Dopo aver visto l’istruzione primaria passiamo a considerare l’istruzione secondaria, che nell’ordinamento scolastico italiano comprende sia le scuole medie (3 anni) che il liceo (5 anni). Internazionalmente questo livello di istruzione è contrassegnato dalla sigla ISCED 2-3.
Dimensione delle classi
Come nel precedente articolo, iniziamo dalle dimensioni delle classi: a differenza di quanto accade nella scuola primaria, le leggi italiane fissano il numero massimo di studenti per classe per legge è di 27 (nella scuola media c’è anche il limite minimo di 18 studenti). Riprendiamo il grafico della scorsa puntata, che ci mostrava un confronto tra la media degli studenti per ciascuna classe nei vari Paesi:
Il numero medio di alunni per classe nelle scuole medie pubbliche in Italia aumenta, sforando i 20 alunni per classe (erano 18,8 nelle elementari); tuttavia, come vediamo, nel complesso siamo in media con gli altri paesi, come anche sottolineato dalla tabella successiva (dati Ocse 2010).
Anche in questo caso, alla Francia (in Europa) e al Giappone (nel mondo) spetta il poco invidiabile record delle classi-pollaio. Fuori classifica la Cina con 34 studenti in media per classe, dato che sale vertiginosamente a 54,7 nelle private. Per quanto riguarda i licei non è stata fatta un’indagine analoga da parte dell’OCSE, quindi non disponiamo di dati ufficiali.
Spesa sulla scuola secondaria
Quanto spende lo Stato per la scuola secondaria? Facciamo un raffronto con gli altri Paesi: come già fatto nei due scorsi articoli, useremo il report Eurostat del 2010 e quello dell’Istituto Bruno Leoni del 2012 come testi di riferimento .
Come abbastanza facilmente intuibile, la spesa media per studente nella scuola secondaria è superiore rispetto a quella primaria, anche se non di molto: si passa dai 5.864 euro a studente nella scuola primaria ai 6.475 euro a studente nella secondaria, cifra che arriva a 6.654 per quanto riguarda la spesa solo per le scuole pubbliche.
Nella tabella successiva avete un rapido confronto con i paesi europei (e non) riguardo alla spesa statale per la sola scuola pubblica.
Tra i vari dati, sottolineo come Francia, Irlanda, Giappone, Regno Unito e Olanda spendano di meno per la scuola primaria rispetto a noi, investendo di più per studente nella scuola secondaria.
Per quanto riguarda la spesa totale, sappiamo che il budget a disposizione dell’Istruzione è circa il 4.5% del PIL. Secondo i numeri della ricerca dell’Istituto Bruno Leoni, nel 2010 la spesa delle scuole secondarie (medie, licei, scuole professionali…) ha usufruito del 44% di questo budget: dunque, quasi la metà di quello che lo stato Spende in istruzione va in istruzione secondaria.
Come si vede dai dati Eurostat 2007 nella tabella a lato, anche in Europa (e nel mondo) le percentuali sono analoghe.
La scuola secondaria (giustamente) è la voce maggiore di spesa per quanto riguarda l’istruzione: si va dal 50% della Germania (che, però ricordiamoci, spendeva solo il 14% per la scuola primaria e pre-primaria: cifre che torneranno utili al momento di calcolare la spesa universitaria) al 36-37% di USA, Danimarca e Giappone.
L’Italia è tra le nazioni che spende di più in percentuale per la scuola secondaria; stesso discorso per la sua posizione nella classifica delle nazioni per la spesa nella scuola primaria (come già visto nel precedente articolo: anche questo avrà dei riflessi sul budget che resta per la formazione universitaria).
Passiamo alle scuole paritarie, o private: rispetto agli 866 euro a studente dello Stato a favore delle scuole medie paritarie, abbiamo una spesa di “soli” 106 euro nel 2009, ridottisi a 94 nel 2010 e a 89 nel 2011. Nelle superiori invece si va dai 51 euro a studente nel 2009 ai 44 euro a studente nel biennio 2010-11, con un risparmio di 6.828 euro a studente (rielaborazione AGeSc).
Professori
Come ben sappiamo, i professori che insegnano al liceo sono laureati nella materia che insegnano (o in una affine). Il testo di riferimento per le cosiddette “classi di concorso” è un decreto ministeriale (D.M. 30 gennaio 1998 n. 39): esso stabilisce che gli insegnanti devono avere la laurea magistrale (o specialistica), quindi aver fatto una laurea 3+2.
Tuttavia, recentemente è cambiato quello che succede dopo la laurea: la riforma Gelmini ha cambiato i criteri per diventare insegnante di ruolo, introducendo il TFA obbligatorio come abilitazione all’insegnamento – che non è nient’altro che la sigla del Tirocinio Formativo Attivo (D.M. 10 settembre 2010 n. 249). Ma cosa c’è sotto questa sigla?
Secondo l’art. 10 della normativa, il TFA è costituito da insegnamenti di scienze dell’educazione, 475 ore di tirocinio diretto ed indiretto e dei laboratori. Per accedere al TFA, il cui bando dovrebbe uscire con frequenza (in teoria) annuale, bisogna passare prima una preselezione a livello nazionale (con sbarramento al 21/30) e successivamente una prova scritta e una orale (questo almeno il funzionamento del TFA ordinario del 2012). Requisito per accedere è la Laurea Magistrale. Dall’altra parte vi è il TFA speciale, riservato a coloro che hanno già insegnato almeno 3 anni da precari nella scuola.
Il TFA dura un anno, è a pagamento e viene ospitato dalle Università: per la sola iscrizione la spesa media è di 100 euro, mentre il costo del corso è di circa 2.500 euro (ma può arrivare anche oltre 3.000 euro, a seconda dell’Università). Ovviamente il TFA non dà alcuna garanzia riguardo al ruolo fisso di professore: è solo un’abilitazione, che permette l’inserimento della persona nelle pachidermiche liste di attesa per l’immissione in ruolo.
Già, perché come avevamo visto nella puntata scorsa, l’età media dei professori di ruolo è di circa 50 anni.
Entrambi i grafici sono tratti da Linkiesta. Se guardiamo i dati dell’OCSE [8] ci accorgiamo che il 61% degli insegnanti nelle scuole medie e il 63% nelle scuole superiori ha oltre 50 anni di età, mentre la media OCSE è del 35%. Gli insegnanti sotto i 30 anni rappresentano il 2.7 %, la media OCSE è del 10%. I dati dell’inchiesta si riferiscono al2011, prima della Riforma Fornero delle pensioni che ha aumentato a 70 l’età di pensionamento anche per i docenti.
Tutto questo, oltre ad aumentare l’età media, avrà anche l’effetto di aumentare i precari nella scuola, data la penuria di cattedre libere. Ma quanti sono i precari nella scuola? E che percentuale rappresentano sull’intero corpo docente?
Sui numeri, come buona tradizione italiana non c’è grande accordo, soprattutto nell’ambito giornalistico. E soprattutto, riguardo ai docenti della scuola secondaria non esistono reali fonti ufficiali. Un articolo di Augusto Pozzoli sul FattoQuotidiano li quantifica circa in 300.000 come numero globale tra licei, medie, elementari (che abbiamo visto nella scorsa puntata rappresentano circa il 10.5% del corpo totale docenti). Un numero decisamente impressionante, che però non sembra realistico.
Uno studio del Centro Studi Gilda, in un articolo del Sole 24 ore, stima i precari della scuola in 116.973 unità (dati agosto 2013). Un numero più razionale, ma che resta comunque estremamente elevato e preoccupante. Stimando le cattedre a 609 mila (dati Gilda), i precari nella scuola quindi rappresenterebbero circa il 19 % dell’intero corpo docenti. Poiché nell’istruzione primaria abbiamo visto che il precariato è circa del 10.5 %, questo vuol dire che il precariato nella scuola secondaria sfora il 20%.
Alessandro Sabatino
@Ondaanomala1
Prima puntata: uno sguardo sull’Italia ed un confronto con l’Europa
Seconda puntata: la scuola primaria
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1] La fonte primaria di questo capitolo è il post di Elisabetta Tola, pubblicato su Aula di Scienze della Zanichelli, nel quale trovate altri numeri e curiosità riguardo questo argomento.
[2] Fernando Reis, Sorin Gheorghiu; Population and Social Condition, Eurostat (2010). [3] Istituto Bruno Leoni, La spesa pubblica in Italia ed in Europa. [4] Dossier scuola statale e paritaria, AGeSc. [5] In questo report i due numeri, quelli destinati alla istruzione primaria e quelli destinati all’istruzione pre-primaria sono insieme, proprio per questo motivo considereremo i dati del 2007 per confrontarli con gli altri paesi. [6] Figura e dati tratti da: “Insegnanti italiani: evoluzione demografica e previsioni di pensionamento”, Fondazione Giovanni Agnelli (dic. 2008) [7] Teachers’ and School Heads’ Salaries and Allowances in Europe, 2011/2012, Euridyce. [8] Education at a Glance, OCSE 2013