Il merito di Cecile Kyenge: aver dimostrato quanto il razzismo sia ancora un problema italiano

Cècile Kyenge

All’interno del meraviglioso mondo dei social network, il ministro dell’integrazione Cecile Kyenge ha perso da lungo tempo tutti i suoi connotati di donna politica, appartenente ad un area di sinistra moderata. Ha invece assunto il ruolo di protagonista di storie di fantasia, talmente assurde e surreali che potrebbero far ridere o essere inserite in un racconto dell’orrore, se non fosse che purtroppo c’è gente che ci crede, e che continua a diffonderle, gettando benzina sui fuochi del razzismo e della xenofobia.

L’ultima di queste idiozie in ordine di tempo è quella secondo cui il ministro avrebbe firmato una proposta di legge per rendere illegali i termini “padre” e “madre”, che andrebbero sostituiti da “genitore 1” e “genitore 2”.

Quello che è accaduto realmente è che una segretaria del ministro ha proposto la modifica delle diciture sui documenti, per facilitare la compilazione ai genitori single o divorziati: una quisquilia burocratica che, se fosse stata proposta da qualunque altro ufficio del panorama politico italiano, sarebbe passata sotto silenzio.

Invece, trattandosi del ministero di Cecile Kyenge si è arrivati a leggere in giro che la proposta di legge conteneva il divieto di pronunciare le parole “padre” e “madre” in pubblico, nonché l’obbligo di aggiornare i dizionari. La bufala è talmente grossa che sembra incredibile che qualcuno possa trovarla credibile, eppure la notizia è rimbalzata ovunque: decine di migliaia di condivisioni e migliaia di commenti, e nessuno che si preoccupi di verificarne la veridicità prima di scandalizzarsi.

Lovecraft non avrebbe saputo inventare di peggio... Lovecraft non avrebbe saputo inventare di peggio…

Il ministro dell’integrazione fino ad ora non ha ottenuto grandi risultati – complice la difficile situazione politica – ma se ha avuto un merito è stato quello di far uscire allo scoperto i razzisti nella società italiana: quelli che fino alle scorse elezioni erano riconoscibili solo dal fatto che, dopo l’introduzione obbligatoria “io non sono razzista“, erano soliti far seguire un “ma“.

Se si fruga nella leggenda nera del ministro di colore, le accuse più frequenti che le vengono rivolte sono quelle di essere anti-italiana, di disprezzare il tricolore e via dicendo. Tali accuse sono nate fin dal suo discorso di insediamento, dal momento in cui ha dichiarato di non sentirsi del tutto italiana e di sentirsi appartenente a due patrie – dichiarazione assolutamente legittima e sensata, essendo lei nata in Congo, ma che è stata distorta, tanto nel significato letterale quanto nell’interpretazione, da una certa propaganda di estrema destra o legata agli ambienti della Lega Nord.

È curioso che proprio i leghisti siano i più solerti nel diffondere l’immagine di una Cecile Kyenge anti-italiana, se si pensa che i leader del Carroccio erano soliti fino a poco tempo farsi vanto del nettarsi le terga col tricolore – per non parlare dell’indimenticato siparietto di Borghezio all’Europarlamento, dove sventolando una bandiera padana intonò “Italia Italia vaffan…”, ma sorvoliamo.

Il fatto che persone tendenzialmente razziste siano disposte a credere a notizie assurde (addirittura la riforma del dizionario, roba da regime totalitario) pur di vedere confermate le loro tesi è la miglior prova del patrimonio di ignoranza che costituisce il sostrato di qualsiasi xenofobia.

Disgraziatamente, questo rende molto difficile la discussione con questo genere di persone, dal momento che tanto riferimenti culturali quanto ragionamenti logici difficilmente vengono colti. In una recente discussione su un blog, una ragazza ha argomentato il suo essere critica nei confronti del ministro Kyenge nel seguente modo:

anche gli italiani sono emigrati, ad esempio ci sono un sacco di italiani in Belgio, ma in Belgio non nominerebbero mai un italiano ministro, perché è evidente che farebbe gli interessi degli italiani, e non dei belgi”.

Questo modo di pensare nasce probabilmente da un meccanismo di proiezione psicologica, tale per cui si attribuiscono agli altri i comportamenti che adotteremmo noi: nello specifico chi fa questo ragionamento considera ovvio che chiunque favorirebbe un compatriota piuttosto che una persona meritevole. Per questo è fondamentale intervenire anche sulla formazione morale delle persone, se si vuole superare questa ondata di razzismo dilagante. Se invece si vuole solo vincere facilmente la discussione, basta segnalare al nostro interlocutore (nel mio caso, alla mia interlocutrice) che in effetti il primo ministro belga si chiama Elio di Rupo, ed è italiano.

Il primo ministro Belga, di origine italiana, Elio di Rupo. Il primo ministro Belga, di origine italiana, Elio di Rupo.

Luca Romano

@twitTagli

Questo articolo è comparso sulla rivista cartacea “Promozione e Salute”,
organo di informazione della società senza fini di lucro C.I.P.E.S.

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