Le stelle cadenti di San Lorenzo

800px-Sig06-011_medium.jpg


Il 10 agosto è legato tradizionalmente alle cosiddette “stelle cadenti”. Questo fenomeno è tradizionalmente noto come “Lacrime di San Lorenzo”, che fu martirizzato il 10 agosto 258: la tradizione li considera evocative dei carboni ardenti sui quali San Lorenzo fu bruciato; in altre regioni europee, come la Grecia, rappresentano la Trasfigurazione del Signore.

A parte la tradizione popolare, le stelle cadenti hanno una spiegazione scientifica e un nome “scientifico”: sciame meteorico. In particolare lo sciame meteorico del 10 agosto prende il nome di Perseidi. La ragione di questo nome è presto detta: le stelle cadenti della notte di San Lorenzo provengono tendenzialmente da una parte del cielo chiamata Costellazione di Perseo. Quest’anno le Perseidi dovrebbero avere il loro picco la note tra il 12 e il 13 agosto.

Ma cosa sono queste “stelle cadenti”? Non sono altro che detriti spaziali, meteore, pulviscolo stellare che è stato rilasciato da una cometa periodica nel corso dei millenni nella sua orbita e che entrando in contatto con l’atmosfera terrestre diventano incandescenti e bruciano per attrito, generando la classica stella cadente.
La cometa dalla quale hanno origine le Perseidi si chiama Swift-Tuttle (o 109P), una cometa scoperta indipendentemente da due scienziati americani nel 1862. Questa cometa ha un periodo di 133 anni circa e l’ultima volta che ha fatto capolino dalle nostre parti è stato nel 1992.
Cerchiamo di capire il meccanismo fisico che dà origine a questo pulviscolo.

Le comete sono nient’altro che dei piccoli corpi celesti, del tutto simili a degli asteroidi, ma che hanno normalmente un’orbita ellittica intorno al Sole e sono composte principalmente di ghiaccio e rocce. L’orbita di queste comete è fortemente ellittica e va da poche centinaia di migliaia di km rispetto al Sole ad un luogo chiamato Nube di Oort, che è un area al margine del sistema solare situata oltre l’orbita di Plutone.
Questo luogo si ritiene il luogo di origine delle comete e l’ipotesi è che sia un residuo della nebulosa originale, che ha dato vita al Sistema Solare 5 miliardi di anni fa.
Questa nube, però, non è mai stata osservata, data la sua lontananza dalla Terra e poiché troppo buia e quindi, nonostante la teoria sia universalmente accettata in astrofisica, non ha ancora ricevuto conferma sperimentale.

In questo moto dalla Nube di Oort al Sole, la cometa “perde dei pezzi”: essendo composta principalmente di rocce e ghiacci, all’approssimarsi al Sole gli strati superficiali di questa cometa sublimano, passando dallo stato solido allo stato gassoso. Questi gas che escono dalla cometa formano la cosiddetta coda.
Come avevamo detto parlando di asteroidi, le code di una cometa possono essere ben due, entrambe rivolte in direzione opposta al Sole, una composta da pulviscolo, più luminosa e gialla, e un’altra composta da gas ionizzati, di colore bianco-blu. Questi gas e queste polveri più o meno grandi in uscita restano nello spazio interplanetario sull’orbita della cometa.
Dato che la cometa e la Terra hanno un’orbita ben definita (a meno di variazioni), una volta ogni anno l’orbita della Terra si incontra con quella della cometa e quindi va a passare nella zona in cui la cometa, nel passaggio precedente ha rilasciato le polveri. Ecco spiegati gli sciami meteorici periodici.

Attenzione: attraversare l’orbita della cometa NON vuol dire scontrarsi con la cometa, anzi; quasi tutte le comete hanno orbite che si intersecano con quella terrestre, ma la cometa ha un periodo di centinaia di anni. Questo vuol dire che solo ogni 100 anni circa la cometa sarà vicina alla Terra: per avere una collisione tuttavia deve capitare che la cometa e la Terra si trovino nello stesso punto (o comunque molto vicine), evento che fortunatamente si verifica con frequenza estremamente bassa.
Si pensa che l’evento di Tunguska nel 1908 sia da attribuirsi da una cometa entrata in collisione con la Terra (ovviamente il tutto con buona pace degli ufologi).

Tornando alle “nostre” Perseidi: la prima osservazione di questo sciame meteorico fu fatta nel 36 d.C. da astronomi cinesi, mentre l’ipotesi – successivamente provata vera – che le Perseidi fossero collegate alla cometa Swift-Tuttle è di un astronomo piemontese, Giovanni Virgilio Schaparelli, famoso per aver scoperto i cosiddetti “Canali di Marte”, che hanno dato adito a teorie fantascientifiche ma che nel 1965 si sono rivelati crateri e incisioni di origine vulcanica.

Un’ultima curiosità: le Perseidi sono solo lo sciame meteorico più famoso, ma in realtà vi sono oltre 50 sciami meteorici sparsi per tutto l’anno. Tra gli altri sciami famosi sono le Leonidi (14-21 novembre), originate dalla cometa Tempel-Tuttle, le Draconidi (6-10 ottobre) originate dalla cometa Giacobini-Zimmer, le quadrantidi (1-5 gennaio) che si ritiene siano originate dalla cometa (196256)2003EH1 e le Eta Aquaridi (19 aprile-28 maggio, con picco circa il 6 maggio) generate dalla celeberrima Cometa di Halley.

Alessandro Sabatino
@twitTagli

Post Correlati