Due chiacchiere con “Elettra” Giulia Rupi: come e perché fare teatro oggi

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Elettra, d Hugo von Hofmannsthal, è la prima opera della compagnia emergente Wanderlust Teatro, nata a Torino, nei corridoi del Teatro Stabile e diretta da Giuliano Scarpinato – vincitore del Premio della Rassegna Salviamo i Talenti, del Teatro Vittoria di Roma. 
E proprio a Torino tornerà il 9 e 10 gennaio, dopo aver girato diversi teatri italiani e luoghi magici come il Tempio Dorico e il Teatro Antico di Segesta, prima di tornare nella capitale la prossimo primavera.
Il mondo del teatro rimane una nicchia dal fascino selettivo: di sicuro non esercita (più?) la presa sul pubblico dei decenni (secoli?) passati, almeno in termini quantitativi; ma resiste uno zoccolo duro di appassionati al di qua e al di là del palcoscenico: gente che di teatro vuole vedere e conoscere, accanto a gente che di teatro vuole vivere. Per questo abbiamo fatto due chiacchiere con Giulia Rupi, che interpreta il ruolo della protagonista e che troverete nella foto più in basso (assieme al collega Raffaele Musella). Ci siamo fatti raccontare di cosa si stratta, ma non solo: le abbiamo chiesto cosa significa “fare teatro”, oggi.

Come mai il teatro ha perso la sua funzione di intrattenimento popolare?
Non saprei dire se il teatro abbia perso o no il suo ruolo di intrattenimento popolare. Vero è che deve confrontarsi con il cinema, la televisione e le serie tv. Tutti canali molto più accattivanti e accessibili.

Intravedi una via di uscita?
Sì, nei teatri off, ad esempio, ma anche nel lavoro di alcune compagnie emergenti. 
Molti ragazzi stanno cercando di proporre qualcosa di nuovo, tentando di uscire dal solito pubblico di addetti ai lavori: lo scopo del gioco, al solito, è portarea teatro persone che generalmente non lo frequentano.
Inoltre, oltre alle scelte artistiche, sarebbe importante insegnare il teatro nelle scuole: farlo entrare nel sistema scolastico potrebbe facilitare la domanda di pubblico e preparerebbe un terreno culturale più vivace e consapevole. Ecco, credo che formare i più giovani, fin dai banchi di scuola, pulirebbe il teatro da quell’alone di intrattenimento di élite e tornerebbe ad esercitare anche il suo ruolo popolare.

Parlaci della compagnia nella quale lavori attualmente.
Wanderlust Teatro, sì! Ci siamo conosciuti tra i banchi della Scuola del Teatro stabile di Torino. A livello umano ad artistico è un sogno che si realizza perché hai la possibilità di lavorare con persone con le quali sei legato da profonda stima e amicizia. 
Il nome nasce dal significato della parola Wanderlust, considerata quasi una sindrome, ovvero il forte desiderio di viaggiare ed esplorare il mondo e in senso più traslato, il mutare da uno stato all’altro, da un luogo all’altro, l’essere multiforme. 
Il contrario dell’immobilismo insomma. Ed è quello che ci proponiamo di fare anche nella pratica.

Anche se il vostro primo spettacolo, Elettra, è un testo dell’inizio del secolo scorso.
Non è la data di una scrittura a caratterizzarne l’innovazione e la freschezza. Lo spettacolo è “Elettra”, di Hugo von Hofmannsthal, è una delle rielaborazioni del mito della saga (greca antica, N.d.R.) degli Atridi, scritta a inizio Novecento. 
La cosa interessante è che nella sua riscrittura i personaggi sono indagati nella loro psicologia (Hofmannsthal era contemporaneo di Freud) e hanno quindi una forza molto moderna. Inoltre la sua scrittura è molto precisa e al tempo stesso vorticosa, sembra che quando lo spettacolo inizi ci si ritrovi in un conto alla rovescia che porta al finale, quasi in un vortice. 
L’atmosfera è notturna, l’aspetto del sogno, dell’inconscio è molto importante ma al tempo stesso è presente l’aspetto carnale e passionale dei personaggi. Con il regista Giuliano Scarpinato abbiamo infatti lavorato molto su questo, cercare di restituire parole alte plasmate da corpi vibranti, andando ad indagare l’intimità, le fragilità, l’eros e le caverne dei personaggi. 
Elettra è al tempo stesso una bambina ferita, orfana di un padre amato fino all’estremo, ma è al tempo stesso una bestia feroce, costretta a vivere in mezzo ai cani, una ragazza divenuta donna prima del tempo, che vive per vendicare il padre, nell’attesa lacerante del fratello, l’unico in grado di compiere l’azione. 
Interpretare un personaggio del genere ti dà la possibilità di attingere a tutte le risorse del tuo privato, proprio perché è così piena di tutto. È un turbillon che ogni volta ti prende e ti ribalta.

È possibile, oggi, vivere facendo teatro?
Si può, sì, anche se non è facile. Gli attori di solito si dividono tra teatro, cinema, tv, pubblicità, doppiaggio, laboratori nelle scuole e altre attività. 
Da un certo punto di vista, penso sia anche più sano confrontarsi con mezzi diversi e ogni volta mettersi in gioco. Purtroppo il lavoro dell’attore è scarsamente riconosciuto in Italia, si pensa che gli attori siano solo i grandi nomi ma esiste invece un esercito sotterraneo di professionisti che ogni sera calca le scene nelle più disparate città d’Italia. 
Negli ultimi anni forse abbiamo capito che l’unione fa la forza e ci stiamo unendo per far sentire la nostra voce. Oltre al Sindacato, il gruppo FACCIAMOLACONTA è molto attivo a questo proposito, e sono sempre molto grata a chi riesce ad agire in prima linea. 
Noi attori, comunque, teniamo duro e cerchiamo di fare bene il nostro lavoro, che ci piace molto. 

Andrea Dotti

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