Preparandoci alla prossima stagione – #2: focus sul calciomercato del Liverpool

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Per la seconda estate consecutiva a Liverpool si sono visti recapitare un’offerta (quasi) irrinunciabile per uno dei pezzi pregiati della propria rosa. Se l’anno scorso furono necessari gli 81 milioni del Barcelona per portare via Luis Suarez da Anfield Road, quest’anno ne sono bastati 68 per convincere i dirigenti del Liverpool a fare a meno delle prestazioni di Raheem Sterling, l’enfant prodige del calcio britannico.
Il trasferimento del giovane attaccante al Manchester City ha stabilito il record del trasferimento più caro per un calciatore inglese, ma ha privato il Liverpool di un giocatore dai margini di miglioramento ancora sconosciuti.
Intendiamoci subito: negli anni del FFP (Financial Fair Play), la plusvalenza milionaria rappresenta una tentazione a cui è difficile resistere, e, più in generale, il calcio degli ultimi 25 anni si accompagna a cifre e costi talmente elevati che in certi casi – il riscatto di alcune clausole milionarie, per esempio – rifiutare certe proposte di trasferimento sarebbe semplicemente da pazzi.
La cessione della propria stella non può essere considerata un errore strategico e non determina necessariamente un indebolimento della squadra; il problema, semmai, sta nel reinvestire adeguatamente il ricavato.
E a giudicare dalle recenti mosse di mercato pare che i Reds non abbiamo ancora capito come si fa.

I problemi di Brendan Rodgers nascono qui. Aprile 2014: la stagione che sta per consegnare il titolo numero diciannove al Liverpool, sfatando il tabù Premier League – sarebbe il primo il primo titolo nazionale da quando il campionato inglese ha assunto questa denominazione all’inizio degli anni Novanta – si capovolge domenica 26 aprile 2014 quando un Chelsea ampiamente rimaneggiato vince 2-0 ad Anfield consegnando, di fatto, il titolo al City.
L’anno che poteva sancire il ritorno al successo del Liverpool e l’apertura di un nuovo ciclo si trasforma in un sostanziale rompete-le-righe. Suarez, trascinatore della squadra e capocannoniere della Premier con 31 reti in 33 presenze, chiede la cessione.
Nonostante il morso a Chiellini e la squalifica impostagli dalla FIFA, il Barcelona si presenta in Inghilterra con 81 milioni di euro. Trasferimento record, che soddisfa entrambe le parti: i catalani si ritrovano in rosa una punta devastante – i risultati della stagione 2014/’15 lo dimostrano -, il Liverpool perde il proprio leader offensivo ma ha più di ottanta milioni da spendere.

Recuperando la storia delle cessioni multimilionarie nel calcio, sono due gli esempi paradigmatici a cui ricorrere: la Juventus post-Zidane 2001-2002 e il Tottenham post-Bale 2013-’14. Incassati i 73,50 milioni di euro (ma partirono anche Inzaghi e Kovacevic), a Torino arrivarono Nedved, Buffon e Thuram per circa 130 milioni di euro. Giocatori già fatti che costituirono l’ossatura della squadra che dominò il calcio italiano fino al 2006.
Più di 10 anni dopo, la strategia del Tottenham è stata differente.
Il gruzzolo ricavato dalla cessione del gallese Bale (94 milioni secondo Transfermarkt.it) viene reinvestito per un cospicuo numero di giocatori (Lamela, Soldado, Eriksen, Paulinho, Capoue, Chiriches e Chadli), nessuno dei quali pagato più di 30 milioni e tutti, Soldado a parte, molto più vicini ai venti che ai trent’anni.

Chi è appassionato di calcio lo sa: fare mercato dopo una cessione eccellente non è semplice perché le società venditrici tendono a far salire i prezzi sapendo che dall’altra parte la disponibilità in uscita è alta.
Tenuto conto che l’estate della cessione di Suarez è coincisa con la ricostruzione dello United (quasi 200 milioni investiti), l’arrivo di Fabregas e Diego Costa alla corte di Mourinho e di Sanchez a quella di Wenger, si capisce quanto sia stato complesso il compito dei dirigenti del Liverpool, i quali, peraltro, si sono mossi in maniera discutibile seguendo l’esempio di Franco Baldini al Tottenham.
Nessun grande nome ma una serie di giocatori di prospettiva o, comunque, non ancora esplosi: arrivano tre difensori molto giovani, Manquillo (20), Moreno (22) e Lovren (25), di cui il primo in prestito, un mediano turco dal Bayer Leverkusen, Emre Can (20), due centrocampisti offensivi, Markovic (20) e Lallana (26), e tre attaccanti, tra cui l’italiano Balotelli.
A fine mercato, come riporta il sito Transfermarkt.it, le uscite superano di gran lunga le entrate (151 a 99 milioni), segno che la cessione dell’uruguagio ha dato il via a un restyling corposo della rosa.

Se c’è un tecnico capace di far rendere una squadra dal profilo anagrafico giovane e sottostimato, quello è Brendan Rodgers. Nel 2011/’12 ha condotto una neopromossa, lo Swansea City, a un ottimo dodicesimo posto, guadagnandosi il titolo di “Allenatore del mese di Gennaio” e la chiamata del Liverpool a fine stagione.
Considerata le sue esperienze sulle panchine di Watford, Reading e Swansea, si poteva definire lungimirante la scelta dei dirigenti del Liverpool di non muoversi per un unico grande profilo e se anche non tutti i giocatori acquistati hanno reso secondo le aspettative, andava comunque concesso loro il tempo di inserirsi in un gioco profondamente diverso come quello inglese e in un club dalla caratura internazionale come il Liverpool.

La stagione, però, trascorre lontana dai fasti di quella precedente anche se, nonostante il sesto posto finale, regala diversi segnali positivi al tecnico nordirlandese: il 3-4-2-1 adottato da gennaio in poi ha valorizzato il talento offensivo della squadra riuscendo al contempo a darle equilibrio.
Il fatto che i segnali positivi – risultati e un gioco parzialmente ritrovato – si siano accumulati nella seconda parte della stagione lasciava presumere a maggio scorso che con qualche leggero ritocco la squadra avrebbe potuto giocarsi le sue carte per l’ingresso in Champions League (che in Inghilterra, lo ricordo, comprende i primi 4 posti) e forse anche per il titolo.

Condicio sine qua non perché questo potesse verificarsi era che la rivoluzione dell’anno precedente fosse conservata e difesa dalle possibili tentazioni che si sarebbero presentate in sede di mercato. Il Liverpool, superato il momento difficile – il trimestre settembre-dicembre 2014 è stato terribile –, avrebbe raccolto i frutti della pazienza e del duro lavoro di amalgama svolto dal suo tecnico nel 2014/’15.
Rodgers, che aveva già dimostrato nella sua seconda stagione a Liverpool di saper lavorare bene con una rosa consolidata e da lui selezionata, meritava un’altra chance di questo tipo.
Le cessioni di piccolo taglio sono state contenute: principalmente il terzino Glen Johnson, che in Italia avrebbe fatto comodo a più di una società, e il centrale difensivo Coates. Poi, certo, l’addio del capitano Stevie G, andato in America a concludere una carriera immensa. In ultimo, la sorpresa: Raheem Sterling passa al Manchester City per 68 milioni di euro.

Ragionare sul senso di questa cifra è inutile: Sterling, 18 goal in 95 presenze con la maglia Reds, è tutt’al più un’ipotesi di grande giocatore. Sterling era, però, una delle colonne del Liverpool del futuro insieme a Coutinho e Sturridge, e la sua sostituzione rappresenta una nuova sfida per l’allenatore e la società.
Fare a meno di Sterling è possibile a patto di muoversi con intelligenza e solidità sul mercato. Magari mi sbaglierò, ma gli acquisti di Roberto Firmino e Christian Benteke, provenienti dall’Hoffenheim e dall’Aston Villa, non sembrano rispondere a queste necessità. Nonostante siano calcisticamente giovani, i due neo attaccanti del Liverpool hanno alle spalle almeno 3 stagioni ad alto livello che possono dirci qualcosa sulle loro caratteristiche.
Benteke, 25 anni, è un vero e proprio centravanti e la sua media gol, 42 reti in meno di 90 presenze con la maglia dei Villains, lo testimonia. Il suo arrivo compensa l’insuccesso dell’affaire Balotelli: non è un segreto che Rodgers sperasse di convincere il centravanti italiano a giocare nell’area di rigore avversaria per creare lo spazio necessario al movimento sulla trequarti delle sue altre frecce. Se l’obiettivo del tecnico ex Swansea è ancora questo, Benteke può essere l’uomo giusto.
I dubbi sorgono di fronte alla valutazione (46 milioni di euro) e, soprattutto, alla cartella clinica. Ad aprile 2014 – mese infausto per i tifosi dei Reds – Benteke ha subito un grave infortunio (la rottura del tendine d’achille del piede destro) e, considerando le ultime due stagioni (2013-’14 e 2014-’15) il ragazzo ha giocato solamente 55 partite di campionato su un totale di 76, segnando 23 gol.

Nonostante l’età giochi a favore di Benteke, la scelta tecnica del Liverpool rimane incomprensibile. Un profilo alla Dzeko o alla Llorente avrebbe consentito, a parità di rendimento, un esborso decisamente inferiore. Dopo gli azzardi della stagione scorsa, francamente non si sentiva il bisogno di una seconda rivoluzione ad Anfield; anche perché l’altro grande acquisto, il brasiliano Firmino, non offre di certo maggiori garanzie.
L’ex Hoffenheim non è una prima punta e nella sua miglior stagione, due anni fa, è arrivato a 16 reti in campionato su 33 presenze. Non male, ma se si considerano le altre tre stagioni disputate dal giovane nazionale brasiliano (24 anni ad ottobre) in Bundesliga, la media racconta di una trentina di presenze circa a campionato e di un bottino piuttosto esiguo: 7 gol.

Nell’ultima stagione uno dei problemi principali per la formazione di Rodgers era la traduzione in gol del grande potenziale offensivo – e il fatto che Gerrard sia stato il miglior marcatore con 9 reti lo dimostra ampiamente.
Sono in grado Benteke e Firmino di risolvere la fame di gol patita dal Liverpool? E soprattutto hanno le spalle abbastanza larghe per sostenere il peso della maglia e di uno stadio come Anfield, teatro  fino a poco più di 400 giorni fa delle esibizioni di uno dei più grandi centravanti dell’era moderna, Suarez?
Di certo, con gli investimenti già fatti e a meno di una cessione (Balotelli?), non ci sarà spazio per un ulteriore colpo che possa facilitare loro il compito.

È difficile valutare le aspettative dei dirigenti del Liverpool e dei loro tifosi prima di questa stagione, anche perché mentre il Liverpool si inerpica per sentieri di mercato tortuosi le altre società inglesi non stanno di certo a guardare.
Il rischio che Brendan Rodgers abbia tirato troppo la corda esiste.
L’eventuale fallimento di Benteke e Firmino sancirebbe l’insuccesso della seconda rivoluzione rodgersiana in sole due stagioni. Un po’ troppo anche per chi non vince il titolo da più di vent’anni.

Maurizio Riguzzi
@twitTagli 

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