Il conclave è un rito millenario che ha sempre suscitato un misto di interesse e curiosità per quell’atmosfera di segretezza che ancora oggi lo contraddistingue. Ma come funziona il supremo consesso chiamato ad eleggere il papa?
A disciplinare i lavori del conclave sono le costituzioni apostoliche emanate negli anni da diversi papi; l’ultima, la Universi Dominici Gregis, è stata firmata da Giovanni Paolo II. In virtù di queste leggi fondamentali dello Stato Vaticano al conclave possono partecipare con diritto di voto i cardinali, non più di 120 (saranno 115 quest’anno), che non abbiano ancora compiuto gli 80 anni di età. Gli ultraottuagenari possono comunque prendervi parte ma soltanto con funzioni spirituali.
Il conclave si svolge, dalla seconda metà del XVII secolo, nella Cappella Sistina, che nei giorni di interregno viene chiusa al pubblico, bonificata da qualsiasi strumento audiovisivo e dotata della stufa in cui verranno bruciate le schede degli scrutini.
Nel primo giorno di conclave i cardinali celebrano la Missa pro eligendo Romano Pontifice nella Basilica di San Pietro; poi, in processione, si recano nella Cappella Sistina dove sono sistemati i seggi (su ognuno dei quali è vergato il nome di un cardinale). Il cardinale decano legge il giuramento e successivamente ciascun cardinale si reca all’Evangelario pronunciando una parte dello stesso. Quando tutti i cardinali hanno pronunciato il giuramento, il maestro per le celebrazioni liturgiche pontificie intima l’extra omnes, invitando i non addetti ad uscire dalla cappella che viene subito chiusa a chiave dall’interno.
Per l’elezione del pontefice occorrono i 2/3 dei suffragi calcolati sul numero di cardinali presenti; se il numero non è divisibile per tre è richiesto un voto in più. Se il conclave inizia di pomeriggio il primo giorno si avrà soltanto uno scrutinio. Nei giorni seguenti gli scrutini saranno quattro, due al mattino e due al pomeriggio. L’elezione vera e propria consta di tre fasi: antescrutinium, scrutinium vere proprieque e post scrutinium.
Antescrutinium: in questa fase vengono estratti a sorte i tre scrutatori, tre revisori e gli infirmarii, questi ultimi incaricati di raccogliere il voto dei cardinali infermi, rimasti nella Domus Sanctae Marthae (dove alloggiano i porporati nei giorni del conclave).
Scrutinium vere proprieque: ogni cardinale elettore dispone di una scheda recante la scritta “Eligo in summum pontificem” al di sotto della quale deve scrivere, con grafia non riconoscibile, il nome del cardinale che intende eleggere a pontefice; la scheda deve poi essere ripiegata in due. Concluse le operazioni di voto i cardinali devono recarsi, uno alla volta, all’altare sulla quale è posta l’urna e pronunciare un giuramento. La scheda dovrà essere depositata su un piatto posto accanto all’urna; il cardinale dovrà sollevare il piatto e far scivolare la scheda nell’urna. Quando tutti i cardinali hanno votato le schede vengono contate (se non corrispondono al numero dei cardinali vengono subito bruciate e si ripete il voto) e uno degli scrutatori legge ad alta voce i nomi riportati sulle schede, in modo che anche gli elettori possano tenere conto dei voti.
Post-scrutinium: i tre scrutatori devono conteggiare le schede e i voti, i revisori devono vigilare sull’operato dei primi. Nel caso in cui il quorum non sia stato raggiunto si procede ad una nuova votazione (tranne nel primo giorno di conclave). Le schede, insieme agli appunti vengono bruciate solo al termine del secondo scrutinio. Uno degli scrutatori buca le schede in corrispondenza della o di “eligo” e vi fa passare un filo. Le schede vengono poi poste nella stufa e bruciate unitamente a sostanze chimiche che originano la fumata nera, che comunica all’esterno l’esito negativo dello scrutinio.
Se un candidato raggiunge i 2/3 dei voti l’elezione è valida. Il decano, il vice decano o il primo dei cardinali vescovi si rivolge all’eletto formulando in latino la domanda: “Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice?”; se l’eletto accetta gli viene chiesto quale nome pontificale abbia scelto. Dopo l’accettazione le schede vengono bruciate insieme a paglia umida o a sostanze chimiche che permettano di vedere, all’esterno, la fumata bianca.
Secondo l’Ordo Rituum Conclavis anche un laico o un non ordinato possano essere eletti ma questo generalmente non accade perché guidare la Chiesa non è esattamente come dirigere un’assemblea di condominio e viene preferito chi abbia maturato un’esperienza pastorale. Se l’eletto non è un vescovo viene subito consacrato.
Il neo eletto viene poi lasciato solo nella Stanza delle lacrime dove sono già stati preparati i paramenti e gli abiti papali (ne vengono confezionati tre, di taglie diverse, che possano approssimativamente conformarsi a quella del nuovo pontefice).
L’ultimo atto è l’habemus papam: il cardinale protodiacono si affaccia alla loggia centrale della Basilica di San Pietro, annuncia il nome del cardinale e il nome pontificale, per poi lasciare posto al papa che impartirà la benedizione Urbi et Orbi.
Alessandro Porro