1983 – Vamos a la playa: la bomba atomica in città

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Vamos a la playa, oh oh oh oh oh.
Vamos a la playa, oh oh oh oh oh.
Vamos a la playa, oh oh oh oh oh. 

Era la tarda primavera del 1983, e due ragazzi torinesi si fecero conoscere in città, in Italia, nel mondo. Michael & Johnson, i fratelli Righeira, all’anagrafe Stefano Rota e Stefano Righi con il loro singolo “Vamos a la playa”  ottennero un successo planetario, sensazionale.
Il termine “tormentone” inteso come brano musicale sparato senza parsimonia dai mezzi di comunicazione radiofonici nei mesi estivi ha il suo classico esempio nella canzone del duo di Torino.

La tipica caratteristica del famigerato tormentone estivo è avere strofe facili da memorizzare e ritornelli che entrano dall’orecchio nella zucca e che da lì non escono più. Rimangono tatuati in testa, s’insinuano nella mente. Appena si sente una nota del tormentone lo si riconosce immediatamente, ipnotizza le masse, è il fenomeno di costume, anzi, da costume da bagno. Le onde radio che muovono le masse vacanziere e spensierate come megafoni commerciali, il totalitarismo del ritmo facile, la propaganda canora e leggera, l’invasione dell’hit balneare.

Che coppia quella dei due Stefano. Stefano Johnson Righi Righeira conobbe Stefano Michael Rota Righeira al liceo scientifico Albert Einstein. Diventarono amiconi, addirittura fratelli; siglarono il patto electro- canzoniere. Nel laboratorio di idee che era uno scantinato in via Accademia Albertina, i due alchimisti di note e sonorità assemblarono il brano che li fece diventare popstar.

Struttura elettronica, testo apparentemente frivolo, orecchiabilità estrema: furono gli ingredienti della pozione discografica.
E fecero il botto. Quell’estate del 1983 i jukebox  dei lungomare, i villaggi vacanza italici, i baretti da spiaggia, le autoradio delle macchine nelle migrazioni autostradali da esodo e controesodo cantavano in spagnolo. 

Vamos a la playa oh oh.
Vamos a la playa,
la bomba estalló,
las radiaciones tuestan
y matizan de azul. 

Testo frivolo? Al contrario Signori. La tensione fredda tra i blocchi USA e URSS si stava di nuovo facendo calda e pericolosa. Il mondo era diviso in due fette, un’arancia tagliata a metà, e missili balistici intercontinentali guardavano il cielo, pronti a schizzare in orbite di distruzione transoceaniche al comando di valigette con bottoni in grado di distruggere la razza umana e creare l’orrore supremo, l’olocausto definitivo della specie, il suicidio dell’uomo.

Sì, in quel 1983 c’era ancora il serio rischio di un confronto militare tra mondo comunista e capitalista, e la Terza Guerra Mondiale ovvero l’apocalisse artificiale, poteva scatenarsi sulle nostre teste.
Ronald Reagan, presidente degli Stati Uniti, a marzo annunciò l’inizio del programma “Scudo spaziale”, un sistema fantascientifico di difesa da attacchi nucleari, una visione balistica da guerre stellari.

Dall’altra parte della barricata, al di là della Cortina di Ferro, il vecchio e malato imperatore rosso Konstantin Ustinovič Černenko, cariatide reazionaria e falco ortodosso del marxismo sovietico muscoloso e aggressivo, riprese con antica passione la sfida diplomatica con americani e alleati. Le olimpiadi del 1984 dell’anno successivo a Los Angeles furono boicottate dai paesi del Patto di Varsavia per iniziativa del leader russo.

E in questi scenari di pericolo atomico globale la canzone dei fratelli Righeira si inseriva nelle hit come uno sberleffo alla paura nucleare. Andiamo alla spiaggia. La bomba è esplosa. Le radiazioni bruciano. E dipingono di blu.
No, Vamos a la playa non aveva un testo così leggero come molti pensavano. Emergono visioni ironiche ma anche inquietanti. Lampi mortali. Funghi radioattivi incendiari. Cromature di blu come neon velenosi.

Johnson e Michael riescono a fare anche di meglio nelle parole successive. Andiamo alla spiaggia. Tutti con il sombrero. Il vento radioattivo spettina i capelli. Vengono in mente assurde famiglie vacanziere anni ’80 nel bel mezzo di bombardamenti termonucleari. 
E poi ancora: andiamo alla spiaggia. Alla fine il mare è pulito. Niente più pesce puzzolente ma acqua fluorescente.

Vamos a la playa, oh oh oh oh oh
Vamos a la playa,
todos con sombrero.
El viento radiativo
despeina los cabellos.
Vamos a la playa, oh oh oh oh oh
Vamos a la playa,
al fin el mar es limpio.
No más peces hediondos,
sino agua fluorescente.
Vamos a la playa, oh oh oh oh oh 

Ma quell’anno 1983 lasciò la sua impronta storica anche a Torino. A gennaio, a Cape Canaveral, in Florida, viene presentata in pompa magna al pubblico la Fiat Uno, una delle auto più prodotte e vendute di sempre. Lo stabilimento di Mirafiori, modernizzato per l’occasione con robot progettati per l’assemblaggio veloce, sfornava l’esercito delle nuove utilitarie. In Italia il successo tra il pubblico fu eccezionale e duraturo, difficilmente ci fu un’auto più venduta nella Penisola. Era la macchina degli italiani per eccellenza.

A febbraio, invece, una tragedia scosse la metropoli, la peggiore dalla seconda guerra mondiale. Domenica 13 febbraio alle ore 18, nella sala del cinema Statuto in via Cibrario, veniva proiettata sullo schermo “La Capra”  commedia francese con Gérard Depardieu. Faceva freddo quel giorno e la pellicola era in visione già da diverse settimane, in sala c’erano solo un centinaio di sfortunatissimi spettatori.

Un cortocircuito scatenò l’inferno in platea. Tende e moquette, poltrone e tessuti, presero fuoco con facilità. Panico. La gente tentò di scappare dalle uscite di sicurezza, ma, sorpresa horror, erano state sprangate dal proprietario per evitare che entrassero  nel cinema scrocconi che si guardavano film a sbafo. Fu il terrore, il locale diventò un formicaio impazzito. Fuori nevicava, dentro stava per diventare un forno a combustibile umano.

I passanti udirono grida atroci dall’interno, fu dato l’allarme, tardivo. Ma fu più sopra, in galleria, che si consumò la vera tragedia. Decine di persone trovarono la morte asfissiate dai fumo nero e tossico sprigionato dalle fiamme. Morirono in 64 come topi in trappola, strangolati dalla aria diventata  veleno. Il Cinema Statuto si trasformò quella sera in una camera a gas con i corpi ammassati l’uno sull’altro. La vittima più giovane aveva 7 anni.

Dopo quella disgrazia, iniziò una vera e propria rivoluzione per la sicurezza dei locali pubblici. Si incominciò a parlare seriamente di porte antipanico, materiali ignifughi, vie di fuga. Tutta l’edilizia nazionale ne fu coinvolta. A Torino e in Italia, che ha giuste ambizioni di paese civile, un orrore del genere non dovrà mai più capitare. 

Vamos a la playa, oh oh oh oh oh.
Vamos a la playa, oh oh oh oh oh.
Vamos a la playa, oh oh oh oh oh. 

E d’estate esplose poi la bomba Righeira, incalzante e invadente, ed è bello rispolverarla come testimonianza canterina di quegli anni ’80. Fu New Wave piemontese, un riuscito esperimento pop dai colori sgargianti e cravatte improbabili. Un fungo atomico che salì dal cielo di Torino e si espanse ovunque nel pianeta Terra.

Vacanze ’83, ferie radioattive.

Federico Mosso
@twitTagli 

NdR: Questo articolo è uno dei racconti storici presenti nella raccolta Piemonte in pillole di Federico Mosso, libro edito dalla casa editrice Il Punto – Piemonte in bancarella. Sono veloci indagini che saltellano nei secoli alla scoperta di aneddoti, fatti, avventure e personaggi della storia di Torino e della nostra splendida regione.
Piemonte in Pillole trasporta i viaggiatori del tempo in rapidi affreschi biografici, in dimensioni temporali della nostra memoria, in imprese magnifiche e grandi battaglie, verso ombre criminali ed eventi memorabili. Sono scorci di storia all’ombra delle Alpi, brevi ma potenti.

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