Tempo fa, vedendo gli innumerevoli commenti di sciachimici, undicisettembrini e lettori costanti di Informare per Resistere o di Sulatesta imperversare al fondo dei nostri articoli, qualcuno mi chiese perché.
Perché ci eravamo infilati in questo ginepraio.
Perché combattevo le bufale.
Perché perdevo tempo con questi che parlano di complotti ambientali/scientifici/politici.
Ebbene, la risposta, per quanto altisonante, è: perché combattere bufale è un dovere di ciascuno di noi.
Non dico solo un dovere “civico”; è anche, forse soprattutto, un dovere morale.
Non scherzavo affatto quando scrivevo “Salvate il soldato scienza“: io credo davvero che si debba iniziare a rieducare la gente alla scienza (e alle scienze ambientali in particolare) ripartendo dal basso, facendo notare con calma che quella cosa lì (dalle scie chimiche al megacomplotto dell’11/09 passando per i terremoti prevedibili e i rettiliani) è una bufala. E bisogna farlo notare subito.
Uno studio congiunto che ha unito la Northeastern University, l’Università di Lione e l’IMT di Lucca, sotto la direzione del prof. Walter Quattrociocchi, ha dimostrato il potere immenso che la disinformazione complottista e angosciosa ha ottenuto con il crescere del web.
I media “alternativi” che diffondono bufale, in altre parole, stanno assumendo sempre più potere persuasivo sulla gente, tanto che un numero sempre più crescente di persone dà più credito a questi media alternativi rispetto ai media tradizionali.
Bisogna fermare le bufale sul nascere, prima che si diffondano. Come ha infatti dimostrato nel suo piccolo il nostro “esperimento sociale”, le bufale si diffondono in maniera capillare con una rapidità sconcertante, facendo leva sulla creduloneria della gente e sulle angosce diffuse.
Ma perché mi spingo a definirlo “dovere morale”? Per tre semplicissimi fatti:
- Il primo è che le bufale hanno un difetto, grosso peraltro: abituano il lettore a far prevalere il lato isterico-emotivo sul lato razionale, e dunque abassano il quoziente intellettivo medio.
La bufala fa leva sulla paura: della morte e delle malattie. Lo fa con una tecnica di suggestione, senza portare mai prove decisive per argomentare la propria teoria.
Spesso inoltre confonde i piani, utilizzando a casaccio termini scientifici (sono le classiche supercazzole). Agisce perciò su un piano non razionale.
- Secondo, attuano una separazione netta tra, da una parte, una fetta di popolazione che non crede alle bufale ma che è talmente vaccinata alle suddette che quando arriverà un allarme vero non ci crederà; dall’altra vi sarà un’altra fetta di popolazione a cui, utilizzando le giuste parole (un po’ di “quantistica” di qua, un po’ di “relatività” di là), si potrà far credere senza troppo sforzo che la Luna è fatta di formaggio francese.
Si è già arrivati a questa situazione: di fronte a una notizia di qualunque entità, sappiamo già che ci confronteremo con parte dell’uditorio che crederà ciecamente a tutto quello che gli si dice, mentre l’altra metà non ci crederà.
Sovente questo pre-giudizio consiste non tanto sul messaggio ma sul medium che lo fornisce. C’è chi crede solo al TG1 e gente che solo perché un fatto è riportato dal TG1 lo ritiene falso; viceversa c’è chi crede a una notizia solo se la trova in siti internet molto poco affidabili.
- Il terzo motivo riguarda specificamente uno dei temi di cui mi occupo, l’ambiente, ma che si applica perfettamente anche alla medicina. In questi due campi le bufale sono pericolosissime: le bufale sull’ambiente vanno per la maggiore ultimamente, dalla bufala delle armi chimiche gettate in mare a quella delle scie chimiche passando per mille altre.
Le bufale “ambientaliste” delegittimano le reali politiche ambientaliste: è ovvio, se la bufala sulle scie chimiche viene più seguita e abbracciata dal grande pubblico rispetto a chi propone serie e reali misure per combattere l’inquinamento (come una riduzione dela consumo di idrocarburi: politica seria, ma molto difficile da attuare e che richiede sacrifici economici e di comodità), l’intera classe degli ambientalisti veri viene o ignorata, o derisa, o messa all’indice. In ogni caso, viene ignorata. E il pianeta non se lo può permettere.Stesso discorso per la medicina: se ogni anno un ciarlatano si inventa un metodo per curare una malattia, sostenendo che esiste un complotto delle case farmaceutiche contro di lui, allora la medicina tradizionale verrà sistematicamente delegittimata.
Va da sé: in questi due campi, purtroppo, gli effetti non sono trascurabili.
Un esempio sulla pericolosità delle bufale lo fornisce una interessante statistica. Come sappiamo, la stragrende maggioranza delle bufale che circolano nel nostro Paese hanno origine negli Stati Uniti. Le importiamo, come un prodotto di largo consumo.
Per esempio, la bufala della correlazione tra i vaccini e l’autismo è nata negli USA.
Come conseguenza, sono moltissime le famiglie che non hanno portato i propri figli ad eseguire i più basilari vaccini.
Ebbene, negli USA il morbillo (debellato nel 2000) è tornato: 54 casi nel 2012, 187 nel 2013 e già 70 dall’inizio dell’anno ad adesso. Qualcuno potrà fare spallucce: si tratta poi sempre del morbillo (che comunque, è una malattia da non sottovalutare). Ma se al posto del morbillo dovessero ricomparire, nel nostro civilissimo occidente, il tetano (mortale al 50% dei casi, estremamente doloroso e debilitante) o la poliomelite (mortalità al 15%, danni permanenti estremamente gravi quali paralisi, paresi e soprattutto deformazioni a carico dell’apparato spinale e motorio)?
Pensateci: ogni volta che permettete a qualcuno di indugiare nell’anti-scienza, contribuite al regresso che la scienza stessa ha nella società occidentale contemporanea.
Alessandro Sabatino
@Ondaanomala1