Verona 89, Milano 107, Genova 115, Roma 139, Torino 141. Questa è la classifica che somma i punti delle squadre appartenenti alla stessa città dell’ultima serie A. La crisi di Milano è evidente, mentre Torino si è confermata la capitale del calcio italiano per il secondo anno consecutivo. Sarà così anche il prossimo anno?
In questo primo mese e mezzo di calciomercato le milanesi hanno dimostrato di avere la forza economica per colmare il gap tecnico. Tra gli acquisti fatti – Kondogbia, Bertolacci, Murillo, Miranda, Luiz Adriano, Bacca – e quelli potenziali – Jovetic, Salah, Perisic, Ibrahimovic, Witsel – i due club sono stati i più chiacchierati in questo periodo.
Eppure, mai come quest’anno, la mia impressione è che Juventus e Torino stiano realizzando un vero e proprio capolavoro in sede di calciomercato e che il loro predominio – a livelli differenti, i bianconeri a livello nazionale ed europeo, i granata sulla fascia delle medio-piccole e perché no? con possibili aspirazioni europee – sia destinato a durare per anni. Merito di una lungimiranza dirigenziale che ha fatto prevalere gli aspetti tecnici rispetto al clamore di alcune operazioni di mercato la cui logica si fatica a comprendere.
Procediamo con ordine. Partiamo dalle cessioni.
Il Toro ha ceduto il nazionale Darmian al Manchester United per una cifra attorno ai 20 milioni che il giocatore ha dimostrato ampiamente di meritare. Per una società come quella granata, 20 milioni valgono un’intera sessione di calciomercato e lo dimostra il fatto che gli altri pezzi da Novanta della rosa – il capitano Glik, Maksimovic e Bruno Peres – siano stati trattenuti senza troppi sforzi.
Senza vincoli di bilancio, Cairo è ora nella non banale posizione di poter rifiutare qualsiasi offerta per ognuno dei suoi top player. Questo, d’altronde, non gli impedirà di fare orecchie da mercante e accettare la classica offerta pazza: se, per esempio, un club si presentasse con 15-20 milioni cash per il laterale brasiliano – quella è la porta, grazie.
La cessione di Darmian ha interamente finanziato la campagna acquisti: il sito Transfermarkt.it indica, per i 5 principali acquisti, una spesa di 17,60 milioni di Euro così ripartita: Zappacosta e Baselli (due ragazzi del 1992) per 10 milioni, 2,80 per il centrocampista ghanese Acquah, 2,50 per Avelar – nonostante la retrocessione del Cagliari uno dei migliori terzini dell’ultima Serie A – e 2,30 per Obi, ex prospetto interista sul quale la società di Thohir non ha mai puntato realmente.
Venderne uno per comprarne cinque (e ricostruire completamente il centrocampo).
Se il confronto tra Avelar e Darmian rimane improbo per il neo-granata, gli acquisti dei due ex-Atalanta Baselli e Zappacosta (a soli 10 milioni) rappresentano il capolavoro di questa sessione di mercato torinista. Baselli, opzionato dal Milan lo scorso gennaio, aveva su di sé gli occhi di mezza Serie A – la parte sinistra della classifica; Zappacosta è semplicemente uno dei terzini destri più forti e completi del campionato, tanto che a Bergamo è stato spesso schierato come laterale di un centrocampo a quattro. Riuscire a strapparli alla concorrenza non era facile, e ora il Torino dispone non soltanto di due ottimi giocatori, ma di due grandi potenziali plusvalenze.
Acquah e Obi garantiscono vigore e freschezza a un reparto che non deve dimenticare il sapore della lotta: va bene un gioco rapido e agile, vanno bene i sogni di gloria, ma a Torino sanno altrettanto bene che per stare nella parte sinistra della classifica ci vogliono gambe e polmoni, e non soltanto piedi fini. Facendo affidamento solo sui nuovi acquisti, il centrocampo a 5 granata è perfetto: Zappacosta, Acquah, Baselli, Obi, Avelar. Poche formazioni, in Italia, vantano un reparto simile.
La conferma di Ventura, a cui la Fiorentina aveva pensato per il dopo Montella, è un altro colpo del duo Cairo-Petrachi. Il fatto che a metà luglio il tecnico genovese abbia a disposizione un gruppo di giocatori che assomiglia al 90-95% a quello che inizierà il campionato alla fine di agosto rappresenta una sorta di garanzia per i tifosi granata: Ventura, maestro di calcio, ha più di un mese per insegnare il suo calcio ai suoi uomini.
L’unica pecca, a oggi, è la mancanza di un attaccante perché i soli Maxi Lopez e Quagliarella non possono bastare. C’è da dire che a) il mercato è ancora lungo e che b) con il gioco di Ventura l’attacco è l’ultima delle preoccupazioni: se difesa e centrocampo assimileranno gli schemi e i movimenti del proprio tecnico, i gol arriveranno.
Potete starne certi: sulla sponda granata del Po ci sarà da divertirsi.
Ora passiamo al capitolo “Juventus”, la vera patata bollente degli ultimi giorni.
Nei giorni successivi alla finale di Berlino – o addirittura prima, nel caso di Dybala – la società bianconera ha messo a segno una tale serie di acquisti da indurre il sospetto che il campionato successivo non si sarebbe disputato per manifesta superiorità.
Khedira, Mandzukic, Dybala, Zaza e Rugani rappresentano un patrimonio calcistico enorme per età e capacità tecniche.
Se si tiene conto del fatto che Mandzukic è stato pagato 18 milioni – Dzeko viene valutato dai 25 ai 30! -, che Zaza ha 24 anni ed è costato 8, che Khedira è un campione del mondo a parametro zero di 28 anni, che Rugani a 21 anni è stato capace di giocare 38 partite di campionato senza subire neanche un’ammonizione e che Dybala, pur pagato caro, rappresenta un investimento da top club, si capisce che l’aver concluso tutte queste operazioni entro il 30 di giugno è stato molto, molto saggio.
Al 30/6/2015 la Juventus era di gran lunga la squadra più forte d’Italia. Comprensibilmente, però, è arrivato il momento delle cessioni. E così Pirlo vola a NY, Tevez torna al Boca Juniors e poi, in questi giorni, l’addio – non ancora ufficializzato – di Vidal per 40 milioni di euro al Bayern Monaco.
Se di Pirlo e Tevez si sapeva, la cessione di Vidal, il cosiddetto fulmine a ciel sereno, può lasciare perplessi. Il cileno, probabilmente più di tutti, è stato il simbolo della rinascita juventina. Il suo rendimento, specie nei primi tre anni, è stato spaziale: non è un segreto che Conte abbia disegnato il 3-5-2 per valorizzare l’ex Bayer Leverkusen.
La convivenza tra Allegri e Vidal è stata meno semplice. Spinto dalla volontà di suggerire un nuovo calcio alla squadra e con il pallino del trequartista, il tecnico livornese lo ha collocato per tutta la stagione a ridosso delle due punte, un ruolo di qualità e raccordo che mal si addice alle caratteristiche da lottatore del cileno. Il 4-3-1-2 allegriano isolava dal gioco Vidal e gli imponeva dei compiti ai quali il classe ’87 cileno può certamente adattarsi ma non sentire propri: la zona di campo dell’ultimo passaggio non fa per lui.
Con questa premessa, e tenuto conto del comportamento extra-campo non esattamente irreprensibile, la cessione di Vidal diventa comprensibile. La Juventus, che aveva già investito molto sul mercato (qui trovate le cifre), non poteva permettersi un’ulteriore spesa senza fare cassa prima. Le opzioni erano due: il cileno o Pogba. Per molti motivi (Raiola, il blocco di mercato del Barcelona, l’Europeo del 2016 che si terrà in Francia), il francese non ha espresso la volontà di partire, e la società non lo ha messo sul mercato. Rimaneva quindi soltanto Vidal, dal quale, peraltro, non era scontato si riuscisse a ricavare 40 milioni.
Se anche Llorente verrà ceduto – e verrà ceduto, perché con Morata, Mandzukic, Zaza, Dybala e Coman non troverà spazio –, la Juventus si ritroverà in mano con un bel gruzzolo per poter soddisfare le ultime richieste del suo tecnico. Quali? Le prospettive juventine si fanno interessanti.
Pare che Allegri abbia richiesto un terzino (magari arruolabile per entrambe le fasce) e un vero trequartista. Attenzione, però: a differenza di quanto riportano i principali quotidiani e le emittenti sportive, non credo che la priorità del tecnico ricada sul numero Dieci.
La sconfitta di Berlino ha insegnato che, a certi livelli, serve più qualità calcistica – che è il motivo per cui viene ceduto Vidal e non Pogba – e che, fatto non secondario, questa qualità va distribuita in tutte le zone del campo. La prima Juve di Allegri aveva probabilmente il centrocampo più forte del mondo, ma è stata battuta perché poco incisiva sulle fasce e perché i gol si fanno con gli attaccanti.
Tralasciando Messi, Lichtsteiner (31 anni), Evra (34), Tevez (31) e Morata (22) non valgono Suarez (29), Neymar (23), Jordi Alba (26) e Dani Alves (31); la partita è stata persa non perché meno forti in assoluto – certamente sì, ma non è questo il punto – ma perché il differenziale tra le due squadre era troppo evidente nelle zone nevralgiche del campo: sugli esterni e davanti.
La cessione del miglior giocatore degli ultimi due anni, Tevez, e del centrocampista che forse più di tutti ha segnato gli ultimi 4 scudetti juventini, Vidal, è l’unica strada percorribile. Se l’obiettivo è arrivare in cima, è inutile ricominciare la salita con gli stessi uomini che ti hanno dimostrato di non poter fisiologicamente superare un certo limite. Se la vittoria è l’unica cosa che conta, il secondo posto di Berlino è un fallimento, e a Torino lo sanno bene.
Gli acquisti finora effettuati, soprattutto se la scommessa-Dybala verrà vinta, garantiscono competitività nel presente e nel futuro, ma la dirigenza (Allegri compreso) sa che da soli non sono sufficienti per compiere l’ultimo passo – quello a cui la Juventus è chiamata e si sente pronta: la vittoria della Champions League.
Per aumentare il tasso tecnico e distribuirlo meglio sul campo – e questo indipendentemente dal fatto che si giochi con il 4-3-1-2, con il 4-2-3-1 o con il 4-3-3 –, più del trequartista servono giocatori capaci di creare pericolosità sugli esterni. Evra è tecnicamente superbo, ma è un classe 1981; Lichsteiner, pur offrendo grande sacrificio atletico, non è tecnicamente adeguato.
Così si spiega perché la Juventus sia sulle tracce del terzino brasiliano del Porto, Alex Sandro: nonostante la bottega lusitana sia celebre per essere costosissima – il giocatore ha una clausola rescissoria da 50 milioni! -, Alex Sandro rappresenta il tentativo di colmare il gap tecnico che ancora distanzia i bianconeri dalle grandi corazzate europee – Alaba, Lahm, Marcelo, Carvajal oltre ai già citati terzini blaugrana: questi i terzini delle ultime tre squadre campioni d’Europa.
Ecco perché la dirigenza non intende spendere più di 20-25 milioni per il trequartista – e con un pagamento che non impegni l’attuale bilancio –, nonostante i nomi di Draxler e soprattutto Götze vengano associati a cifre ben più cospicue: oltre alle esigenze di bilancio, c’è un secondo acquisto da realizzare.
L’esito della finale di Berlino è stato duro per chi, arrivato fin lì, credeva che l’impresa fosse possibile; al di là dei venti minuti del secondo tempo nei quali la Juventus ha sfiorato il gol del vantaggio, il Barcelona è sempre sembrato in agile controllo. La sconfitta, né drammatica né deprimente, è stata netta.
La morale è stata altrettanto dura ma chiara: più qualità, soprattutto davanti, e un gioco più propositivo e coinvolgente. La forza di chi spesso (in Europa) perde deve essere questa: sapersi rialzare sempre e in fretta. La Juventus sembra averlo compreso. L’Europa si può conquistare soltanto così.
Maurizio Riguzzi
@twitTagli