Perché io sono il Presidente, ma lui è il Boss.

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Ormai lo avrete capito, io adoro il Boss. Ma non è un’adorazione irrazionale – non solo, quantomeno. Ho anche motivi ragionati, figli di un percorso razionale. L’ultimo in ordine di tempo è il suo comportamento, come ha partecipato a questo ultimo mese di campagna presidenziale USA. Ma facciamo un passo indietro.

Nel 2008 Bruce Springsteen ebbe un colpo di fulmine per quello che sarebbe stato il primo Presidente nero della storia americana. Si può dire che gli dedicò l’album “Working on a dream”, un vero e proprio manifesto di speranza consegnato nelle mani di un candidato che della parola “Hope” (speranza, per l’appunto) aveva fatto il suo cavallo di battaglia. La speranza di tirare gli Stati Uniti fuori dal fango. Springsteen sostenne Obama durante tutta la campagna, accompagnandolo in lungo e in largo con concerti appassionati e discorsi strappalacrime.

Fu un trionfo e Obama ripagò l’impegno di uno dei più grandi rocker di tutti i tempi nella maniera più eclatante: lo fece suonare in occasione della sua cerimonia di insediamento alla Casa Bianca – non so se mi spiego…

Quattro anni dopo, però, le cose erano cambiate. La crisi aveva colpito duro in America, e aveva colpito duro proprio su quella working class di cui Bruce Springsteen riesce a interpretare bisogni ed esigenze come nessun altro. Anche questa volta il Boss esce con un disco, ma è un disco duro: il sogno del 2008 ha lasciato spazio alla rabbia contro i “banchieri che ingrassano mentre i lavoratori fanno la fame”. L’album si chiama “Wrecking ball”. come la palla che serve per le demolizioni edilizie. Springsteen è incazzato, diciamo le cose come stanno. Ed è incazzato anche con Obama, colpevole, secondo lui di non aver fatto abbastanza per ridurre il potere dei grandi poteri finanziari di Wall Street.

Quando parte il suo tour mondiale a Madrid, il Boss fa affermazioni pesanti, dice di sentirsi più vicino al movimento di Occupy Wall Street che a Obama. Certo non arriva mai al punto di affermare che non voterà nuovamente il Presidente democratico; ma fa un annuncio che, sono sicuro, ha fatto passare più di una notte insonne a Obama e ai suoi: il Boss afferma che non sosterrà il Presidente nella sua campagna. Obama sceglie quindi una canzone dei Coldplay come intro personale ai suoi “comizi” e il Boss continua il suo tour mondiale.

I sondaggi però si fanno sempre più preoccupanti, lo sfidante Repubblicano Romney si fa sotto e la vittoria di Obama è messa in forte dubbio, sono necessari i voti dei cosiddetti “swing states”, ovvero gli stati indecisi che faranno la differenza in quello che ormai tutti gli analisti indicano come un testa a testa. In particolare sembrano fondamentali i voti degli elettori dubbiosi e, soprattutto, i voti delle donne. Le donne infatti, se convinte a recarsi a votare (cosa niente affatto scontata negli USA), sicuramente voteranno per Obama, viste le incredibili posizioni sessiste di Romney e Repubbicani, soprattutto sul tema dell’aborto.

Obama comincia allora a corteggiare il Boss, che sa parlare all’America vera (cioè quella che spesso non va a votare) e – soprattutto – è amatissimo dalle donne. Improvvisamente, a conclusione della serata della sua “nomination” a candidato dei Democratici (una passerella e niente più, visto che – ovviamente – non vi erano altri candidati), si sentono le note di “We take care of our own” dall’ultimo album del rocker del New Jersey: sembra quasi una supplica: “Boss abbiamo bisogno del tuo aiuto”.

Credo che Bruce ci abbia pensato molto per poi concludere: “Certo, Obama forse mi ha deluso, ma Romney sicuramente farebbe peggio”. Ed è per questo che lo adoro ancora di più: solo le persone serie, pur avendo tutte le possibilità di atteggiarsi a “duri e puri”, hanno il coraggio di mettersi in discussione per un fine più alto.

Infatti Springsteen, un po’ a sorpresa, annuncia il suo rinnovato appoggio al Presidente e, pur essendo ancora in tour negli Stati Uniti per promuovere il suo album, lo raggiunge proprio nei comizi in quegli “swing states” tanto importanti: Ohio, Iowa e Virginia su tutti. E lo fa con parole pesanti e accorate.

Sarà un caso, ma il Presidente ha vinto in quasi tutti quegli stati indecisi. E ha vinto  proprio grazie ai voti di quelle classi a cui il Boss è così bravo a parlare.

Domenico Cerabona
@DomeCerabona

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