Disclaimer: non sono un professore, ma sono figlio di una professoressa (e vicepreside). Non mi picco di nessuna competenza, ma non sono totalmente ignorante dei meccanismi della scuola. Inoltre, i miei capelli conservano ancora il loro colore castano scuro (ovvero: sono ancora abbastanza giovane da ricordare piuttosto bene la mia esperienza di studente).
Eccoci giunti al secondo appuntamento con quelle che auspicherei come sensate riforme dei programmi scolastici delle scuole superiori. Questa volta l’argomento che vado a trattare mi compete un po’ di più, dati i miei studi universitari: parlerò infatti di matematica e di fisica.
La matematica è da sempre considerata una delle materie più “ostiche” dagli studenti – diciamo pure una delle più odiate: le motivazioni sono essenzialmente tre.
- La matematica non basta saperla, occorre saperla usare. Non si possono semplicemente studiare a memoria formule su formule, al momento del compito in classe bisogna capire quale formula va applicata e dove, e nell’applicarla si deve stare anche attenti a non commettere errori di calcolo: è sufficiente una piccola distrazione per “mandare a donne perdute” un intero compito.
- La matematica non si può copiare: uno studente impreparato non può copiare il risultato da quello più preparato, dovrebbe copiare anche il procedimento con il quale il suo compagno è arrivato a tale risultato. Il che spesso risulta impossibile, per motivi pratici: questo implica che, per quanto non piaccia, la matematica occorra studiarla.
- La matematica viene percepita come “inutile” in una vita normale.
Per quanto riguarda le prime due, null’altro posso fare se non constatare lo status quo, mentre per ciò che concerne la terza affermazione, l’unica definizione possibile per essa è “stupidaggine”. Non solo perché il mondo di oggi, essenzialmente, vive di matematica: ogni automobile, computer, smartphone, qualsiasi apparecchio dotato di un circuito elettrico o di un motore ha, dietro alla sua progettazione, raffinati e complessi calcoli matematici; ma soprattutto perché anche chi non si occupa direttamente di progettare oggetti tecnologici o di ambiti dove la matematica è importante (scienze statistiche, economia, informatica), si ritrova ad usare la matematica più spesso di quanto crede, solo che normalmente delega il rapporto diretto con la materia a qualcun altro (nella maggior parte dei casi, il proprio commercialista, che si occupa di calcolare aliquote, percentuali, ritenute, interessi e quant’altro). La matematica è ovunque, e conoscerne almeno le basi, quelle necessarie almeno a saper calcolare rapidamente l’importo di un interesse, dovrebbe essere un passaggio fondamentale nell’educazione di tutti. Il problema principale qui, è che l’approccio che si segue nell’insegnamento della materia, è assolutamente, totalmente teoretico: le uniche “applicazioni” (si fa per dire) hanno a che fare con la geometria e, a partire dal terzo/quarto anno, con la fisica.
A mio avviso bisognerebbe, invece, con maggiore gradualità, introdurre gli argomenti agli studenti con il supporto di un numero maggiore di esempi pratici – dall’economia, ad esempio: sconti, rateizzazioni, interessi, percentuali; o dalla statistica: probabilità, media, media pesata, deviazione standard, etc.; e magari anche qualche problema minore di ingegneria.
Invece, per quanto riguarda lo studio della fisica alle superiori credo che andrebbe quantomeno rivisto totalmente, se non abolito del tutto. (BOOM!)
Un laureato in fisica che sostiene l’esigenza di abolire del tutto lo studio della sua materia nelle scuole superiori? Ebbene sì, vediamo un attimo perché. Innanzitutto, lo studio che viene fatto della materia è del tutto superficiale, e non può essere diversamente: per studiare la fisica in maniera, se non approfondita, almeno un po’ seria, occorrono due strumenti matematici fondamentali, ovvero l’algebra lineare e il calcolo differenziale e integrale (o, se preferite, l’analisi). Queste due branche della matematica non fanno parte del programma delle scuole superiori, con l’eccezione dei licei scientifici, i cui studenti affrontano lo studio dell’analisi durante l’ultimo anno: la conseguenza di ciò è che la fisica che si studia a scuola è in buona sostanza un cumulo di riduzioni, semplificazioni e casi limite che gli studenti sono in grado di trattare con quella poca matematica che conoscono. Ad esempio, già nello studio dei moti (il primo argomento di fisica che si affronta alle superiori), ci si riduce ad analizzare solamente il moto uniforme e il moto uniformemente accelerato, perché uno studio più serio e generale prevederebbe la spiegazione del concetto di “equazione oraria”, che gli studenti non sono in grado di trattare adeguatamente (ovvero, tramite derivate e integrali).
Questo quando va bene… quando va male si finisce con lo spiegare agli studenti delle autentiche cazzate: ricordo ancora con orrore il mio testo di fisica di terza superiore (il libro di testo, non il professore che può essere un’eccezione) che spiegava come la luna orbitasse attorno alla terra per via del bilanciamento tra la forza di gravità e la forza centrifuga. (per i profani: la forza centrifuga è una forza apparente che esiste solo se l’osservatore si trova in un sistema non-inerziale; altrimenti è una semplice conseguenza del principio di inerzia. I moti gravitazionali sono dati dalla legge di conservazione del momento angolare in presenza di una forza centripeta – la forza gravitazionale, appunto).
Il secondo motivo per cui lo studio della fisica nelle scuole superiori è pressoché inutile è una diretta conseguenza del primo, ed è legato anche al discorso precedente sulla matematica: proprio per il fatto che la fisica che si studia è fatta di casi limite (assenza di attrito, velocità costanti, etc.), di nuovo si propinano agli studenti dei contenuti dall’utilità pratica pari a zero. Il che, oltre a confermare in loro la sensazione che, essenzialmente, qualsiasi cosa si esprima con una formula sia tendenzialmente inutile, li porterà ulteriormente a detestare tanto la fisica, quanto la matematica, contribuendo alla generale disaffezione allo studio che caratterizza la maggior parte degli studenti.
Il terzo motivo, che reputo il più importante, è di ordine concettuale: durante la prima lezione di fisica alle scuole superiori, si spiega agli studenti che cos’è il metodo scientifico, e come questo metodo caratterizza la fisica da Galileo in avanti. Senonché, a partire dalla lezione successiva, tutto si fa, meno che seguire questo metodo. Proprio per il fatto che i fenomeni oggetto di studio sono pochi, semplicistici e trattati con strumenti matematici inadatti, la maggior parte del programma di fisica delle scuole superiori è costituito da formule sbattute in faccia agli studenti senza (o con scarsissime) dimostrazioni.
“La formula di un moto uniformemente accelerato uni-dimensionale è questa. Credici, abbi fede in me.”
D’altra parte, le dimostrazioni richiedono calcoli di analisi e algebra lineare, quindi siamo di nuovo al punto di partenza: la scarsezza degli strumenti matematici a disposizione degli studenti. Qui però il problema è più grosso, non si tratta semplicemente di prendere un caso particolare anziché una formula generale: qui si violenta proprio la materia, che per definizione è fatta di osservazione → induzione → analisi → astrazione → deduzione → ipotesi → verifica sperimentale. Prendere delle formule e chiedere agli studenti di accettarle per fede è esattamente il contrario rispetto all’insegnare loro la fisica (e lo sarebbe anche se le formule fossero generali e precise, anziché riduttive e grossolane).
Fare fisica in questo modo è del tutto inutile, se non controproducente; tuttalpiù sarebbe sensato (nei licei scientifici o comunque in quelle scuole dove l’insegnamento delle discipline matematiche e scientifiche è prioritario) concentrare maggiormente il programma di matematica nei primi quattro anni, ed eventualmente introdurre le basi dello studio della fisica durante l’ultimo anno, con gli strumenti matematici adeguati.
Riassumo quindi le mie proposte/idee sull’insegnamento della matematica:
- Puntare maggiormente sugli ambiti matematici con maggiori risvolti pratici, e mostrare agli studenti le loro applicazioni quotidiane, ad esempio negli ambiti dell’economia e della statistica.
- Abolire lo studio della fisica nelle scuole dove la matematica è una materia di secondaria importanza, piuttosto estendendo il programma di matematica di un equivalente numero di ore.
- Rimuovere la fisica dai programmi del terzo e del quarto anno nei licei scientifici, concentrando maggiormente il programma di matematica fino ad includere l’algebra lineare e l’analisi. Inserire nel programma del quinto anno lo studio della fisica di base, trattata con strumenti matematici più potenti e adeguati ad uno studio non semplicistico.
Per finire, senza spiegazioni inutili e formule incomprensibili, sarebbe utile che i docenti facessero qualche lezione puramente discorsiva che parli degli sviluppi attuali e più affascinanti della fisica. Citare (solo a titolo di “curiosità”) le conseguenze più strane della meccanica quantistica, o i paradossi apparenti della teoria della relatività, può appassionare gli studenti e spingerli a proseguire i loro studi in tale direzione. Forse questo può sembrare in contraddizione con quanto ho scritto sopra, ma tale contraddizione è solo apparente: tali lezioni, sebbene importanti da un punto di vista formativo del pensiero e della cultura degli studenti, non sarebbero oggetto di studio né di interrogazione. Sarebbero solo uno stimolo, per far capire agli studenti che lo studio della fisica può essere qualcosa di interessante e bello quanto l’universo stesso: qualcosa che al momento la stragrande maggioranza degli studenti ignora.
Luca Romano