
Una porta si spalancò all’improvviso, prima che il Proconsole potesse profferire parola. Era Brinneo, il più vecchio dei Saggi, che entrava nella stanza. Quasi nessuno aveva mai visto un Saggio: Nadir aveva visto Brinneo durante la Guerra dei cinque anni, tanto tempo fa, quando era solo uno tra gli scienziati più importanti di Kird. Nadir lo riconobbe a fatica: non aveva più capelli sulla testa e aveva una folta barba bianca. Le rughe solcavano il suo viso.
“E così tu sei l’umano” disse rivolgendosi al Proconsole in una lingua che Nadir non conosceva, ma aveva sentito quando Zenith aveva parlato per la prima volta con l’essere. “Sì, lo sono”. “Ma… Questo è il dialetto dell’Isola di Lemuria. Allora…” disse il Proconsole. “Già” rispose il Saggio “Metti via quel libro, Proconsole: non c’è scritto niente di ciò che io non possa raccontare, ma c’è scritto meno di quanto io sto per dire”.
Obbedì e si sedette. Era teso, lo si vedeva dall’espressione contratta del volto.
“Come penso vi abbia già ricordato il Proconsole, tutto quello che dirò non deve assolutamente uscire da questa stanza, pena la morte. Sia di chi parla, sia di chi vi ascolterà”, disse Brinneo, guardando tutti con espressione severa.
Tutti annuirono. Brinneo rimase in piedi, la sua figura sembrava occupare tutta la stanza: iniziò con voce grave a parlare in lemuriano, in modo che tutti potessero capire quello che stava per dire.
“Quella che sto per raccontarvi è la storia del pianeta che voi chiamate Terra, mentre noi chiamiamo Nemesi, e del pianeta che noi chiamiamo Thule, sul quale siamo attualmente”.
Tutti si guardarono tra di loro con aria assorta. L’umano fu percorso da un brivido di freddo lungo tutta la schiena. Non se ne accorse, ma gli tremavano le mani. Brinneo guardò le nervose mani del giovane.
“So che almeno uno in questa stanza conosce in parte la storia. Migliaia di anni fa il nostro popolo era felice e viveva in pace. Non c’erano guerre, né all’interno né all’esterno. Thule era, come è adesso, una terra feconda, la cui vita scorre lenta e pacifica. La nostra civiltà migliaia di anni fa aveva all’incirca già allora lo stesso livello di sviluppo di oggi, se non più avanzato. L’intero pianeta contava almeno 10 miliardi di persone, cento volte il numero degli abitanti attualmente viventi su Thule. Ma quel popolo non era in comunione con la natura come lo siamo noi adesso. Gli Antichi Antenati avevano plasmato il mondo abbattendo foreste, costruendo palazzi che si stagliavano fin oltre l’orizzonte.
C’erano delle piccole oasi rimaste completamente verdi, come le foreste di Kird, protette da una grande cupola. Da bambini i nostri mentori hanno insegnato la Storia antica di Thule come una sorta di ascesa graduale verso il bene assoluto, passando da epoche barbariche fino all’epoca attuale di pacificazione e tranquillità. Ma non era la vera storia”.
Tutti si guardarono con un’espressione tra il meravigliato e lo spaventato. Brinneo continuò: “Era l’anno 450.031 dalla fondazione della Grande Thule, quasi 46.000 anni da oggi. Il Proconsole doveva nominare i nuovi esponenti del Consiglio dei Saggi. Egli era vecchio e malato, e la morte lo avvolse prima di indicarli, senza lasciare nulla di scritto.
Le nostre leggi prescrivevano che in casi del genere venisse nominato un Reggente dai Saggi: un Reggente fuori da ogni parentela, una figura autorevole. Costui, una volta espletato l’incarico, avrebbe dovuto ritirarsi nella serenità di una vita dimessa. Il vincolo di parentela venne aggirato, e dunque i Saggi nominarono come Proconsole Tiamat, il fratello del Proconsole morto, abile guerriero. Sarebbe stato lui a nominare i nuovi saggi in breve tempo, ma non andò così: Tiamat chiese altro tempo, disse che gli era necessario per poter riflettere adeguatamente.
Qui i Saggi fecero il loro secondo errore: non si accorsero che il cuore di Tiamat era corrotto e obnubilato dalla brama di potere assoluto, e gli concessero quanto chiedeva. Egli al 36° giorno dopo la sua nomina a Reggente scomparve improvvisamente. Nessuno sapeva dove fosse. Il 58° giorno un nugolo di navi spaziali comparve nei cieli di Thule. Erano gli Sheti. A voi questo nome non dice niente. E nemmeno ai terrestri. Erano degli esseri metà umani e metà serpente, creature viscide e malvagie che si nutrivano di carne umana e che erano stati sconfitti pochi anni prima.
Gli Sheti, guidati da Tiamat e dal loro perfido capo Sarpa, invasero rapidamente le città del pianeta di Thule, uccidendo e distruggendo tutto quello che trovavano sul loro percorso. Parte dell’esercito di Thule, fedele a Tiamat, si schierò con gli invasori. Thule cadde dopo 50 giorni di assedio. Solo Iperborea era rimasta in piedi a lottare. Lì si erano rifugiati tre dei dieci Saggi. Gli altri, catturati da Tiamat, vennero decapitati pubblicamente e le loro teste esposte sulle mura, come monito per chi si fosse ribellato contro di lui”.
Brinneo aveva un attimo interrotto il racconto. Poi sospirò forte e riprese il suo racconto. Le sue rughe che solcavano il volto sembravano ora più fitte del solito, i suoi occhi azzurri risplendevano e brillavano. Sembrava stesse per piangere.
“Le frastagliate scogliere di Iperborea furono il luogo per la battaglia. Gli invasori soverchiavano l’esercito di Thule per numero e per armamento. Ma i guerrieri rimasti erano i più forti e valorosi che la terra di Thule avesse mai partorito e avrebbero dato la vita pur di non vedere gli invasori sulla loro terra. Quello che successe nessuno se lo seppe mai spiegare. La battaglia divampò furiosa e le truppe di Thule erano vicine a cedere quando un fulmine squarciò il cielo, la terra sembrò aprirsi e un onda di dimensioni colossali si abbatté sulle scogliere, causando terribili perdite sul fronte nemico. Gli Dei immortali erano con noi: così i guerrieri di Thule ripresero a combattere con maggior vigore, spinti da una forza soprannaturale. L’esito della battaglia, che pareva compromessa, fu ribaltato: gli invasori Sheti furono sterminati, tutti. Ai ribelli di Thule fu invece concessa salva la vita, come anche a Tiamat”.
Brinneo si schiarì la voce e proseguì: “Tiamat e i ribelli, però, furono esiliati da Thule. Banditi per sempre dal pianeta, lui e i suoi discendenti. Secondo i nostri avi in quella stirpe si incarnava il concetto stesso di Male”.
“Ebbene: vi era un pianeta giovane, con foreste rigogliose e con acqua a sufficienza per tutti le stirpi del pianeta. Furono mandati lì, per sempre. Quel pianeta era Nemesi: fu cancellato da tutte le mappe stellari, in modo che nessuno lo potesse trovare. Mai. Fino ad oggi”.
Nadir trasalì.
“Esatto. Il pianeta che avete trovato, chiamato Terra dai suoi abitanti, è in realtà Nemesi. I loro abitanti, incluso l’umano che è in questa sala, sono discendenti di Tiamat e dei traditori”.
Brinneo sospirò: “Le antiche leggi note a noi Saggi sono severe: la pena per tutto questo sarebbe la morte, per l’umano e per tutti voi che lo avete portato qui. Eppure nel cuore dell’umano non percepisco alcuna traccia di Male. L’ho scrutato con apprensione molto attentamente: non è una creatura malvagia. Costui non è un diretto discendente di Tiamat: discende dai ribelli, il cui valore guerriero era stato forgiato dalle consuetudini di Thule. Il loro spirito era stato plagiato da Tiamat, che aveva fatto leva sul loro sentimento di fedeltà”.
Brinneo si schiarì la voce. “Noi Saggi abbiamo deliberato: la navicella dovrà tornare su Nemesi per un altro viaggio. Cercheremo altri superstiti di questa tragedia”. “Sissignore” rispose Nadir. “Partirete domani stesso, alle prime luci di Stella”.
Alessandro Sabatino
@Ondaanomala1
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