Donne bellissime che preparano colazioni luculliane in una cucina che nemmeno quelle esposte da Ikea sono così pulite, mariti che si scapicollano per le scale in giacca e cravatta (gli operai, gli impiegati del catasto, i commercianti, i postini non hanno diritto di fare colazione, no!, solo i broker e i bancari), bambini sorridenti, già pettinati e vestiti di tutto punto al sorgere del sole. Tutti contenti di catafiondarsi a tavola per divorare le merendine con la stessa grazia con cui Gandalf e i suoi planano sugli orchi nel fosso di Helm.
Ora, ditemi quanti di voi tutte le mattine (o anche solo una mattina a settimana) riescono a vedere questo quadretto in famiglia? Sono esclusi il sabato e la domenica, giorni nei quali se vostro padre si presenta a tavola in giacca e cravatta con il sorriso stampato in faccia probabilmente ha abusato di nascosto di ketamina e metamfetamina.
E i bambini felici di andare a scuola? Mai conosciuto uno, nemmeno i miei compagni più secchioni. La pubblicità è finzione, mi sta bene, serve a comunicare un messaggio non per forza reale al servizio di un prodotto, mi sta benissimo, ma un limite ci sarà pure.
Lo stesso vale per i farmaci. Io non ho mai conosciuto nessuno felice di assumere dei farmaci o che fa le scorte di farmaci (al massimo posso aver conosciuto qualcuno felice di assumere altro, che di taumaturgico aveva ben poco) come se la catastrofe nucleare fosse dietro l’angolo e il rischio di stare chiusi in un bunker con il mal di testa fosse il peggiore degli incubi.
Due amiche passeggiano, passano davanti ad una farmacia e una dice tutta entusiasta ed estatica “Aspetta, ho finito ***”. Poi esce, ed ebbra di gioia mostra all’amica rimasta fuori la maxi confezione di compresse: “Ho preso la nuova confezione da 36, prendilo anche tu”. Ma si, bombiamoci tutti di analgesici in allegria, giù pasticche per il mal di testa come se fossero pastiglie Leone. E l’amica che fa? Entra, e tanto per non essere da meno dell’altra furbona compra il maxi blister; ma anche quello da 10 compresse. Vorrai mica sempre girare con quella da 36 nella borsa? No, c’è pure quella da 10.
Nella versione alternativa, nell’atto di scapicollarsi nella farmacia dà una spallata ad un distinto signore, che anziché ricomporsi le chiede di fargli vedere la confezione che ha in mano. Quello magari stava entrando a comprare i preservativi e la classica scatola di quell’altro analgesico all’acido ascorbico per non dare troppo nell’occhio (“Sa com’è dottore, questi sono per mio figlio, la prima cottarella, è meglio che ci vada preparato…io invece ho un maaaaal di teeesta”) e invece no, cambia idea, fulminato sulla via del Settebello entra e si fa anche lui la scorta dell’antidolorifico in questione.
E poi c’è Marco. Marco è un bravo ragazzo, faccia pulita, giovane. Sale sul palco di Woodstock tra bellissime ragazze dai capelli lunghi, pullmini Volkswagen a fiori colorati, gente nuda e parla di spese del conto corrente.
Ora, io a Woodstock non ci sono stato, né me l’hanno raccontato in presa diretta ma sono pronto a scommettere che se qualcuno si fosse presentato sul palco a parlare di banche lo avrebbero preso a lattine di birra sul grugno, e probabilmente strangolato con qualche poncho. Altro che “Mettete dei fiori nei vostri cannoni”. Ve lo dico, prima che magari Giovanni salga sul palco del Live Aid a parlarmi di polizze assicurative e di adesivi per le dentiere.
Alessandro Porro