L’Africa non è un continente per gay

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Dall’Uganda alla Nigeria, dal Camerun allo Zambia, la caccia agli omosessuali d’Africa sembra inarrestabile. Ben 37 paesi africani su 55 puniscono le relazioni sessuali tra persone dello stesso sesso. Come ha detto senza giri di parole  la coordinatrice per l’Africa della Commissione internazionale per i diritti umani dei gay e delle lesbiche, Monica Mbaru: “Non c’è mai stato un periodo peggiore per i gay e le lesbiche di questo continente”.

L’omosessualità in Africa viene vista come una “devianza sessuale”, una “malattia dei bianchi”, importata dall’Occidente. Ma a ben guardare ad essere importati durante il periodo coloniale sono stati l’omofobia e la criminalizzazione dell’omosessualità, mentre molte delle culture africane tradizionali, con radici che risalgono a prima del colonialismo, erano tolleranti verso la sessualità espressa con persone dello stesso sesso.
Su questo tema, è molto interessante l’articolo di Val Kalende pubblicato su “ThinkAfricaPress”, che potete trovare qui tradotto da Benedetta Monti.

Una coppia gay africana.

IN NIGERIA – Qualche mese fa è stata promulgata una legge anti-gay che commina pene fino a quattordici anni di prigione per gli adulti dello stesso sesso che abbiano rapporti consenzienti fra loro.

Il ministro della Giustizia nigeriana, Mohammed Adoke, al riguardo ha dichiarato di discriminare gay e lesbiche per il loro bene: “Se non avessimo introdotto l’antigay bill la popolazione sarebbe stata libera di farsi vendetta da sola e di darsi liberamente al pestaggio anti-omosessuale”.
L’omosessualità è infatti ritenuta dalla maggior parte dei nigeriani un atto immorale e riprovevole. Ennio Trinelli dalle colonne di “Linus” ricorda che “nel nord della Nigeria a maggioranza musulmana è in vigore una legge che permette agli adulti di sposare bambine di dieci anni di cui le sentinelle della morale che pestano, umiliano e condannano gli omosessuali si guardano bene dal parlare. Tanto per chiarire chi è il pervertito”.

IN UGANDA – La Nigeria non è sola in questa virata omofoba: in Uganda è stato recentemente approvato un antigay bill che prevede l’ergastolo per gli omosessuali “recidivi” e pene fino ai 14 anni per gli “occasionali”, oltre a fino a cinque anni di carcere per chi affitti a omosessuali stanze o case e pene detentive e multe per chi partecipi ad associazioni che supportano i diritti LGBT.
In Sudan dal 1991 è prevista anche la pena capitale.
In Senegal la legge prevede fino a cinque anni di prigione e ci sono stati casi di tombe di omosessuali dissacrate, mentre in Camerun polizia e media si accaniscono contro i gay, esponendoli al linciaggio.
In Gambia le relazioni omosessuali sono punite con fino a 14 anni di carcere. Anche nel nord dell’Africa l’omosessualità viene sanzionata: in Tunisia, Marocco e Algeria le pene vanno dai tre mesi ai tre anni, ma le relazioni omosessuali sono di fatto tollerate, se tenute nascoste.

Donne lesbiche in Africa.

IN SUDAFRICA – Il Sudafrica il solo paese africano che vieta ogni forma di discriminazione, anche quelle basate sull’orientamento sessuale: i gay e le lesbiche hanno ottenuto il diritto di sposarsi, di adottare e di ereditare dal compagno.
Ogni anno si svolgono regolarmente le sfilate del Gay Pride. Ma la Costituzione che dà a tutti pari diritti, fortemente voluta da Nelson Mandela, a pochi mesi la morte del padre della patria è già stata messa in discussione.

Il presidente Jacob Zuma non nutre grande simpatia per gli omosessuali. Qualche mese prima della legalizzazione del matrimonio gay, il 1 dicembre 2006, aveva dichiarato: “Il matrimonio degli omosessuali è una disgrazia per la nazione e per Dio”, prima di doversi scusare di fronte alle proteste suscitate. 
Negli ultimi mesi si sono moltiplicati gli episodi di “violenza sessuale correttiva”, stupri a danni di donne lesbiche, che vengono considerate da rieducare con la forza, in base alla credenza che se sono diventate tali è perché non hanno mai incontrato un uomo capace di far loro apprezzare le relazioni eterosessuali.  Pene per il reato di omosessualità in Africa.

Contro quest’ondata di odio antiomosessuale e in particolare contro le nuovi leggi nigeriane, si è schierato Binyavanga Wainaina, giornalista keniota e autore di spicco del panorama culturale africano, che ha recentemente provocato un enorme scandalo con il suo outing che assume valenza di preciso messaggio politico.

Il suo racconto I am omosexual, mum, che sin dal titolo faceva presagire il clamore puntualmente provocato, è in realtà un capitolo in un primo momento auto-censurato della sua autobiografia Un giorno scriverò di questo posto, uscita nel 2011 e tradotta in Italia da Giovanni Garbellini per «66thand2nd».
Contemporaneamente, Wainaiana ha diffuso su internet un video in sei parti dal titolo “We must free our imaginations”, nel quale con l’ironia che lo contraddistingue fa il verso a quanti sostengono che l’omosessualità non appartiene all’Africa ma è stata importata dall’Occidente e, anzi, attacca “i pastori delle chiese pentecostali”, che negli ultimi anni hanno avuto un vero boom in Nigeria e che sarebbero “finanziati da gruppi conservatori occidentali come i Tea party americani, che investono denaro qui per una battaglia che stanno perdendo a casa loro”.

La parte 5 del video “We must free our imaginations”.

Serena Avezza
@twitTagli

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