Il tema della privacy online è rimasto per lungo tempo confinato in una bolla di silenzio, che esprimeva l’esistenza di un rapporto di tacita fiducia tra l’industria tecnologica e la base degli utenti.
A generare questa situazione hanno concorso due fattori: da una parte, la filosofia degli sviluppatori visionari degli anni ’80 e ’90, che avevano pensato il mondo connesso come un mezzo di ri-appropriazione della libertà di espressione e (poi) di condivisione libera tra gli utenti di tutto il mondo; dall’altra (fino a pochi anni fa) l’autocoscienza della maggioranza degli utenti virtuali, che si consideravano un’avanguardia, una comunità ideale generata dal movimento della Silicon Valley e dei suoi epigoni.
Era facile configurarli (configurarsi) come una enclave di liberi cittadini contro le catene non necessarie del “sistema analogico”, che promuove l’ordine (e a volte reprime anche il legittimo dissenso) con la legge (ma anche con lo spionaggio classico, come lo si intendeva ai tempi della CIA contro il KGB).
Nel silenzio di un’utopia che diventa sistema di comunicazione internazionale senza precedenti, però, si annida tutta la mancanza di trasparenza che ha ferito e distorto – di anno in anno, di norma in norma – il sogno dei pionieri digitali in un vortice di sfruttamento dei dati personale orchestrato dai maggiori stakeholders.
Dopo lo scandalo portato alla luce da Edward Snowden, l’ex consulente della National Security Agency (NSA) sul quale oggi pende un mandato di cattura statunitense, cadeva la prima tessera di un dòmino giocato ad altissimi livelli: la sua testimonianza, che ha svelato l’esistenza di interi uffici istituiti con il compito di registrare l’attività online dei cittadini (anche europei), nella creazione di uno sterminato database di dati comparabili e di profili segreti, è stato il più forte campanello d’allarme giunto all’orecchio dell’opinione pubblica su entrambe le sponde dell’Atlantico.
Poi, il diluvio di data-gate non ha conosciuto soste: dal ritmo quasi quotidiano dei nuovi scandali – che vedrebbero anche il gigante Google, padrone delle ricerche profilate per utente da Los Angeles agli Urali, come complice nella collezione di dati per il governo – fino agli esperimenti para-psicologici condotti senza alcuna autorizzazione da Facebook per stimolare differenti risposte emotive degli utenti.
La domanda fondamentale, di giorno in giorno più urgente, finalmente unisce tutti questi nodi in un’unica questione: è questo l’Internet che doveva cambiare il mondo? Abbiamo ancora tempo per salvare il destino di un medium così potente?
Qualcuno è passato ai fatti e alle risposte, prima ancora che sorgessero i punti interrogativi. Negli anni in cui lo spionaggio ricopriva gli ultimi posti dell’agenda giornalistica, e in cui in Italia vigeva ancora il decreto Pisanu che impediva lo sviluppo del wi-fi pubblico nel quadro della lotta al terrorismo (!), l’americano Gabriel Weinberg fondava una start-up che precorreva i tempi: un motore di ricerca che rifiutasse il tracciamento dei dati personali e che agisse in base ad una privacy policy costruita nel rispetto dei diritti del cittadino.
Quel motore di ricerca, che ha base in Pennsylvania (vale a dire, lontano dalla California degli Steve Jobs e degli odierni Eric Schmidt), si chiama DuckDuckGo e sta andando a gondie vele: nell’ultimo anno ha appena raggiunto il traguardo di un miliardo di ricerche effettuate in tutto il mondo e dato il via ad un network di protezione dei dati che coinvolge (almeno idealmente) tanti altri sviluppatori privati di software e app.
Noi di Tagli Gabriel Weinberg lo abbiamo intervistato, per capire dove sta andando la discussione che investe il vecchio Internet degli scandali silenziosi e quello nuovo, che sta nascendo dagli esempi “costituenti” dei servizi di anonimato online (Tor in primis) e dallo stesso impegno di DuckDuckGo per riscrivere le regole di un gioco che stava diventando troppo pericoloso.
QUALE LEZIONE POSSIAMO TRARRE DA DUCKDUCKGO, COME ESPERIMENTO BOTTOM-UP PER CAMBIARE LE “REGOLE DEL GIOCO” ONLINE?
Che c’è una domanda reale di soluzioni reali, che vengano dal privato. Le persone ci trovano per la nostra politica sulla privacy e poi rimangono a lungo perché offriamo un’esperienza di ricerca personalizzabile secondo le esigenze dell’utente.
COSA DOVREBBE FARE L’UTENTE MEDIO PER PROTEGGERE I PROPRI DIRITTI ONLINE?
Abbiamo un intero microsito per spiegare proprio i passi più semplici che tu possa fare per minimizzare il tuo profilo online.
Si può trovare tutto qui.
COSA C’È DIETRO L’ANGOLO DELL’INTERNET DI DOMANI? DALLA RIVOLUZIONE SULLA PRIVACY DI DUCKDUCKGO IN POI, QUALI CAMBIAMENTI PENSI POTRANNO INFLUIRE SUL NOSTRO FUTURO DI CYBER-UTENTI?
Le situazioni cambiano in fretta, sopratutto su Internet, e per questo è difficile lanciarsi in previsioni.
Dipenderà dalle richieste di mercato che sorgeranno in futuro, come per esempio è successo per la questione di privacy di cui stiamo discutendo in questo giorni.
QUAL È LA POSIZIONE DI DUCKDUCKGO RIGUARDO ALLO SCANDALO DELL’NSA?
Di sicuro, gli ultimi anni ci hanno mostrato che i nostri dati non sono al sicuro da occhi indiscreti.
Le rivelazioni sulla NSA ci hanno anche mostrato che la maggior parte di questi dati arriva dalle corporations, ma anche che queste stesse corporations li usano per i propri interessi.
HAI NOTATO LE PUBBLICITÀ CHE TI SEGUONO SU INTERNET?
Sono il risultato delle aziende che tracciano la tua attività su Internet. E questo è solo il risultato più visibile.
In quegli annunci il prezzo che mostrano a te è diverso rispetto a quello mostrato ad un altro profilo, di cui si tiene traccia allo stesso modo. La nostra crescita (di DuckDuckGo, ndr) mostra che le persone stanno cercando alternative per difendere la propria privacy, e questo ha senso in un contesto come quello che ti ho descritto.
Se riesci ad ottenere al tempo stesso grandi prestazioni e grande rispetto della privacy, allora è un gioco da ragazzi cambiare le carte in tavola e smetterla di essere tracciati online.
COME CEO DI UNO DEI MOTORI DI RICERCA PIÙ NOTI PER L’IMPEGNO SULLA PRIVACY, QUALI PASSI PENSI DEBBANO ESSERE FATTI PER LIBERARE IL WEB DA UNA SORVEGLIANZA INDEBITA E QUASI-SPIONISTICA, COME QUELLA PROMOSSA ANCHE DA ATTORI ISTITUZIONALI COME L’NSA?
Il cambiamento vero inizia con la consapevolezza e con la successiva domanda di maggior privacy. Quando le persone iniziano a chiedere più privacy, i governi reagiscono e dal settore privato nascono più opzioni per rispondere a questa domanda.
Per fortuna, pare che le cose stiano andando proprio così.
Matteo Monaco
@MatteoMonaco77
@twitTagli