
Il mondo è pieno di pataccari, gente che propina schifezze commerciali surclassando persone meritevoli. Una delle grandi domande che li riguardano è: a parlare del pataccaro si fa il suo gioco? Molti sono convinti di sì, poiché, dicono, “ogni pubblicità è buona pubblicità”.
Io, personalmente, non sono d’accordo. Ci sono pubblicità negative che sono in realtà buone pubblicità. Per esempio…
- Le critiche costruite a tavolino da giornalisti (magari amici dei pataccari) che fingono di indignarsi per fare pubblicità al divo di turno.
Caso eclatante: Oliviero Toscani. - Gli insulti sparati a caso. Non voglio essere buonista. Insultare gli imbecilli è un piacere e non voglio privarvene. L’insulto non accompagnato da una motivazione, però, fa effettivamente il gioco dell’insultato, che risulterà agli occhi di molti una povera vittima. Per ovvio che sia il motivo per cui viene insultato il pataccaro, è sempre meglio chiarirlo.
Caso eclatante: Justin Bieber. - Le critiche di chi non apprezza questo e quello ma non sa dire perché. Molte persone criticano certi personaggi ma sono prontissimi a idolatrarne altri che hanno gli stessi comportamenti.
Caso eclatante: Silvio Berlusconi.
Una critica negativa bene argomentata, però, non vedo come possa giovare al criticato. Prendiamo ad esempio un celebre pataccaro: Giovanni Allevi.
Non si può parlare di Allevi come di un musicista amato dalla maggior parte del pubblico. In effetti, tutti quelli con cui ho parlato lo considerano un povero disadattato.
Forse, numericamente, i suoi sostenitori sono di più di quelli che lo odiano, ma va aggiungo che si tratta perlopiù di ragazzini che non possono o non vogliono esprimere la loro opinione.
Tutte le persone che si occupano a tempo pieno di musica con cui ho parlato lo considerano un flagello divino. I pataccari, infatti, sono personaggi di cui il novantanove per cento della popolazione ha una stima bassissima, ma che nonostante questo fanno fortuna. Basti pensare a Fabrizio Corona, Paris Hilton, Enrico Papi, Christian De Sica…
Si potrà obiettare che questi personaggi non sono certo odiati dai potenti (Allevi fa concerti in Parlamento, per quanto si atteggi a nemico della Ka$ta).
Si potrà obiettare che questi personaggi hanno comunque un loro seguito (il cinepanettone piace a molti). Ma è possibile che centinaia di intellettuali non riescano a contrastare l’ascesa di certi asini semplicemente per l’appoggio di un paio di potenti e di il sostegno di qualche migliaio di sostenitori ignoranti?
La verità, secondo me, è che molti intellettuali sanno che Allevi non gli piace, ma non sanno perché. E, se lo sanno, non lo dicono. È per questo che trovo così importante rispondere a questa domanda. A me Allevi non piace. Ok. Ma perché?
Per rispondere come si deve, vorrei fare un paragone tra la sua musica e quella di un altro compositore contemporaneo molto popolare: Nobuo Uematsu.
Per chi dimenticasse facilmente i nomi stranieri, Nobuo Uematsu è un compositore di colonne sonore attivissimo nell’industria videoludica, celebre soprattutto per le colonne sonore della saga di Final Fantasy.
Io, personalmente, lo considero un genio, e facendo questo confronto vorrei spiegare perché.
Allevi viene accusato di fare musica semplice, indegna della sua ventennale formazione. È vero, ma francamente non me ne frega niente.
Uematsu fa musica ancora più semplice della sua (brani come Joy o il finale de L’orologio degli dei richiedono già una certa bravura).
E, quanto alla formazione, quella di Uematsu è molto più scarna di quella di Allevi. Non ha mai frequentato il conservatorio, eppure è più bravo di Allevi che ci si è diplomato.
Quando una fan disse a Uemastu che aveva sentito delle musiche simili alle sue, e gli chiese se pensava l’avessero plagiato, Uematsu rispose: “È abbastanza facile copiarmi. Faccio musica semplice. Non ho mai studiato musica“.
Cosa mi spinge, quindi, a considerare due musicisti apparentemente molto simili in modo così diverso?
Il musicista, come ogni artista, deve trasmettere qualcosa. E questa è l’argomentazione che i fan di Allevi (e della paccottiglia in generale, in realtà. Caso eclatante: Federico Moccia) usano per difenderlo. “Non mi interessa se è brutto. Io mi sono emozionato!“.
È proprio questa affermazione, che tante volte ha salvato Allevi dalle critiche tecniche, che secondo me dovrebbe condannarlo.
È vero. Uno può emozionarsi con quello che gli pare.
Ma le emozioni “perché sì” sono un po’ poco per dire che un compositore è bravo. Di base, un’emozione “perché sì” te la può trasmettere chiunque.
Se la tua emozione è sentire il suono di un pianoforte, qualsiasi cosa suoni, allora dovresti pagare il biglietto a quello che l’ha accordato, non a quello che l’ha suonato.
C’è chi odia Allevi perché, a suo dire, “si paragona a Mozart” o, comunque, parla come se fosse un grande musicista. Ebbene, per me non esistono musicisti più o meno grandi. Esistono musicisti che sono tali e musicisti che non lo sono.
E la differenza tra questi due sta nel fatto che il primo ha delle idee, la sua musica comunica qualcosa. E non sto parlando di “mi sono emozionato”, sto parlando di concetti.
Ciò che conferisce valore alle emozioni sono le idee e/o i sentimenti che esse veicolano. È per questo che le emozioni “perché sì” non hanno particolare valore.
Se in una emozione non c’è nulla che si possa condividere con altre persone, tanto vale limitarsi a prendere un’anfetamina. Si otterrà la stessa emozione posticcia e passeggera. Quindi, per definizione, l’argomentazione “mi sono emozionato perché sì” non vale niente.
Anni di “i gusti sono gusti” hanno portato a pensare che sia impossibile parlare di musica. In realtà è vero il contrario; una musica può piacere o meno, ma solo una musica di cui si può dire qualcosa è musica ispirata. I pezzi di Allevi non hanno contenuto, ed è questo che fa di lui un non-compositore.
Nobuo Uematsu, come detto, fa colonne sonore. In effetti la colonna sonora è uno dei pochi generi di musica che riesca a trovare interessante. Perché? Perché chi scrive colonne sonore è obbligato a infilarci dentro delle idee.
La colonna sonora deve funzionare. E, per funzionare, deve avere un contenuto.
A volte le idee saranno originali, altre volte saranno così banali da sembrare concepite da un bambino di sette anni (i violini durante la scena commovente, la chitarra elettrica durante l’inseguimento), ma dovranno essere presenti.
Ora: Allevi ha composto l’inno delle Marche (la sua regione). Un inno non è una colonna sonora, ma quasi. Deve dire qualcosa del paese, della città, della regione, del partito o che so io a cui si riferisce, sennò che inno è?
Molti, ad esempio, odiano l’inno di Mameli perché non è chissà cosa tecnicamente (poi c’è chi lo odia perché odiarlo fa figo). A me invece piace perché non me ne frega niente se non è chissà cosa tecnicamente, e anzi trovo che rappresenti bene l’Italia, con il suo carattere bandistico.
Così come trovo che la Marsigliese rappresenti bene la Francia, con il suo carattere romantico e al tempo stesso politicamente impegnato che fa tanto pensare alle rivoluzioni che l’hanno generato. E così come penso che non si possa negare il carattere estremamente british di God save the Queen, elegante nell’incedere, raffinata, ma anche molto pomposa.
Per quanto riguarda l’inno delle Marche, invece, vorrei citare un sagace commentatore di YouTube: “Ho sentito l’inno delle Marche di Allevi, e potrebbe essere l’inno di qualsiasi cosa”.
In effetti mi risulta difficile capire perché quest’inno (a parte il fatto che non è un inno ma un preludio strumentale privo di testo) dovrebbe rappresentare le Marche.
Voglio proporre, a questo proposito, due ascolti di Nobuo Uematsu. Il primo ascolto si chiama Tema di Terra e proviene da Final Fantasy VI.
Come potete sentire, tecnicamente non è a un livello molto più alto dell’inno delle Marche di Allevi. Sostanzialmente, tutto si regge sullo stesso tema per quattro minuti. Quello che fa bella questa musica è l’idea musicale che c’è dentro.
Il brano, come dice il titolo, riguarda una delle protagoniste della storia (Terra, appunto). Stiamo parlando di un personaggio misterioso e tormentato, una ragazza che non conosce la propria origine e possiede il potere dell’invocazione.
Questo potere, come spesso accade in Final Fantasy, è per lei un fardello. E questo, nel brano, si sente.
Il modo in cui si ripete il tema ricorda la fatica, il dubbio, il vento… È un tema che appare e scompare, si nasconde e poi riaffiora, così come fanno i ricordi del personaggio.
Sale e scende, è lontano e vicino al tempo stesso.
È fatto di arpeggi e crome ma ricerca sempre la nota lunga su cui riposarsi. Nota che abbandona subito dopo averla trovata, spegnendosi. Anche le note ribattute che lo sostengono la melodia nell’accompagnamento danno l’idea di dubbio e angoscia.
Il secondo ascolto è intitolato Tema di Tidus e Yuna, da Final Fantasy X. Tidus e Yuna sono i due protagonisti: la storia che racconta questo capitolo si svolge in un mondo fatto di morte. §
Non sto a spoilerarvi i dettagli, ma da quelle parti si muore che è una bellezza. Tutto quello che fanno i personaggi è volto ad alleviare questo senso di morte.
Tra i due protagonisti in questione (come in molti altri Final Fantasy) c’è una storia d’amore. Ma non è una storia d’amore posticcia. È una grande storia d’amore perché è l’amore tra due anime votate al sacrificio in un mondo che sta finendo. Questo, nella traccia che avete appena ascoltato, si sente.
C’è la morte in quell’arpeggio di la bemolle che apre il brano. Un che di fatale.
È come se la morte si annunciasse fin dalla prima battuta. Non in modo violento, ma in modo ineluttabile. È la sensazione di qualcosa che va in pezzi, e il lirismo della melodia che segue sembra un tentativo di rimettere insieme i pezzi.
Ho sempre pensato che l’amore fosse qualcosa che rende completa una vita colma di difficoltà, e per la mancanza del quale, invece, una vita soddisfacente può diventare incompleta. Come ho detto, c’è molta morte in Final Fantasy X, ma, giocandoci, non si sente il dolore di questa morte.
Questo perché, nonostante tutto, quello che i protagonisti, umanamente, possiedono, è soddisfacente. Sono un gruppo di amici che viaggia in un mondo spettacolare (era, tra l’altro, il primo capitolo della serie pensato per PlayStation2, e gli autori si sbizzarrirono nel creare ambientazioni stupefacenti), e ci sono anche due che si innamorano.
Con questi presupposti, non si pensa alla morte come qualcosa di necessariamente tragico.
Se pensiamo all’amore come a qualcosa che rende completa una vita difficile, ne consegue logicamente che alla ricerca dell’amore corrisponderà una ricerca di serenità. La melodia che segue le prime tre note è la ricerca di questa serenità.
Non è una ricerca facile. Nelle note che seguono sembra quasi di avvertire non solo malinconia, ma anche frustrazione, perché la situazione in cui vivono i personaggi, oltre che triste, è ingiusta.
Quella di un camino acceso che cerca, pian piano, di scaldare una stanza fredda sarebbe forse una metafora poco originale, ma, in questo caso, azzeccata.
E, in effetti, questa serenità viene trovata. Basta pensare a come diventa più calda la melodia a circa tre quarti del brano. L’idea della morte rimane, ma la sofferenza che suggerisce scompare.
È come vedere qualcuno che viene cullato fino a dimenticare le sue sofferenze. Del resto, la theme song di Final Fantasy X recita “ho sognato di giacere sul tuo petto” e “sogno il tuo viso che dolcemente si confonde nella luce del mattino“, segno che questa idea è abbastanza presente nell’opera (tra parentesi, la musica di Final Fantasy X è molto omogenea, questo anche a causa del fatto che Uematsu ha avuto solo pochi mesi per comporla, a differenza di quanto era accaduto con le colonne sonore di altri capitoli).
Per fare un discorso più generale sull’opera di cui stiamo parlando, il produttore di Final Fantasy X dichiarò, in merito ai capitoli immediatamente precedenti: “I giocatori sembravano avere un’idea molto precisa di ‘fantasy’, vale a dire un mondo medioevale europeo. Ho voluto cambiare quell’idea”.
In questo capitolo l’ambientazione si fa decisamente più asiatica. Si può dire che sia un omaggio alla cultura giapponese. Ed è un omaggio decisamente ben fatto.
Non c’è semplicemente una storia ambientata nel Giappone del 1200 con gong e costumi tipici.
C’è il Giappone con tutte le sue contraddizioni, diviso tra antico e moderno (la storia si svolge in un arco di tempo di mille anni, tra un mondo del passato ultramoderno e un mondo del futuro che ha perso tutta la sua modernità).
Io giocando a Final Fantasy X ho capito tante cose del Giappone. Voi sentendo l’inno di Allevi cosa avete capito delle Marche?
F.V.