
Sono contento per il folklore del funerale di Vittorio Casamonica. Sono contento sul serio, perché è stato un immenso e perfetto post-it che ha ricordato a tutti noi italiani la distanza tra il nostro Belpaese e uno Stato che si possa considerare totalmente civile.
Mi ci è voluto qualche giorno per metabolizzare l’evento e tutto il rumore mediatico che si è creato attorno, ma la conclusione non può che essere questa: essere contenti di come le esequie siano andate in scena.
Abbiamo assistito a una tre giorni in cui qualsiasi testata giornalistica ha scritto almeno un articolo di inferocita critica nei confronti del funerale e dei suoi attori, a cui si è aggiunto un coro di singole anime freelance, più o meno famose, che ha iniziato a chiedere la testa di quello e quell’altro. Dal commissario al sagrestano, per dirla alla De Andrè.
I capi d’accusa sono stati i più svariati: il prefetto incapace di impedire tutto ‘sto scempio, il sindaco Marino incapace di imporre al prefetto che impedisse tutto ‘sto scempio, il parroco che ha celebrato tutto ‘sto scempio, l’elicotterista che ha condito tutto ‘sto scempio con petali di rosa… E così via.
Non so voi, ma a me sembra che ce la si stia prendendo con la macchiolina d’olio sui pantaloni, quando è un mese che non ci si lava le ascelle. Ci scandalizziamo per un funerale dai gusti organizzativi terrificanti, quando dovremmo scandalizzarci per quello che accade quotidianamente e silenziosamente in Italia.
Il tasso di corruzione ai livelli del Ruanda non fa rumore come le pale dell’elicottero che vola abusivamente sopra Roma lanciando roselline profumate, ma è drasticamente più pericoloso.
I 90 milioni di patrimionio dei Casamonica a Roma – secondo la ricostruzione di Repubblica – sono stati messi a frutto in maniera molto meno folkloristica di una carrozza trainata da cavalli nelle vie di Roma, eppure sono i soldi a rendere invincibile un clan.
Noi però ce la prendiamo con dieci agenti della Polizia Municipale, che hanno bloccato il traffico per consentire il funerale senza troppi problemi per l’ordine pubblico, e con il presidente della prima sezione della Corte d’Appello, Giorgio Maria Rossi, che ha permesso a un figlio agli arresti domiciliari di andare ad assistere al funerale del padre. Scelta discutibile, ma assolutamente umana.
Non me ne voglia Luigi di Maio, che da Facebook annuncia che “Il Movimento 5 Stelle denuncerà il ministro Angelino Alfano e il sindaco di Roma Ignazio Marino per chiedere loro il risarcimento per i danni di immagine, decoro e reputazione subiti dall’Italia a livello nazionale e internazionale dopo il funerale di Vittorio Casamonica, che poteva essere impedito.”, ma le sue accuse hanno valenza penale prossima allo zero.
Ci preoccupiamo dell’immagine, della superficie, quando il corpo è marcio.
La triste realtà è che abbiamo bisogno di funerali così rumorosi, sfarzosi e stramaledettamente kitsch per ricordarci di quanto la criminalità organizzata sia un problema attuale.
Luca Murta
@LucaMurta
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