Cronache calabre 3 – Il Ferragosto

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So bene che in Italia, per nostra fortuna, il Ferragosto dal punto di vista culinario è quasi dovunque come il Natale. Pranzi pantagruelici, tavolate immense, appesantimento nonostante il caldo, e specialità a iosa.
Con una differenza, rispetto ai pranzi familiari, che trovo da sempre deliziosa: Ferragosto unisce i vicini di casa delle varie località balneari, provenienti da regioni diverse, con stili di cucina differenti e specialità proprie.
Il risultato è che mangi pasta al forno e spaghetti conditi col sugo dell’agnello patate e cipolle, mangi la ‘nduja, la sardella, le alici, i panzerotti fritti, le bruschette, i pasticcini, la pitta, la pastiera e le paste di mandorla. Bevi l’amaro del capo, il limoncello, il nocino e il liquore di liquirizia.

La caratteristica precipua del ferragosto qui, però, è la competizione. Chi cucina di più, chi mangia di più, chi finisce più tardi, chi avanza più roba, chi si alza da tavola più sofferente, chi dorme più ore dopo pranzo, chi cucina da più giorni, chi ha preparato e comprato più dolci.
È importante che tu cucini e acquisti, non vale fare solo una delle due cose. Devi dimostrare disponibilità e abilità, ma anche potere economico, quindi l’impegno è duplice.

Intorno alle 16.00 ci si ritrova e si confronta l’elenco. Devi essere psicologicamente pronto, altrimenti ne uscirai sconfitto e umiliato. 
Se vai a comprare le paste per Ferragosto in una pasticceria locale ti chiedono in quanti siete e se ci sono altri dolci. In una decina, se hai almeno una torta, dei biscotti e dei prodotti secchi, allora ne basta un chilo e mezzo. Altrimenti fai la figura della miseria.

Ho scritto paste volutamente. Le parole sono importanti, diceva qualcuno. A Torino abbiamo i pasticcini, il cui pregio aumenta col diminuire delle dimensioni, piccoli capolavori del gusto in miniatura. Il pasticcino è piccolo, delicato, decorato. 
Al sud in generale abbiamo le paste. Più sono grosse e meglio è, più crema contengono e meglio è, più scoppiamo e meglio è. Nella versione originale dell’approccio alla pasta le femmine dichiarano di non volerne una intera, perché troppo grande.

Sono piena. Uh quanto ho mangiato. Una intera no. Fai a metà?

E così cominci a fare a metà di una pasta, il che ti permette anche di tutelarti in caso non ti piaccia il gusto e tranquillizza la tua coscienza obnubilata dalla pasta al forno. 
Due minuti dopo aver finito quella, tu e la tua complice ne puntate un’altra, una che non sapete se possa essere buona o meno, una che attira la vostra attenzione: morbida, grande, piena di crema…

Sono piena, eh. Uh quanto ho mangiato. Una intera no. Fai a metà?

Via l’altra pasta. Con questo infallibile metodo credi di aver mangiato mezza pasta, ma ne hai mangiate 12, la tua coscienza è placida come il mare in assenza di vento e tu sei pronta per spiaggiarti su un letto, onde riposare le tue stanche membra.
Intorno alle 19.00 qualcuno va da qualcun altro (si sceglie il terrazzino più fresco, va da sé); si siede, stordito dal cibo e dal sonno e annuncia:
Sono piena, eh. Uh quanto ho mangiato.
A quel punto entri a gamba tesa e sparigli le carte: vuoi una pasta? Ne sono rimaste un po’ da oggi, è peccato buttarle…
Una intera no. Fai a metà?
Si ricomincia.

C.
@twitTagli

 

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QUI LE ALTRE PUNTATE

 

Cronache Calabre 1 – L’arrivo
Cronache Calabre 2 – I saluti
Cronache Calabre 3 – Il Ferragosto
Cronache Calabre 4 – La Brasilena
Cronache Calabre 5 – La fede e la superstizione
Cronache Calabre 6 – I sistemi educativi

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