Capire #OccupyPd: dieci domande a Matteo Cavallone

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Nato nei giorni concitati dell’elezione del Presidente della Repubblica, OccupyPd  è un movimento di giovani (e meno giovani) iscritti al Partito Democratico, che hanno manifestato il loro dissenso verso le decisioni dei vertici occupando alcune sedi del partito in tutta Italia e salendo alle luci della ribalta con la loro proposta di un “nuovo PD”. Ma ora che il Presidente è stato eletto e il governo assieme al PDL è stato fatto, in che direzione si stanno muovendo i ragazzi di #OccupyPD? Lo abbiamo chiesto a uno di loro, Matteo Cavallone.

Ciao Matteo, prima di tutto parlaci un po’ di te. Da quanti anni fai parte del PD?

264431_10201347808484119_1857431440_nDal 2008. Mi sono iscritto subito dopo le elezioni Politiche, per me è stato il primo voto e ho scelto di dare la mia preferenza al Partito Democratico. Dopo la sconfitta elettorale ho deciso di partecipare attivamente, perché quello del PD mi era sembrato un progetto interessante. Mi sono occupato prima di politica giovanile, poi del movimento studentesco e di alcune mobilitazioni contro la riforma Gelmini, in seguito ho aiutato a organizzare le primarie dei giovani democratici. Ora sono capogruppo del Consiglio comunale di Collegno e da marzo 2012 segretario dei Giovani Democratici.

Quasi cinque anni nelle file del PD. Cosa ti ha fatto decidere di staccarti dalla linea del partito adesso?

In realtà, io non ho cambiato idea. Per me il PD resta il luogo migliore dove fare politica in Italia. Quello che faccio è esprimere dissenso per il cambio di linea non concordato con la base e non coerente con gli ultimi 20 anni di politica di centrosinistra, oltre che con quanto detto in campagna elettorale. Il PD si è da sempre proposto come alternativa al centrodestra e a Silvio Berlusconi. Il governo Letta rappresenta un cambio di direzione, ma non è mai stato votato in un qualche organo di direzione nazionale del PD il sostegno a un governo con il Pdl, quindi semmai la linea del partito l’abbiamo rispettata più noi che non i vertici.

Parliamo dell’elezione del Presidente della Repubblica, la pietra dello scandalo. Perché quello verso Marini non può essere considerato un tradimento?

Nel caso di Marini sarebbe stato più sensato neppure proporlo come575790_10201347809644148_475087478_n (1) candidato, visto che durante la riunione dei grandi elettori del centrosinistra Sel si era opposta ferocemente alla sua candidatura, così come 90 dei deputati del PD, mentre altri 100 erano usciti dall’aula, a fronte di soli 220 voti a favore. Proporlo significava proporre la distruzione della coalizione. Nel caso di Prodi, invece, tutti hanno approvato e applaudito, salvo poi  silurarlo nella segretezza delle urne. L’elezione del Presidente della Repubblica è stata pilotata appositamente in maniera tale da bruciare prima i nomi concordati con il Pdl, per poi affossare volontariamente il fondatore del partito (Prodi) e infine votare chi in questi anni ha più esplicitamente chiesto unione e collaborazione ai partiti tradizionali, Giorgio Napolitano. Personalmente, avrei voluto Romano Prodi, oppure un nome scelto assieme al M5S, Rodotà o magari Zagrebelsky, che è una figura di intellettuale da sempre di sinistra. Ma i “vecchi” del partito non hanno voluto fare un governo di cambiamento, per poter dare le poltrone a chi doveva averle, per autoconservazione.

E in quel frangente nasce #OccupyPd

941283_10201347808604122_1855576094_nTorino è stata la prima città d’Italia ad occupare la sede. L’idea era quella di occupare fisicamente un luogo per noi importante, per dare un segnale forte della volontà della base del PD di “riprendere casa nostra”. Perché il PD è senza dubbio per noi una “casa”: l’unico grande partito italiano che parte da principi democratici sani. Proprio per questo, dispiace ancora di più se questa casa è stata rovinata, resa meno credibile. Ma un partito non è solo fatto dalla dirigenza, un partito sono soprattutto le persone che ci militano e che ne portano avanti la cultura, quindi la questione qui non era come uscire dal Pd o bruciarne la tessera, ma semmai come fare in modo che la classe dirigente attuale possa farsi da parte e come il PD possa ritornare ad essere il perno centrale di una forza progressista italiana.

Voi avete voglia di cambiare il partito da dentro, cosa vi differenzia da Matteo Renzi?

Proprio perché OccupyPd è un movimento e non una corrente all’interno ci sono persone che hanno giudizi molto diversi su Renzi. Personalmente ritengo che durante la campagna delle primarie sia stato additato come un pericoloso militante del centrodestra e, visti i risultati di questa strategia, queste critiche vadano riviste. Renzi è dentro il centrosinistra, certo ha un’idea più liberal della sinistra tradizionale, ma ha un progetto politico interessante e in questo momento è la persona più spendibile del nostro partito. Durante le primarie io avevo sostenuto Bersani, per il suo tentativo di smantellare le frammentazione correntizia di oligarchie dentro il Pd e di rinnovamento, ma visti i risultati del suo operato ora probabilmente farei un’altra scelta.

Tra di voi ci sono dei meno giovani, più che collaudati nell’ambiente politico, non pensi che per loro aderire al vostro movimento sia solo un modo di esibire il loro fastidio per essere rimasti fuori dai giochi di potere interni al partito?

A me non sembra che il nostro movimento sia rimasto così tagliato fuori dalle decisioni: la nostra proposta di creare un governo formato da ministri politicamente non di primo piano è stata abbastanza seguita da Letta, anche se segnalo con rammarico che non è stato lo stesso per quanto riguarda la scelta dei Sottosegretari e dei Presidenti di Commissione, meno visibili mediaticamente. La nostra prossima proposta è quella di aprire il Congresso di ottobre agli elettori, alla cittadinanza.

Il Congresso. Non sarebbe stata quella la sede più adatta per muovere le vostre critiche alla dirigenza del partito, invece di occuparne le sedi?

575824_10201347809684149_368479054_n (1)Certo, anche lì questi temi saranno posti con forza e chi ha fatto certe scelte dovrà renderne conto alla base. Il nostro concetto di democrazia è diverso da quello berlusconiano: il Pd non è un partito dirigistico, l’idea è che il Partito Democratico deve costantemente mettere in atto quello che l’elettorato gli chiede, quindi esprimere dissenso in un momento in cui era evidente che la dirigenza stava scegliendo una strada opposta alla volontà degli elettori ci è sembrata una scelta giusta.

Non temete che la troppa esposizione mediatica possa rovinarvi?

L’esposizione mediatica è servita per far capire le nostre posizioni e far risaltare le nostre idee, per far capire agli elettori delusi che il Pd non è solo la classe dirigente, ma è chiaro che un partito non si cambia con le ospitate in televisione. È solo con il lavoro costante sul territorio che si può rendere di nuovo il Pd una casa accogliente per chi si riconosce nel progetto di un centrosinistra italiano.

Perché, nonostante le recenti scelte fallimentari del Pd, continuate a credere che questo partito possa rappresentare un possibile futuro per la sinistra italiana?

Per me c’è una differenza fra le posizioni che un partito prende983855_10201347811124185_599709723_n momentaneamente e cosa il partito è. Io farei fatica a stare dentro altri partiti di centrosinistra, ad esempio Sel manca di progetti e proposte ed è un po’ troppo legato ad un’unica personalità dominante. Invece a me piace stare dentro un partito di sinistra meno legato al sindacato e forse meno empatico con il popolo di sinistra, ma più interessato ai problemi concreti delle persone e che configura soluzioni europee e innovatrici su temi caldi come quello del lavoro.

Giovani e rottamatori, non vedi anche tu qualche attinenza con i Cinque stelle?

Non posso immaginarmi dentro una realtà come il M5S, che non ha un programma governativo, né propone soluzioni per i problemi del Paese, ma è destinata a fare solo opposizione. Si tratta di persone poco preparate politicamente e vi è un evidente problema di democrazia interna. Il risultato è che i loro parlamentari non prendono nessuna decisione, non si assumono nessuna responsabilità, come hanno dimostrato astenendosi nella votazione sul primo provvedimento importante del governo Letta: la restituzione dei debiti della Pubblica Amministrazione alle imprese.

Andando oltre il presente, quali sono le vostre proposte di cambiamento all’interno del PD sul lungo termine?

La prossima tappa è il Congresso, ma un congresso si prepara. Il 15 giugno ci sarà una riunione nazionale a Bologna e noi presenteremo la nostra proposta: un congresso aperto dove l’elettore possa decidere chi guida il suo partito a livello nazionale, regionale e provinciale. Bisogna capire quale sarà la nuova forma di un partito che deve riscoprire la discussione dal basso e la partecipazione popolare. Pensiamo a strumenti innovativi, come il referendum interno agli iscritti, per creare un progetto politico di alleanza con i cittadini e dare risposte concrete, convincenti e comunicabili alle emergenze della disoccupazione giovanile, della povertà, del collasso del sistema industriale e del rinnovamento della classe dirigente nazionale. Non credo che il movimento di OccupyPd diventerà una mozione congressuale, ma deve continuare a essere un motore di opinione pubblica che prova a favorire il ricambio generazionale del Pd e a riconciliare i cittadini con la politica.

 Serena Avezza

@twitTagli

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