
Stazione di Torino Porta Susa. Sali sul treno che ti porterà a Parigi. Una voce francese ti ricorda di togliere la suoneria al cellulare e di telefonare nello spazio apposito fra un vagone e l’altro, per non disturbare gli altri passeggeri. Sembra fantascienza, ma lo fanno, giuro.
Poi ti siedi e nel giro di un attimo il vagone è interamente invaso da un’allegra comitiva di tre famiglie italiane, con un totale di cinque bambini al seguito, approssimativamente fra gli otto e i tredici anni. I nostri eroi ci mettono circa 20 minuti a trovare i loro posti, bloccando con le loro ciclopiche valige il corridoio, pestando i piedi a chiunque si trovi nel raggio di un chilometro e urlando fino a svegliare i passeggeri che, saliti a Milano, speravano ingenuamente di dormire. Ciliegina sulla torta, due delle bambine scoppiano inspiegabilmente in lacrime.
– “Antoooooo, dov’è il 71?” – “Ma non c’èèèèèè” – “Maria, non siamo tutti vicini?” – “Ma guarda sti c******i che non ci hanno messo vicini.” – “Giorgio, ma il 25 e il 26?” – “No, dai non piangere… la mammma è quiiiiiiiiiiii” – “Non lo soooooooooooo dove sono. Ma che treno del c***o!”
Eccetera eccetera.
Ecco, a volte il mio odio per gli italiani all’estero inizia appena salita sul TGV.
Serena Avezza