter che non bastano. La rosa è corta ed è forse l’organico più debole di A.

Catania: stupisce posizionare qui i rossoazzurri, ma è una scelta motivata. Hanno venduto il geometra e l’estroso della squadra, Lodi al Genoa e Gomez in Ucraina. Bergessio è una punta che crea spazi ma segna poco, Maxi Lopez è praticamente fuori squadra. Barrientos e Castro sono chiamati a un superlavoro, ed è su di loro che conta il presidente Pulvirenti – oltre che su una solida amicizia con Galliani e Lotito, non solo per questioni di mercato.

Umberto Mangiardi
@UMangiardi

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