Party al manicomio di Collegno: festeggeresti Halloween ad Auschwitz?

Gira su Facebook in questi giorni la pubblicità di un evento organizzato per Halloween in quelli che sono i resti del manicomio di Collegno, nelle vicinanze di Torino. Un evento che promette ai partecipanti “un viaggio all’interno di una mente devastata dalla follia, che nasconde segreti terribili”.
Il tutto corredato da truccatori, dj-set, cibo e tavoli prenotabili a cifre considerevoli.

La locandina Facebook del party al manicomio di Collegno
La locandina Facebook del party al manicomio di Collegno

Le storie del manicomio di Collegno e di Villa Azzurra, il suo “omologo” infantile di Grugliasco, sono legate fino al 1974 al nome del Professor Coda, quello che i pazienti chiamavano “l’Elettricista”. In quell’anno, sotto le spinte delle istanze basagliane e di quanti volevano rivoluzionare il concetto stesso di Psichiatria, l’Elettricista venne finalmente condannato per violenza e sevizie.
Per intenderci, si può scorgere un brandello della storia in questa clip tratta dalla Meglio Gioventù, ed ispirata proprio ai racconti dei pazienti che furono internati presso queste strutture.
Tre anni più tardi, in un 1977 avvolto dal piombo e dalle tensioni sociali, Coda venne gambizzato da un commando di Prima Linea.

“Sono stato uno dei massaggiati del dottor Coda: venni sottoposto a due elettromassaggi in pochi giorni successivi che furono per me una terribile tortura. Il trattamento mi fu fatto per punizione, come mi disse il sottocapo degli infermieri.
Tutti gli infermieri mi dicevano che dovevo alzarmi e lavorare, altrimenti avrei subito altri elettromassaggi. Quando il Coda giunse di nuovo al mio letto, gli feci presenti le mie condizioni cardiocircolatorie, ma il Coda non ne tenne conto, cosi come faceva con gli altri.

Sono stato uno dei massaggiati del dottor Coda

L’elettromassaggio era una vera tortura, come una folgorazione continuata a intensità crescente, che produce una vibrazione terribile al cervello e la sensazione di impazzire, nonché uno scintillamento continuo di luminosità: un veder le stelle.
Durante l’applicazione, Coda mi diceva delle parole ironiche: “Ti piace questo, avvocato? “.

“Vedrai che dopo questo lavorerai”.

Questa è solo una delle numerose, raccapriccianti testimonianze raccolte da Alberto Papuzzi nel suo ormai -ahimé- introvabile libro “Portami su quello che canta”, edito da Einaudi nel 1977.
I racconti dei pazienti di Villa Azzurra e del manicomio di Collegno dipingono dei veri e propri lager, dove chi era nato coi geni sbagliati, o si era innamorato della persona sbagliata, o si sentiva lui stesso sbagliato, o molto più banalmente si masturbava, veniva rinchiuso e sottoposto ad abusi agghiaccianti. E bastava davvero poco, pochissimo per essere internati: essere un bambino troppo grande per fare la pipì a letto ti fruttava già un biglietto di sola andata per il manicomio ed i suoi trattamenti con l’elettroshock, o meglio, “elettromassaggio”.
L’elettromassaggio (che, a dispetto del nome, di rilassante non aveva proprio nulla) era settato su un voltaggio minore, cosicché chi lo subiva non perdesse coscienza durante la seduta.

Ciò che è avvenuto nel manicomio di Collegno e Villa Azzurra è una vergogna di tutta la città di Torino, una cicatrice sulla coscienza collettiva e soprattutto sulla coscienza di chi, all’epoca, sapeva e liquidava queste torture come normale prassi accademica.
Quello che è successo va ricordato, va raccontato, perché la cronaca (recentissima) ci racconta come ancora oggi gli ultimi, i soggetti deboli, i “tossici” siano oggetto della violenza di chi sarebbe preposto a proteggerli.

In questi tempi si parla molto del valore della memoria storica, e di quanto questa vada perdendosi nel giro di pochi anni. Pare incredibile pensare che gli abitanti di una città poco o nulla sappiano degli orrori (quelli veri, non le storie di zombies che si raccontano la notte del 31 ottobre) che hanno macchiato la sua storia recente.
L’orrore di chi pensava di stare dalla parte della ragione, dalla parte della Medicina, non dei disgraziati che erano finiti ricoverati senza un vero perché.

Farne una festa a tema, relegare i pazienti che lì dentro soffrirono e subirono ferite mai davvero cicatrizzate nell’animo e nel corpo al ruolo di figuranti della casa stregata, alla stregua dei vampiri di Twilight o dei fantasmi di Piccoli Brividi, trasformare in quattrini sonanti i traumi e gli abusi di quei bambini, è un’operazione figlia dell’ignoranza. O del cinismo.
E siccome a nessuno verrebbe mai in mente di organizzare un party di Halloween a Birkenau, viene da sperare che si tratti della prima.
Sebbene il dubbio rimanga.

“Venghino, signori, venghino a fare con noi il grande gioco dell’elettroshock. Prego pagare in contanti”.

Maria Musso

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