
Non pretendiamo di essere oggettivi e non si intende discutere il valore dei giocatori o delle partite in questione.
Il nostro vuole essere un racconto soggettivo – consapevole che altri sarebbero possibili –, per raccontare tre frammenti della grande storia di Wimbledon.
Sfruttano la chance l’australiano Pat Rafter, già finalista l’anno precedente, e la wild card Goran Ivanisevic, tre volte finalista negli anni Novanta.
Al Queen’s, il torneo di preparazione a Wimbledon, è uscito al primo turno contro un onesto mestierante della racchetta, l’italiano Cristiano Caratti. Inutile dire che nessuno si aspettava di ritrovarlo sul Centre Court la seconda domenica del torneo e che si tratta di un record rimasto ineguagliato.
Se siete appassionati del “confronto di stili” questa non è la finale per voi. Sia il bombardiere Goran sia l’atleta Rafter attaccano su ogni palla: la parola d’ordine è “fare il punto”, non aspettare che sia l’avversario a sbagliare.
I due danno vita a un match che in un certo senso rappresenta “L’ultima finale di Wimbledon vecchio stile” perché la direzione del torneo, dopo la loro finale, propenderà per un rallentamento della manto erboso che renderà impossibile la replica di un simile stile di gioco nel quale l’alternativa al punto diretto con il servizio consiste nella discesa a rete, eseguita come soltanto i tennisti di una volta – e, badate bene, nonostante siano passati soltanto 14 anni, si tratta davvero del tennis di una volta – sapevano fare.
Molti lo giudicano un incompiuto, un spreco di talento quel braccio accompagnato a una testa così fragile; ma lui ha sempre risposto, a chi gli rinfacciava gli insuccessi della carriera, che ha sempre preferito essere il numero 2 dietro a Sampras che il migliore rispetto a una serie di giocatori anonimi.
La questione, per Goran, sta tutta lì: quel giorno Sampras non c’è, e Goran sa di non poter fallire perché non avrà occasione migliore di quella.
Match point. La vetta si vede, è lì a un passo. Doppio fallo, di metri.
Servizio vincente. Match point numero due. Doppio fallo, questa volta sulla rete. Tennis e schizofrenia, magnifico.
La sua partecipazione attiva al dramma in questo momento è nulla e questo, paradossalmente, rende l’atmosfera ancora più tesa.
L’altro, quello schizofrenico, violenta la pallina a ogni servizio e in caso di risposta si lancia a rete per poi magari sbagliare la volée di metri. Rafter, a ogni risposta in campo, prolunga di qualche istante l’agonia psichica di Ivanisevic
Ivanisevic ha visto la palla uscire ma non esulta e guarda il giudice di sedia.
Aspetta.
La palla è out, Ivanisevic si genuflette, fa il segno della croce.
Match point numero 3; ma Rafter lo annulla con un soffice lob di rovescio.
La risposta successiva di Rafter finisce in rete, il dramma è finito e Ivanisevic può finalmente bagnare l’erba del Centre Court con le sue lacrime: è lui il nuovo campione di Wimbledon.

Vince il primo set, ma è chiaro che il divario tra i due, già protagonisti della finale 2006, si è assottigliato quasi del tutto.
Un semplice dato: nella storia del tennis professionistico e fino al 2007 ci era riuscito solo Borg.
Gli scambi, ora, sono violentissimi; Nadal bombarda lo svizzero con colpi arrotati e profondissimi, che sulla superficie irregolare della seconda domenica londinese sono difficilissimi da gestire – e difatti ci riesce solo Federer.
Il rovescio del numero 1 atterra sulla terba di fondo campo – un miracolo – e questo riporta lo scambio dalla sua parte.
Dritto di Nadal, dritto di Federer e poi di nuovo Nadal, in diagonale di rovescio. Dritto anonimo di Federer. Rovescio violentissimo di Nadal, in lungolinea.
Ma il suo polso non è d’accordo.
Break Federer che, poco dopo, solleva il quinto titolo consecutivo a Church Road.

(per l’intero match vedere il video qui sotto)
La terza riedizione del Fedal sui prati londinesi conosce un saliscendi di emozioni degno di una produzione di Hollywood, con Nadal che si porta in vantaggio di due set su un Federer, a dir la verità, abbastanza spento.
Due set a uno.
Nadal, al contempo, sta vivendo la miglior stagione della sua breve carriera, e soltanto un mese prima ha letteralmente demolito il suo avversario nella finale del Roland Garros con il risultato di 6-3 6-1 6-0.
Si capisce il perché, di fronte al montare dello svizzero, Nadal non sia spaventato: ha fiducia nel suo gioco, sente che quella è la sua occasione e non arretra di un millimetro.
Il primo punto, Nadal al servizio, si conclude con un dritto vincente in corsa di Federer dopo una veronica – volée di rovescio spalle alla rete – dello spagnolo, seguita a un magistrale lob di Federer.
In questo senso, lo scambio sul 4-2 rende evidenti le sue difficoltà.
Nadal arpiona la prima slice di Federer e dà il via al palleggio, prendendo progressivamente campo con il suo dritto. Dopo una decina di colpi, il punto si conclude con un errore dello svizzero che, pressato dall’avversario, forza l’uscita dallo scambio con un lungolinea di rovescio largo.
Nadal è a -2 dal titolo e dal body language si capisce che lo sa.
Due prime solide et voila, Federer va a set point. Il tennis è un gioco crudele.
Sul 6-5 per Federer, scambio prolungato, entrambi cercano di prendere il centro del campo per affondare con il colpo preferito. Federer vi riesce e scaglia un inside-out di dritto. È largo, Nadal pareggia i conti.
Otto pari.
Sul punto successivo, Nadal non può nulla contro un paio di dritti furiosi a tergicristallo dello svizzero. Un servizio vincente consegna a Federer il quarto set.
