La nuova guerra mondiale è cyber

shutterstock_82436641.pdf_.jpg

La suggestione del giorno? Un mappamondo che mostra laser verdi e scudi difensivi localizzati qui e lì nel globo (vai al link), con questi ultimi che – al momento dell’impatto – emettono raggi rossi e viola.
Non è Star Wars, e di cavalieri Jedi e dei nemici Sith non c’è neanche l’ombra. La realtà è molto più complessa della fantascienza, insegna l’adagio dei tempi di Anonymous e (per altri motivi) di Edward Snowden.
Infatti, questo mappamondo telematico, messo a punto dalla società di sicurezza informatica Norse, ha il compito segnalare tutti gli attacchi informatici rilevati dai suoi sistemi di monitoraggio, offrendo una panoramica che – già dal mero dato visivo – mostra la portata e l’ampiezza di una cyber-warfare  su scala mondiale sempre più imponente, organizzata e (probabilmente) decisiva per le sorti del nostro mondo fisico.

C’è già modo di stilare i primi bilanci, considerando come affidabile lo strumento della statunitense Norse: gli Stati Uniti sono di gran lunga l’obiettivo preferito dei cyber-attacchi, ma indovinate da chi sono sferrati?
Dopo qualche minuto di osservazione, la risposta è ovvia (e interessantissima dal punto di vista geopolitico): gli attacchi più spettacolari, che coinvolgono decine di punti e di indirizzi in una sola azione offensiva, partono proprio dal colosso scalpitante della Cina.
A qualcuno torneranno in mente le proteste dei diplomatici e della politica americana, montate in questi ultimi mesi contro la strategia “bifronte” del partner-nemico cinese, per il quale gli accordi firmati ai tavoli internazionali non sembrano contenere un qualche ostacolo (semmai, di ordine morale) all’attacco informatico condotto a piene forze contro i concorrenti internazionali. 

Qui sta il punto più pregnante esposto dal “mappamondo della guerra online”, perché tali offensive e le rappresaglie di risposta svelano il carattere (che è ancora) completamente anarchico delle relazioni internazionali che si svolgono tra i network telematici di tutto il mondo.
E bisogna fare attenzione alla tentazione di generalizzare, perché rimane difficile interpretare la fonte e la ratio degli attacchi registrati dalla mappa: ad esempio, è possibile che dietro certi attacchi su larga scala provenienti dalla Cina esista un accordo tra i grandi business regionali e l’amministrazione di Pechino, come non si può escludere che esista una rete ben organizzata di hacker privati, pronta all’azione contro i medesimi nemici a stelle e strisce (ma per ragioni probabilmente diverse). 

È difficile parlare di un tradizionale schema di “Stati contro altri Stati”, proprio perché questo tipo di guerra è espressione di volontà molteplici con un volto non definito, fatto allo stesso modo di interessi nazionali, commerciali e privati, che agiscono sotto la copertura della Rete in collaborazione con altre realtà telematiche sparse per il mondo.
Anche senza conoscere i nomi e i cognomi di questi soldati e di questi eserciti del Web, resta comunque interessante notare l’azione proveniente dai Paesi emergenti e la grande attività (attiva e passiva) mostrata nelle aree cruciali per l’economia mondiale: per citare un esempio, nella mattina di sabato 28 giugno è partito un violento attacco dall’India rivolto proprio contro il gigante socialista, allo stesso modo in cui pochi minuti prima era comparsa sulla mappa un’offensiva a Pechino proveniente dalla polveriera sociale del Delta del Niger, sempre più piagata dalle multinazionali occidentali e al centro delle controversie più attuali del diritto internazionale.
E che dire allora del Lichteinstein, che come snodo insostituibile della finanza globale assomiglia – su questa mappa – ad una Costantinopoli sotto l’assedio dei mamelucchi?

Come anticipato, è presto per chiarire i motivi e le identità celati dietro alla guerra mondiale che si combatte nel nostro secolo. Lo strumento di analisi della Norse, comunque, rivela uno dei nodi su cui la politica internazionale – prima o poi – dovrà fare i conti.
Perché se il fantasma della globalizzazione spaventa ancora molti (insieme al corollario di liberalizzazioni, caduta delle dogane e concorrenza spietata), forse dovremmo essere ancora più preoccupati per le battaglie politiche ed economiche che si consumano senza controllo dietro ai monitor di tutto il mondo.
La storia, dopotutto, ha dimostrato che le guerre più violente e perniciose possono distruggere ciò che incontrano anche senza proiettili e senza missili a lunga gittata.
E cosa c’è di più temibile di finire da un giorno all’altro sotto l’attacco incrociato dei mercenari senza volto, che agiscono d’improvviso e si nascondono per lunghi tratti nella terra di nessuno dei laser verdi e degli scudi rossi?

Matteo Monaco
@twitTagli

Post Correlati