Cronache calabre 5 – La fede e la superstizione

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Tra gli uomini presenti in spiaggia quest’anno si è affermata una nuova moda: il rosario in plastica fluorescente. Il materiale serve a preservare l’integrità del rosario nonostante gli agenti atmosferici marini, il colore serve a far spiccare lo stesso ai colli di coloro che lo indossano, affinché non passi inosservato.
Il rosario in materiale plastico sostituisce in genere un rosario più prezioso, ubicato a casa onde tenerlo al riparo da rischi marini. Giusto ieri ho visto due adolescenti con la versione arcobaleno: il fluo, si sa, va di moda quest’anno.

Il rosario da spiaggia è una sintesi efficace della visibilità della fede in meridione. Non parliamo, va da sé, della sola Calabria.
Anzi, in questo caso il mix regionale che popola le spiagge offre spaccati splendidi ed eterogenei. La fede che si incontra qui vive di tangibilità e di un’iconografia esuberante, artistica, onnipresente. Una casa per le vacanze come si deve ha spesso il ritratto della Madonna benedicente appeso in camera, piuttosto che qualche santino appoggiato nel cassetto.
Si tratta di attenzioni e delicatezze dei padroni di casa, che come tali vanno vissute.

Le processioni, laddove non sono state ridimensionate dalla modernità e dall’imbarazzo dei giovani, sono degli eventi meravigliosi. Potere spirituale e potere temporale vicini, donne anziane, sovente in lutto, che camminano al fianco della  statua come numi tutelari della tradizione, giovani con l’iPhone che la fotografano, partecipazione emotiva, passione, condivisione.
Dopo si mangia, manco a dirlo.

La popolazione maschile dei piccoli paesi ha per il 70% il nome del Santo Patrono. Se considerate che i rami familiari in quei luoghi sono solo quattro o cinque, vi sono decine e decine di casi di completa omonimia (nome e cognome): senza i soprannomi, sarebbe tutto finito.
Pare a proposito che i patronimici russi siano una pallida imitazione dello sforzo immaginifico delle famiglie del sud.

Il confine tra fede e superstizione è labile e spesso indefinito, ma a ben vedere non ci sono reali motivi per individuarlo. Il fluire è unico, i riti condivisi, le paure comuni, le accortezze consolidate; questo conta.
Ecco una parte del repertorio più ricorrente delle superstizioni nel mio entourage:

– se il bambino piccolo piange molto, è perché non è battezzato (quindi irrequieto);
– non mettere il bimbo piccolo di fronte allo specchio altrimenti faticherà a parlare;
– non passare la scopa sui piedi di una donna nubile altrimenti non si sposerà;
– se qualcuno ti fa troppi complimenti, ti osserva troppo, ti commenta troppo, allora ti sta “affascinando“, ovvero ti sta facendo il malocchio. A quel punto in alcuni paesi devi andare da un’anziana e farti “spumicare“, per toglierlo. Per proteggere i passeggini dei bambini o le case dal malocchio, si riempono gli stessi di cornetti e immagini sacre, che allontanano la sfortuna;
– se sogni i folletti non raccontare il sogno, altrimenti torneranno a picchiarti.

Al momento non me ne vengono in mente altri, come succede con gli aneddoti: quando è ora di raccontare non ne viene in mente nessuno. Il repertorio è però vasto e differenziato e chiunque legga questo post, di origini meridionali, potrebbe produrre un elenco del tutto differente.

Come exemplum di confine tra fede e superstizione evoco qui mia nonna, personaggio letterario e teatrale, ora Anna Magnani, ora Madame Bovary, dedita fino a quando la salute glielo ha concesso alla cucina e alla lamentatio.
Ora che è troppo stanca per darsi alla cucina, si limita alla lamentatio.

La nonna e il nonno si sono prodotti in nove cari figli, dovendo quindi attribuire nove nomi di battesimo; ma dal momento che la nonna aveva deciso di cimentarsi con il doppio nome, ne dovevano trovare ben diciotto. Faticoso.
Quando non raggiungevano mediazioni e l’indecisione prendeva il sopravvento la nonna, incinta, sognava un Santo che le parlava.
La conversazione, prevedibile, riguardava il nascituro e la benedizione da parte del Santo nei confronti dello stesso. Così la nonna ha potuto avere il figliuolo Francesco e il figliuolo Antonio, nomi che del tutto casualmente le piacevano molto.

Che siate religiosi o meno, nel venire in Calabria non affrontate il tema con atteggiamento iconoclasta, perché si tratta, nell’essenza, di romantica narrazione collettiva.
I riti non vanno compresi, in fondo; vanno vissuti.

C.
@twitTagli

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QUI LE ALTRE PUNTATE

Cronache Calabre 1 – L’arrivo
Cronache Calabre 2 – I saluti
Cronache Calabre 3 – Il Ferragosto
Cronache Calabre 4 – La Brasilena
Cronache Calabre 5 – La fede e la superstizione
Cronache Calabre 6 – I sistemi educativi

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