Comunali: 5 riflessioni su M5S e PD

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1) La contrapposizione destra vs sinistra è preistoria.
Ora abbiamo una sola contrapposizione: sistema/casta contro elemento di rottura/anticasta. Nei feudi storici della destra ha vinto il PD. Nelle roccaforti rosse, Bologna a parte, il M5S.
Nella speranza che il nuovo sia meglio del vecchio, ormai del tutto scollegato con la realtà.
Mi chiedo se, nella propria scelta di novità, gli elettori si siano davvero interrogati sul contenuto di ciò che sceglievano.
Le facce nuove sono davvero garanzia di contenuti più validi?

2) La presenza sul territorio paga.
Io parlo per Torino: il M5S ha organizzato eventi in tutta la città, Chiara Appendino era fisicamente presente anche nelle periferie. Fassino ha fatto metà campagna elettorale con un manifesto incomprensibile su cui non c’era nemmeno la sua faccia nella speranza che il contenitore PD fosse di per sé efficace. O nel timore di bruciare elettori con una sua esposizione diretta, conscio di non godere di popolarità a livello personale.
Surreale: i partiti, che dovrebbero avere una tradizione e un’articolazione storicamente più radicate sul territorio, non sanno sfruttarla.
Un movimento che non vuole neppure essere chiamato partito è invece in grado di organizzare una presenza sul territorio davvero efficace, che più Chiara non si può.
Due domandine qualcuno dovrebbe farsele.

3) Trovo alquanto squallido leggere tutti questi commenti sul fatto che hanno vinto due donne a Roma e a Torino.
Non credo che Appendino e Raggi abbiano tratto vantaggio dal fatto di chiamarsi Chiara e Virginia, e non Luca e Marco. Ci meritiamo un paese che ci giudichi per le idee e non per il sesso.
Leggere sul Corriere che “adesso si usi la parola sindaca” mi fa schifo.
Inutile avere il favore dei giornali, se poi sono scritti da gente mentalmente così vecchia, che non ha capito niente di queste elezioni.
Ma direi che il PD se n’è già reso conto.

4) Se si basa la propria linea politica sull’elemento personale, senza un progetto di squadra, dopo un po’ succede quel che è successo.
E cioè che la gente si stufa della tua faccia e ne sceglie un’altra più nuova, specie se la sua condizione di vita non è migliorata particolarmente negli ultimi anni.
Se il PD vuol sopravvivere, forse sarebbe il caso che si procurasse una segreteria vera.

5) I candidati del M5S sono stati scelti con un meccanismo di voto molto discutibile tramite un blog a cui sono iscritte poche decine di migliaia di persone. Propongono, tra le altre cose, giunte in diretta Facebook. Si sono contrattualmente impegnate (almeno, Raggi) a pagare una penale in caso di dissenso dal movimento.
Parliamo quindi di persone che non credono ai meccanismi di legittimazione popolare dei partiti e che vagheggiano una sorta di democrazia 2.0. Non credono all’insindacabilità delle opinioni degli eletti (principio costituzionale). Vogliono coinvolgere di più gli elettori (che peraltro sono sempre di meno) mostrando loro spaccati concreti del funzionamento delle istituzioni; come a dire che a porte chiuse le istituzioni non sono abbastanza legittimate a funzionare.

Ad essere in crisi dunque è proprio il meccanismo per cui l’elettore dà fiducia al politico e al partito, ricompensandolo col voto se, una volta eletto, attuerà il programma proposto in campagna elettorale. Certo le liste blindate dei partiti tradizionali, nel tempo, hanno minato questo principio di affidamento.
Resta da capire se siamo ancora interessati a credere nella democrazia rappresentativa o se vogliamo sostituirla con meccanismi di legittimazione diversi, basati sull’interazione tramite social, ad esempio, con tutti i vantaggi e i limiti che implica, tra cui l’opacità della sua gestione e l’interazione di attori privati quali la Casaleggio e Associati.

Irene Moccia

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