Francesco è un nome bellissimo

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Francesco è un nome bellissimo, perché è coraggioso. È un impegno, un programma, una dichiarazione di intenti: nessun papa aveva avuto la volontà (o anche solo la voglia) di caricarsi di tali aspettative. 
Francesco d’Assisi fu un rivoluzionario e un contestatore: un piantagrane del 1200, ed un esempio scomodo per la Chiesa rinascimentale. Ma è anche una figura carismatica, popolare, intimamente evangelica e coerente con un messaggio cristiano radicale.

Papa Francesco I tutte queste cose le conosce bene, e proporsi con un nome del genere dopo una grave crisi politica e amministrativa all’interno dei palazzi vaticani ha un senso ben preciso: rigore, umiltà, ortodossia, semplicità.
Anche i gesti della Curia, soprattutto quelli minimali, hanno un peso che noi laici (ma spesso anche gli stessi credenti) fatichiamo a cogliere. Non è poco la rinuncia, da subito e contro la tradizione, alla stola (la fascia in velluto rosso ricamata d’oro che gira attorno al collo e cade sul busto) e alla mozzetta (la mantellina rossa sotto la stola), così come ha colpito molti osservatori la semplicità del crocifisso di ferro portato al collo (al posto di quello dorato).
Sono gesti voluti, ponderati, e quindi significanti – soprattutto, diversi dai paramenti solenni di Papa Benedetto XVI.

Papa Francesco I si è presentato quasi con leggerezza, con umanità; con simpatia: c’è molta modernità nel colloquiale “buonasera” con cui inizia il suo pontificato.
Ed il magistero più opprimente e rigido del pianeta è proseguito, nei suoi primi istanti di vita, con una battuta bonaria, dolce, sul Vescovo “preso dalla fine del mondo“.
Proseguirà con un Padre Nostro, un segno pastorale sottolineato dalla metafora del cammino, e dall’anafora “Vescovo e popolo, Vescovo e popolo“: quindi, sembra, cercherà molto il dialogo e il contatto con la sua comunità.

Questo non legittima ad attendersi clamorose aperture circa i temi sensibili, tanto per i cattolici quanto per i non credenti. La sua formazione nell’ordine dei gesuiti (primo nella Storia) dice molto: chi si aspetta un “papa progressista” (utilizzando, con questa definizione, schemi mentali politici assolutamente inadatti e grossolani), che imporrà bruschi, improvvisi e marcati cambi di rotta, rimarrà deluso – e forse se lo merita.
Senza contare che la Chiesa si fonda su precetti e visioni del mondo elaborate in comunità, non dietro al diktat di un singolo. Per cambiare un inconscio collettivo radicato è necessario molto tempo.
Ma anche i laici, credo, possono permettersi di apprezzare un pontefice che si presenta in semplice talare bianca, saluta come se fosse un conoscente, sceglie un nome così impegnativo.
Sarà un apprezzamento iniziale e superficiale, perché le opinioni le dà la cronaca e il giudizio lo dà la Storia: ma questo sembra un uomo dolce, un uomo sereno.

Umberto Mangiardi
@UMangiardi

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