Il fenomeno delle “Bombe d’acqua”

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Ne abbiamo sicuramente sentito parlare di questo termine, purtroppo anche recentemente per eventi tragici. Ma cosa significa in realtà “bomba d’acqua”?

Il termine deriva da una storpiatura tutta italiana (e mediatica) del termine inglese cloudburst – letteralmente, “esplosione della nuvola”: questa parola viene utilizzata per designare fenomeni piovosi torrenziali, tipici del  subcontinente indiano. 
In italiano, in realtà, il termine corrispondente esiste, ed è nubifragio: probabilmente però qualche giornalista ha preferito un termine più d’effetto, quale appunto “bomba d’acqua”. 
Ma cos’è, in termini scientifici, una bomba d’acqua (o come preferite chiamarla)?

Una bomba d’acqua è una precipitazione piovosa molto intensa, che viene spesso accompagnata da fulmini e da grandine, nella quale la quantità di pioggia deve essere superiore ai 30 mm all’ora.
Di norma una precipitazione del genere ha durata limitata nel tempo (al massimo qualche ora, raramente di più), ma è comunque in grado di causare degli allagamenti e inondazioni.

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Il termine è diventato tristemente noto nell’Alluvione di Genova del 4 novembre 2011, nella quale caddero nel giro di 5 ore ben 500 mm di acqua, causando le esondazioni dei fiumi Bisagno, Fereggiano, Sturla e Scrivia: i morti furono sei.
Se scorriamo nella storia degli allagamenti italiani, molti di essi sono causati dalle famigerate bombe d’acqua: esse, oltre ad essere spesso difficilmente prevedibili, causano molte vittime dovute principalmente al dissesto idrogeologico dei terreni.
Disboscamento delle colline, abusivismo e costrizione dei fiumi in alvei molto stretti (che non tengono conto delle naturali oscillazioni) sono infatti un ottimo mix esplosivo in cui le bombe d’acqua fanno da detonatore per disastri naturali.

L’alluvione di Genova non fa eccezione: l’esondazione dei fiumi, che causò  morte e distruzione, fu dovuta al fatto che i torrenti erano ingabbiati tra pareti di cemento troppo strette che non davano vie di sfogo ai quattro fiumi. I corsi d’acqua, prima di riuscire a riversarsi in mare, uscirono dagli argini invadendo le strade del capoluogo ligure.
Ma questo, in Italia, non è stato l’unico caso, ed anzi continua a ripetersi ogni anno la stessa storia nei mesi di novembre-dicembre e nei mesi di febbraio-marzo: ogni bomba d’acqua è un bollettino di guerra impressionante, che troppo spesso finisce nel dimenticatoio.

Le morti causate da esondazioni nei primi 12 anni del XXI secolo in Italia si calcola siano 150, ovvero 13 all’anno, e interessano tutta l’Italia: nel 2000 l’alluvione in Calabria vi furono 14 morti; nello stesso anno in Piemonte ve ne furono 34; dopo 2 anni di pausa il 2003 fu funestato da alluvioni nella provincia di Udine (300 mm di pioggia in 6 ore, due morti), nella provincia di Massa-Carrara (2 morti); nel 2006 in quella di Napoli (4 morti e 200 sfollati) e dal 2008 a cadenza annuale: nel 2008 morirono quattro persone a Villar Pellice, cinque a Capoterra (in provincia di Cagliari); nel 2009 in provincia di Belluno (due morti) e in provincia di Messina, dove le precipitazioni crearono un torrente di fango che travolse Giampillieri e Scaletta causando 36 morti (l’alluvione più grave negli ultimi 12 anni).
Poi di nuovo nel 2010 un morto in costiera amalfitana, uno in provincia di Genova, tre a Prato, tre nell’alluvione del Veneto – dove l’esondazione del torrente Bacchiglione causò la morte anche di 200.000 animali e l’allagamento di 140 km2 – mentre nel 2011 avvennero i tragici eventi della Romagna e delle Marche (cinque morti) provincia di Parma (un morto), delle Cinque Terre (dodici morti), di Genova (sei morti), di nuovo della provincia di Messina (tre morti).
Nel 2012 invece i morti sono stati “solo” sei e tutti in Toscana, cinque nella provincia di Grosseto e uno nella Maremma.

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Ma la storia d’Italia è piena di eventi traumatici e gravissimi, causati più che altro dalla mano dell’uomo, che ha disboscato e costruito dove non doveva: nel 1998 un fiume di fango  causato dalla pioggia travolge Sarno causando 159 morti. Le frane e le colate di fango che si staccarono dalla montagna furono dovute al disboscamento che indebolì la struttura geologica del rilievo.
Nel 1994 in Piemonte si ebbero 70 morti e quasi 2500 persone senzatetto, a causa dell’esondazione del Tanaro e del Po, anche in questo caso causato dal dissesto idrogeologico.
Purtroppo, però, lo Stato ogni volta “s’indigna, s’impegna poi getta la spugna con gran dignità”, senza risolvere alla radice il problema del dissesto idrogeologico: l’Italia è in balia di alluvioni e terremoti (per ora non ancora dei vulcani).

La cultura della prevenzione non esiste nel nostro Paese: solo a disastro avvenuto vengono presi i provvedimenti, pochi e a volte poco utili per evitare che quello che è successo una volta si ripeta.
Basta ricordare che nelle vicinanze degli unici due vulcani attivi dell’Europa continentale vivono rispettivamente 800.000 persone (Vesuvio, vulcano ad attività esplosiva) e quasi 2.000.000 di persone (Campi Flegrei, supervulcano in quiescenza).

Alessandro Sabatino
@twitTagli

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